martedì 31 dicembre 2019
Corsica. Le operazioni 1
IV FRONTE DELLA GUERRA DI LIBERAZIONE
Settembre 1943
Il 14 settembre era iniziato lo sbarco di elementi della
Francia Libera, tra cui la 4° Divisione motorizzata marocchina disposti a
collaborare con le forze italiane, al comando del generale Henri Giraud, a quel
tempo copresidente insieme al gen. De Gaulle del Comitato di Liberazione
Francese e comandante in capo delle forze armate francesi unificate. Furono
decise due azioni: una diretta contro Bastia con avvolgimento da sud e da nord,
affidata ad un raggruppamento tattico di truppe italiane e francesi, l’altra da
nord affidata esclusivamente a truppe italiane, poste alle dipendenze del
comandante la 225° divisione costiera diretta lungo la valle del Golo per
impedire l’afflusso di forze tedesche.
Dopo le azioni preliminari dei giorni 29 e 30 settembre
ebbero inizio nei giorni 1 e 2 ottobre le operazioni che condussero il giorno 4
alla completa conquista di Bastia.
I tedeschi, peraltro, avevano rinunciato a difendere la
Corsica e cercarono, come visto, di trasportare il maggior numero di mezzi e
materiali sul continente, in Italia centrale.
Le truppe italiane furono dopo la presa di Bastia
raggruppate in un Corpo di Spedizione italiano in Corsica e quindi trasferite
via via in Sardegna, movimento che iniziò nella prima decade di ottobre e si
concluse il 25 novembre successivo. In Corsica rimasero alcuni reparti e servizi,
per una forza complessiva di 7000 uomini.
mercoledì 25 dicembre 2019
Corsica. La crisi armistiziale
IL IV FRONTE DELLA GUERRA DI LIBERAZIONE
Settembre 1943
Come la Francia
meridionale, anche la Corsica fu occupata dalle truppe italiane a seguito degli
sbarchi anglo-americani in Marocco ed in Nord Africa. L’importanza della
Corsica era sicuramente inferiore a quello della Sardegna, ma dopo i citati
sbarchi, il suo ruolo strategico non poteva essere sottovalutato. Occupava la
Corsica il VII Corpo d’Armata, al comando del gen. Giovanni Magli, che aveva
assunto il comando nel marzo del 1943, con sede a Corte. Il Corpo d’Armata
aveva alle dipendenze due divisioni costiere, le divisioni di fanteria Friuli e
Cremona, il 10° Raggruppamento celere, il 175° Reggimento alpini, ed inquadrava
forze navali, nei porti di Ajaccio, Portovecchio e Bastia, e aeree dislocate
negli aeroporti di Borgo, Ghisonaccia, Ajaccio, Campo dell’Oro, Portovecchio.
In totale vi erano 74.000 soldati italiani più 2000 tra avieri e marinai. I
tedeschi avevano forze di circa 4000 uomini, ovvero della brigata d’assalto
“Reichfuhre-SS, inviata nel luglio 1943. Il comandante tedesco era il gen. Von
Senger und Etterling, che si distinguerà per il suo equilibrio nei giorni della
battaglia di Cassino.
All’annuncio dell’armistizio, il Comando italiano fu colto
completamente di sorpresa. La nota memoria 44 emanata dal gen. Roatta giunse in
Corsica solamente il 10 settembre quando i combattimenti con i tedeschi erano
in corso da 48 ore, Dati i rapporti intercorrenti con i tedeschi, Magli,
sentito Il Comando Supremo a Roma, accoglieva la richiesta di far transitare in
Corsica la 90° Divisione leggera tedesca e le altre truppe provenienti dalla
Sardegna. Magli indicava anche l’itinerario da seguire.
Nonostante gli accordi tra Magli e Von Senger sulla
evacuazione tedesca dell’isola, nella notte tra lì8 ed il 9 settembre la
guarnigione tedesca di bastia attaccò le truppe italiane, soprattutto nel
porto. Qui gli scontri assunsero aspetti violenti, in cui intervennero anche le
unità navali. Al termine, dopo che gli italiani ripreso il controllo alla
mattina del 9 si ebbero a terra 5 morti tra gli italiani, mentre tra i marinai,
soprattutto tra l’equipaggio di nave Ardito, si ebbero 80 morti e un centinaio
di feriti. I tedeschi contarono oltre 500 morti ed altrettanto feriti,
soprattutto fra gli equipaggi e personale imbarcato delle motozattere che
avevano tentato di prendere il largo ed affrontate dallo stesso Ardito e fatte
bersaglio dalle postazioni di artiglieria della difesa costiera.
Con l’afflusso delle forze tedesche dalla Sardegna la situazione
assunse aspetti diversi. Ricevuto da Roma la comunicazione che le truppe
tedesche dovevano considerarsi nemiche il gen. Magli impartì gli ordini
relativi e fu scontro aperto. La prima fase di questi scontri iniziò il 12
settembre. Si combatte il giorno 12 a Casamozza, Bastia e Vezzani, il giorno
successivo di nuovo a Bastia con violenti combattimenti che provocarono perdite
rilevanti alla divisione Friuli; lo stesso giorno elementi della Cremona si
scontrarono con truppe tedesche a Zonza costringendole a ritirarsi su Quenza.
In queste circostanze entrarono anche in combattimento le forze della
resistenza locale al comando di Paolo Colonna d’Istria e furono particolarmente
utili nel settore delle informazioni e in quello dei collegamenti; i partigiani
corsi compirono diversi attacchi “mordi e fuggi” contro elementi tedeschi
isolati. I tedeschi erano superiori in termini di mezzi corazzati e motorizzati
e quindi fu riordinato lo schieramento delle forze italiane. La Friuli si
scierò sulla fascia costiera, un raggruppamento di cinque battaglioni e otto
batterie nella valle di Golo, il comando del 182° battaglione costiero nella
zona di Morosaglia; nella zona centrale dell’isola, un raggruppamento della
Cremona si schierò nella conca di Corte, un raggruppamento di bersaglieri e di
alpini nella zona del colle di Sorba-Vezzani, mentre la 226° divisione costiera
si schierò nella zona occidentale.
Il 14 settembre venne respinto un attacco tedesco nella
zona attorno a La Barchetta; il giorno 17 nella zona di Morosaglia fu prima
rallentata poi definitivamente fermata una puntata tedesca di mezzi corazzati e
motorizzati; nello stesso giorno nella zona centrale si combatte nella zona di
Ghisoni, ed il giorno successivo un attacco tedesco venne stroncato sul nascere
nella valle Trevignano.
Nella zona
meridionale le forze italiane il giorno 15 attaccarono, con azione convergente
partito da Acellene, la cittadina di Zonza, annientandone il presidio tedesco;
il giorno 16 un attacco tedesco lanciato nella zona di Lieve fu respinto. Il
risultato di queste operazioni fu che i tedeschi, nonostante numerosi
tentativi, non riuscivano a penetrare all’interno dell’isola, oltre al fatto
che era definitivamente tramontata l’idea di disarmare le truppe italiane che
reagivano nella loro totalità.
venerdì 20 dicembre 2019
domenica 15 dicembre 2019
Il gen. Vercellino e la 4a Armata
IL IV FRONTE DELLA GUERRA DI LIBERAZIONE
settembre 1943
Generale Vercellino |
Il
gen. Vercellino in questa circostanza non dette buona prova d sé. La 4a Armata
era una unità ben equipaggiata e solida, in collegamento costante con lo Stato
Maggiore a Roma. Aveva alle dipendenze solidi reparti, di provata efficienza.
Rispetto alle altre unità fuori del territorio nazionale godeva anche di
operare i territori prossimi al confine ed in territorio metropolitano.
Vercellino riuscì a raggiungere Torino, poi trasferì il Comando a Cuneo dove
incontrò il gen. Bancale ed il gen. Operti, e poi fu raggiunto dal gen.
Trabucchi. La sera dell'11 settembre, constata la situazione, sciolse la 11
Armata, lasciando libero ogni dal servizio.
martedì 10 dicembre 2019
1943. Il Valore Militare Settembre 1943
Medaglie d'Oro della Guerra di Liberazione. I fronte settembre 1943
Gonzaga del Vodice Ferrante, | Generale
|
i |
giovedì 5 dicembre 2019
Atteggiamento tedesco verso i soldati italiani. Aspetti criminali
IV FRONTE DELLA GUERRA DI LIBERAZIONE
settembre 1943
Il
Comando del Gruppo Armate D, gen. Von Rundstedt, alla notizia dell’insuccesso delle forze tedesche conto il battaglione alpino che difendeva il Moncenisio (12 settembre 1943) fece comunicare che tutti i difensori sarebbero stati trattati come franchi
tiratori e fucilati sul posto, dando 12
ore, poi ridotte a due, per arrendersi. La giustificazione di questo
atteggiamento da parte dei tedeschi è che non esisteva una dichiarazione di
guerra tra l’Italia e la Germania.
Scrive
Gerard Schreiber:
“Una valutazione decisamente assurda.
Evidentemente però Rundstedt non voleva annettere che da un punto di vista
obiettivo, pur riconoscendo le sue esigenze, stava agendo ancora una volta da
aggressore, mentre gli italiani non facevano altro che difendersi. Uno stato di
necessità che anche la Wehrmacht sembrò loro riconoscere fino al 10 settembre.
Non appena si trovarono in difficoltà, i tedeschi cercarono di intimidire il
nemico minacciando provvedimenti punitivi di carattere criminale. La Wehrmacht
li accusava di essere franchi tiratori, ma il comportamento degli appartenenti
al Regio Esercito italiano proprio con questi non aveva nulla a che fare.
Questi infatti…., fecero una sola cosa, eseguirono gli ordini legittimi del
loro Governo.”[1]
Questo
atteggiamento dei tedeschi sarà una costante ed è un elemento caratterizzante
il IV Fronte della Guerra di Liberazione. Peraltro se i soldati dovevano
eseguire gli ordini legittimi del Governo, questi aveva l’obbligo ed il dovere
di dare ordini, ed anche questa è un elemento caratterizzante questo fronte.
[1] Gerard Schreiber, I Militari italiani internati nei campi di concentramento del III Reich, Roma Ministero della Difesa, Stato Maggiore dell'Esercito, ufficio Storico, 1992
sabato 30 novembre 2019
Francia Meridionale 2
IL IV FRONTE DELLA GUERRA DI LIBERAZIONE
settembre 1943
Le
forze tedesche che ebbero il compito di fronteggiare le unità italiane erano
rappresentate dalla 19a Armata al comando del generale Georg von Sondenstern.
Secondo le fonti tedesche l’azione delle truppe tedesche fu efficace e,
peraltro, basata sul fatto che le truppe italiane erano demoralizzate e non
portate a resistere.
Il messaggio
d Badoglio dell’8 settembre al Comando della 9° Armata non fu compreso nella
sua reale dimensione. Generò solo incertezza e confusione. Nel giro di poche
ore ufficiali tedeschi si presentarono ai comandi e distaccamenti italiani
chiedendo la consegna delle armi ed una dichiarazione di lealtà. Il generale
Vercellino alle 22 dell’8 settembre impartì l’ordine di riunire le truppe e ritirarsi
verso il confine e concentrarsi nella zona di Cuneo – Mondovì. Specificava che
in questo movimento di ritirata si doveva rispondere ad ogni aggressione
tedesca. Ma dopo poche ore ogni collegamento con i reparti dipendenti cessò ed
il Comando di Armata rimase isolato. A Tolone la sera dell’8 settembre i
tedeschi bloccarono il porto ed in breve si resero padroni della situazione;
non vi fu resistenza italiana. La mattina del 9 settembre le truppe italiane da
Tolone a Grasse erano tutte sopraffatte. In breve caddero nelle mani dei
tedeschi il Comando della Divisione Taro, mentre chi oppose una certa resistenza
fu la Divisione Pusteria. A Grenoble erano in corso i passaggi di consegne tra
i comandi italiani e quelli tedeschi, con le truppe già pronte a iniziare il
viaggio verso l’Italia. Con la nota tattica i tedeschi riuscirono prima a
blandire il comandante italiano, gen. Mogliano, poi a catturarlo insieme a
tutti i reparti italiani. Una certa resistenza fu posto dal battaglione
sciatori Moncenisio posto a difesa dello sbocco occidentale del tunnel del
Moncenisio lungo la linea ferroviaria Lione Torino. Questo episodio è
importante in quanto è rilevatore dell’atteggiamento tedesco. Muovendo
all’attacco i tedeschi non riuscirono né a conquistare il passo né a l’uscita
orientale del tunnel, essendo respinti dalle difese italiane, che erano
appoggiate anche a fortificazioni campali efficienti ed appoggiati dal fuoco
efficace di numerose batterie. I tedeschi si dovettero ritirare. Il Comando del
Gruppo Armate D, gen. Von Rundstedt, alla notizia dell’insuccesso, fece
comunicare che tutti i difensori sarebbero stati trattati come franchi tiratori
e fucilati sul posto, dando 12 ore, poi
ridotte a due, per arrendersi.
mercoledì 27 novembre 2019
Francia Meridionale 1
IL IV FRONTE DELLA GUERRA DI LIBERAZIONE
settembre 1943
La
4a Armata italiana, al comando del gen. Mario Vercellino, era dislocata nella
Francia meridionale alle dirette dipendenze dello Stato Maggiore Esercito in
quanto assolveva a compiti di occupazione di un territorio straniero. Era stata
dislocata in Francia all’indomani dello sbarco alleato in Nord Africa e in
Marocco; a seguito degli accordi di Bologna del 25 agosto 1943 tra italiani e
tedeschi, doveva essere rimpatriata. Sarebbe rimasto in Francia il solo comando
del I Corpo d’Armata, comandante gen. Federico Romero, con sede a Grasse con
alle dipendenze la 223a e 224a divisione costiera schierata nell’area di Nizza
e Tolone. Il rimpatrio delle truppe doveva terminare il 9 settembre. Alla data
dell’8 settembre in Italia si trovava il solo Comando del XV Corpo d’Armata,
agli ordini del gen. Emilio Bancale che aveva sede a Genova. Da questo comando
dipendeva la 201 divisione costiere con area di responsabilità da Mentone a
Punta del Mesco vicino a La Spezia. Da notare che alla 4° Armata dipendeva
anche la ben agguerrita divisione alpina “Pusteria” che era in marcia dalla
Savoia all’Italia per raggiungere la zona di Cuneo e la 2a Divisione celere,
che era in procinto di sistemarsi nei pressi di Torino. In Francia alla data
dell’annunzio dell’armistizio ancora vi era il Comando dell’Armata a Sospel. Il
Comando del XXII Corpo d’Armata, gen. Alfonso Ollearo, con sede a Hyrères,
aveva alle dipendenze le divisioni Taro, Lupi di Toscana, ed i reparti di
supporto. Infine a Tolone la Regia Marina aveva una guarnigione di oltre 4000
uomini.
lunedì 7 ottobre 2019
QUADERNI DEL NASTRO AZZURRO n. 4 del 2019 Copertine
ANNO LXXX, Supplemento IX, 2018, n. 4
In Copertina
Medaglia della Vittoria coniata e firmata da Luciano Zaniella
prodotta in tiratura limitata
67 mm di diametro e pesa 140 grammi
Disponibile in bronzo similoro
E' possibile richiederla alla Presidenza dell'Istituto del Nastro Azzurro
(segreteriagenerale@istitutonastroazzurro.org)
sabato 28 settembre 2019
QUADERNI DEL NASTRO AZZURRO Sommario e Nota redazionale
SOMMARIO
Anno LXXIX, Supplemento IX, 2018, n. 4, 10° della Rivista “Quaderni” www.istitutodelnastroazzurro.it indirizzo:centrostudicesvam@istitutonastroaz zurro.org
Editoriale del Presidente. Carlo Maria Magnani:
APPROFONDIMENTI
AA.VV, La Battaglia di Vittorio Veneto. Ricostruzione ed Analisi.
Luigi Marsibilio, La Battaglia di Vittorio Veneto
Osvaldo Biribicchi, Comando Supremo Regio Esercito. Le truppe italiane negli altri campi della Grande Guerra
Massimo Coltrinari, Un elenco Glorioso. Le Armate Italiane a Vittorio Veneto nella versione del Comando Supremo.
Alessia Biasiolo, L’Impero italiano in epoca fascista
DIBATTITI
Giovan Battista Birotti, Soldati e contadini. L’Esercito giapponese nel periodo Meiji (1868-1912)
ARCHIVIO
Redazionale, Chiara Mastroantonio, Lo Statuto della Legione AzzurraPag.00
MUSEI,ARCHIVI E BIBLIOTECHE
Alessio Pecce, Giulio Moresi, aspirante ufficiale, bersagliere, caduto il 17 agosto 1917 sull’Hermada, sul Carso. Il Ricordo
Posteditoriale: Antonio Daniele, Il Calendario azzurro per il 2019
IL MONDO IN CUI VIVIAMO: LA REALTA’ DI OGGI
UNA FINESTRA SUL MONDO Sandra Milani, L’uso delle sostanze stupefacenti come strategia nella guerra e nel terrorismo islamico
GEOPOLITICA DELLE PROSSIME SFIDE Luca Bordini, Riflessioni sulla comunicazione digitale delle Forze Armate
Autori. Hanno collaborato a questo numero.
Articoli di Prossima Pubblicazione
Segnalazioni Librarie.
CESVAM NOTIZIE Centro Studi sul Valore Militare
I “Quaderni on Line”, Supplemento on Line, Anno 5°, V, 2018, Maggio 2018, n. 30
I “Quaderni on Line”, Supplemento on Line, Anno 5°, VI, 2018 Giugno 2018, n.31.
I “Quaderni on Line”, Supplemento on Line, Anno 5°, VII, 2018, Luglio 2018, n. 32
“Quaderni” on line sono su: www.valoremilitare.blogspot.com
PER FINIRE Massimo Coltrinari, Il Valore Militare attraverso le Cartoline Militari ed oltre
Nota redazionale: Il seguito di riflessioni in questo fine anno non può portare che ad aggiustamenti sulla attività del CESVAM. Si dovrà porre maggiore attenzione alle attività esterne del CESVAM stesso e porre delle pregiudiziali di collaborazione che siano allineate al livello di ambizione del CESVAM. Il dibattito che necessariamente deve esistere all’interno deve passare attraverso una distinzione. L’Istituto del Nastro Azzurro ha due componenti che lo distinguono dalle altre Associazioni
Combattentistiche. La prima. È quella dell’associazionismo combattentistico” in cui è necessario porre alla base la componente militare, quella di chi ha mostrato il proprio valore militare e gli è stato riconosciuto, quella associativa e in parte reducistica. Tutti elementi che fanno capo, almeno per i militari, alla legge dei Principi del 1977 che deve animare ogni militare della Repubblica se si vuole definire tale. In pratica è una funzione verso l’interno dell’Istituto, nelle sue componenti ed articolazioni. La seconda. Quella di Ente Morale, che deve ispirare l’azione dell’Istituto del Nastro Azzurro al pari dei suoi similari (Istituto della Previdenza Sociale, Istituto per la Storia del Risorgimento, Croce Rossa, ecc.) in cui la componente militare è sempre presente, in cui emerge quella di chi ha mostrato il proprio valore militare, ma non gli è stato riconosciuto ufficialmente con le previste decorazioni e modalità, in cui emergono in oltre misura la disponibilità, l’altruismo, il senso di appartenenza, le tradizione militari dei Corpi e delle Unità, il senso del servizio, e soprattutto la volontà di portare i principi statutari anche verso l’esterno, verso le componenti della società civile, le nuove e le vecchie generazioni, nelle forme più efficaci. In pratica è una funzione verso l’esterno dell’Istituto. Fra le due componenti vi deve essere sinergia, armonia, collaborazione. Occorre in tutti i modi che non emergano contrasti, invidie, contrapposizioni, prese di posizioni imposte, intolleranza. Qualora queste emergessero sarebbe un gravissimo errore quello di affrontarle di petto, con ”fieri ed animati accenti”; più opportuno ed intelligente sarebbe la soluzione che adotti pazienza, silenzio, comprensione e soprattutto mettere spazio e tempo per spegnere ogni fuoco o fuocarello. A questo proposito viene in aiuto Italo Calvino, il quale scrive in “Le città invisibili”
L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se n’è uno, è quelle che è già qui, l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne: il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione ed apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e che cosa, in merito all’inferno, non è l’inferno, e farlo durare, e dargli spazio.”
mercoledì 18 settembre 2019
venerdì 13 settembre 2019
mercoledì 11 settembre 2019
domenica 8 settembre 2019
venerdì 6 settembre 2019
mercoledì 28 agosto 2019
mercoledì 21 agosto 2019
mercoledì 14 agosto 2019
giovedì 8 agosto 2019
mercoledì 31 luglio 2019
giovedì 25 luglio 2019
giovedì 18 luglio 2019
martedì 16 luglio 2019
domenica 30 giugno 2019
domenica 16 giugno 2019
domenica 2 giugno 2019
.Via Rasella La Rappresaglia. Le Fosse Ardeatine 1944
A perenne ricordo
del crudele massacro, perpetrato dai nazisti a Roma il 24 marzo 1944 nelle cave
di pozzolana della Via Ardeatina, è stato creato,il Sacrario delle Fosse
Ardeatine, solennemente inaugurato nel 1949 in occasione del quinto
anniversario della strage.
Il grandioso
monumento, pur nelle semiplicità ed austerità della sua linea architettonica, è
straordinariamente eloquente. Esso abbraccia in un solo complesso: le grotte,
nelle quali venne consumato l'eccidio; il Mausoleo, ove sono raccolte le salme;
il gruppo scultoreo, che sintetizza espressivamente la tragedia dei 335
martiri.
La sistemazione
monumentale delle Fosse Ardeatine è stata realizzata dagli architetti Giuseppe
Perugini, Nello Aprile e Mario Fiorentini, nonchè dagli scultori Mirko
Basaldella e Francesco Coccia.
IL PIAZZALE
D'ACCESSO
Si entra alle
Fosse Ardeatine attraverso una monumentale cancellata in bronzo dello scultore
Mirko Basaldella, capolavoro di spiccato espressionismo, in cui l'avviluppo
contorto degli elementi documenta figurativamente l'orrore umano di quella
spaventevole tragedia.
Il piazzale
d'accesso, dedicato alle vittime della strage di Marzabotto, è delimitato di
fronte ed a destra dalla collina ove si stagliano le pareti verticali della
vecchia cava ardeatina; a sinistra, quasi in prosecuzione della collina, il
Mausoleo con l'immensa pietra posata sulla Cripta ove sono raccolte le 335
tombe. Vicino all'ingresso campeggia il gruppo scultoreo in travertino di
Francesco Coccia, eretto sul basamento di materiale lapideo tufaceo proveniente
dalle cave di Montecompatri. In alto ed al centro spiccano, tra il verde, la
croce di Cristo e la stella di David.
A sinistra dell'ingresso
alle Grotte, una lapide riporta il lungo elenco delle Città decorate di
Medaglia d'Oro al valor militare, con le motivazioni raccolte nello schedario a
libro.
Sull'altra grande
lapide è scolpita una solenne epigrafe.
LE GROTTE DELLA
STRAGE
Dal complesso
delle gallerie originarie della vecchia cava di pozzolana, sono stati isolati i
rami principali e le grotte ove le S.S. naziste, al comando del Ten. Col.
Kappler, perpetrarono il feroce massacro ed occultarono le vittime.
Esteriormente le
grotte sono rimaste nel loro aspetto originario, salvo i pilastri eretti
all'interno delle gallerie a sostegno dei due grandi squarci, creati dalle
esplosioni disposte dalle S.S. per ostruire l'accesso al luogo ove erano stati
ammucchiati i cadaveri dei Martiri.
Le gallerie hanno
un tracciato ad U con l'ingresso nel Piazzale e lo sbocco nel Mausoleo; nel
tratto di fondo, isolato da due artistiche cancellate in bronzo dello scultore
Mirko Basaldella, si trova la grotta ove, tre mesi dopo il massacro, furono
rinvenute le salme ammucchiate su cinque strati sovrapposti. Una fiaccola
illumina il tumulo ove sono custoditi i resti non identificati appartenenti ad
alcune salme dei martiri.
A lato di una
cancellata, una lapide di marmo nero reca scolpito il nobile messaggio:
«Fummo
trucidati in questo luogo perché lottammo contro la tirannide interna per la
libertà e contro lo straniero per l'indipendenza della Patria. Sognammo
un'Italia libera, giusta, democratica ed il nostro sacrificio ed il nostro
Sangue ne siano la sementa ed il monito per le generazioni che verranno».
In fondo alla
galleria è stata ristrutturata la parete con scritte significative in lettere
di bronzo e vi è posta una lampada votiva, offerta da Papa Paolo VI.
Vicino
all'ingresso è stata ricavata una piccola Cappella dove, a cura
dell'Associazione Nazionale Famiglie dei Martiri, vengono celebrati
periodicamente riti religiosi in memoria dei Caduti.
IL MAUSOLEO
Le salme dei 335
trucidati sono state collocate in un vasto sepolcreto, interrato, di metri 50x25;
esso è coperto nella parte superiore da una grande pietra tombale che rievoca
simbolicamente l'oppressione e l'occultamento delle vittime.
L'oscurità
dell'ambiente è appena mitigata dalla luce che filtra dalle fenditure
orizzontali, create tra il masso di copertura e le pareti del sepolcreto.
Le tombe, tutte
uguali, di granito, sono riunite in 7 doppi filari paralleli; le generalità
delle 323 salme identificate sono scolpite sulla lastra superiore di ogni
sarcofago.
Le tombe delle 12
salme rimaste sconosciute portano solo l'indicazione: "Ignoto". La
collocazione delle salme è stata disposta secondo l'ordine di esumazione dalle
grotte; l'indicazione del posto nel sepolcreto può essere desunta dalle tabelle
in bronzo, raccolte a libro, ove i Caduti sono elencati in ordine alfabetico.
La prima tomba è
dedicata simbolicamente a tutti i Caduti per la Patria e per la Libertà.
I CADUTI
Dopo lungo ed
accurato esame è stato possibile riconoscere solo 322 salme. Le vittime, che
facevano parte di tutte le categorie professionali e di tutte le condizioni
sociali della popolazione italiana, erano costituiti da: 68 militari (tra cui
42 ufficiali dei vari gradi, 9 sottufficiali e 17 soldati), 255 delle varie
categorie civili (9 agricoltori, 41 artigiani, 9 artisti, 71 commercianti,
1diplomatico, 32 professionisti, 37 impiegati, 47 operai o appartenenti a
professioni varie, 1 sacerdote, 6 studenti), tutti uomini di età variabile dai
75 anni ai 14. Tra i trucidati 73 erano israeliti.
Fra i martiri vi
furono figure della Resistenza romana; altri erano solo sospettati, altri
innocenti ed inconsapevoli, rastrellati per caso o per errore, altri colpevoli
soltanto di essere ebrei: tutti certamente estranei all'azione partigiana
contro il reparto di polizia tedesca a Via Rasella.
A 36 Caduti,
sepolti nel Mausoleo (12 civili e 24 militari), è stata concessa la Medaglia
d'Oro al Valor Militare, alla memoria.
Roma dall'8 settembre 1943 al 4 giugno 1944
PREMESSA
Le gravi
sconfitte, subite in Africa ed in Sicilia, nonché il crollo del regime fascista determinarono il definitivo distacco
dell'Italia dalla pesante alleanza con la Germania hitleriana: l'armistizio con
gli anglo-americani venne proclamato alle 19,45 dell'8 settembre 1943.
Ma i tedeschi non
volevano rassegnarsi all' ineluttabile svolta italiana e sin dal 25 luglio 1943
fecero convergere nella Penisola numerose forze; alla notizia del nostro
armistizio fecero scattare il piano per l'occupazione dell'Italia, il disarmo e
l'internamento di quanti volevano opporsi.
Purtroppo, in
quella terribile situazione, particolari circostanze avverse determinarono
gravi incertezze e confusioni nella direzione politica e militare del Paese,
che facilitarono il crollo dell'apparato militare italiano nella Penisola e
nella zona balcanica.
LA DIFESA DI ROMA
Nonostante
l'incertezza degli ordini, che favorirono la sorpresa e la penetrazione tedesca
verso Roma, i reparti delle Divisioni sistemate a difesa attorno alla città
contrastarono e respinsero, nella notte del 9 settembre 1943 e nella mattina
successiva, i reiterati attacchi germanici infliggendo notevoli perdite, come a
Manziana e Monterosi (Div. "Ariete"), Monterotondo (Div.
"Piave"), alla Cecchignola e alla Magliana (Div. "Granatieri di
Sardegna").
L'ordine di
ripiegamento generale verso Tivoli aumentò la confusione e lo sbandamento; i
reparti di retroguardia continuarono però a combattere disperatamente per
contrastare l'avanzata nemica: in totale 414 militari caddero tra il 9 e il 10
settembre; ai 10 più valorosi venne concessa la Medaglia d'Oro al Valor
Militare alla memoria.
Nei combattimenti
di queste due giornate ed in altri episodi isolati nella zona di Roma
parteciparono giovani ardimentosi, vecchi combattenti ed invalidi: in quei
giorni ben 183 volontari civili rimasero uccisi.
La sera del 10
settembre 1943 la battaglia per la difesa di Roma era perduta ed i tedeschi
accettarono la capitolazione limitandosi al disarmo dei militari.
Molti militari e
civili non desistettero però dalla lotta contro l'invasore e costituirono
spontaneamente i
primi nuclei di resistenza che agirono in Roma e nei dintorni durante i nove
mesi di occupazione nemica.
Nel pomeriggio
del 9 settembre i rappresentanti dei partiti antifascisti deliberarono:
«Nel momento
in cui il nazismo tenta di restaurare in Roma ed in Italia il suo alleato
fascista, i partiti antifascisti si costituiscono in "Comitato di
Liberazione Nazionale", per chiamare gli italiani alla lotta e alla
resistenza e per riconquistare all'Italia il posto che le compete nel consesso
delle libere nazioni».
L'OCCUPAZIONE
TEDESCA
Nei primi 15
giorni Roma potè godere di una parvenza di governo autonomo come "Città
aperta" che consentì però ai tedeschi di guadagnare tempo per fronteggiare
l'avanzata anglo-americana e restaurare il fascismo con Mussolini; questi, dal
Quartier Generale di Hitler, il 15 settembre emanava i decreti di costituzione
della Repubblica Sociale Italiana (R.S.I.), voluta dalla Germania per
facilitare il controllo dell'Italia occupata.
Dal 23 settembre
i tedeschi assunsero il diretto e completo controllo della Capitale e,
validamente aiutati dagli appartenenti alle forze armate della R.S.I.,
iniziarono perquisizioni ed arresti dei presunti resistenti rastrellamenti nei
quartieri e retate nelle strade per catturare gli ebrei ed obbligare i giovani
al "Servizio del lavoro".
Un crescente terrore poliziesco con vessazioni,
soprusi e violenze gravava sulla città, già
angustiata dalle
gravi difficoltà di alimentazione e dai bombardamenti alleati.
LA RESISTENZA
ROMANA
I partiti
antifascisti dovettero disperdersi ed agire nella clandestinità e nella
cospirazione. A Roma, la reazione all'oppressione nazifascista era così
articolata:
·
Resistenza
passiva di tutta la popolazione romana,
sopportata con grande dignità e fierezza in un diffuso spirito di solidarietà
fra tutti gli strati della cittadinanza.
·
Resistenza attiva attuata dal "Fronte Clandestino Militare" (F.C.M.), con il
compito di riprendere le armi ed assicurare l'ordinato trapasso dei poteri dopo
la ritirata tedesca. Fuori di Roma il F.C.M. coordinava l'attività, ben più
aggressiva e spericolata, delle "Bande esterne" che operavano nel
Lazio e nell'Abruzzo, con frequenti attacchi e sabotaggi alle retrovie
germaniche. Gran parte degli esponenti del F.C.M. della Capitale furono
scoperti, arrestati e torturati; di questi: 67 caddero alle Fosse Ardeatine, 22
furono fucilati al Forte Bravetta e 5 in località "La Storta".
·
Resistenza armata attuata da gruppi di pochi giovani, audaci, spericolati, pronti a
tutto osare per colpire il nemico e rispondere alle provocazioni.
Particolarmente attivi furono i "Gruppi di Azione Patriottica"
(G.A.P.), diretti dal P.C.I., che svolsero sabotaggi, attentati ed attacchi
armati in pieno centro cittadino.
Altri gruppi di
germinazione spontanea e popolare, non inquadrati nel C.L.N., ebbero larga
diffusione nei quartieri periferici della città e nelle zone circostanti con
azioni audaci e spericolate guidati da capi leggendari che furono poi quasi
tutti fucilati. Il Gruppo “Bandiera Rossa" lasciò sul terreno 128 Caduti,
53 rimasero feriti e 15 furono arrestati e deportati.
In concomitanza
con lo sbarco alleato di Anzio, dal 23 al 25 gennaio 1944 venivano arrestati e
torturati nelle prigioni di Via Tasso i capi più attivi del "Fronte
Militare"; poco dopo, a titolo di monito, venivano fucilati a Forte
Bravetta 20 tra i più intrepidi e valorosi partigiani romani.
-Resistenza
nelle scuole e nelle università che fu particolarmente viva con
dimostrazioni, diffusione di volantini e giornali. Parecchi docenti e studenti
vennero arrestati; 5 professori e 6 studenti finirono fucilati alle Fosse
Ardeatine.
L'AZIONE DI VIA
RASELLA
Il 23 marzo 1944,
alle ore 15 circa, un gruppo di 16 partigiani appartenenti ai G.A.P. attuò, in
pieno giorno, un clamoroso attentato contro un reparto armato di 160 S.S. in
marcia lungo Via Rasella. Una carica esplosiva, nascosta in un carretto, veniva
fatta esplodere al centro della colonna tedesca, mentre altri partigiani
lanciavano bombe e sparavano raffiche di mitra verso la coda del reparto,
causando 33 morti tra i tedeschi (di cui 26 deceduti all'istante, 6 morti in
ospedale nella notte del 23 marzo, ed 1deceduto parimenti in ospedale nella
mattinata del 24 marzo), oltre a numerosi feriti. Con l'arrivo dei rinforzi la
reazione fu immediata e rabbiosa con sparatorie, rastrellamenti e saccheggi
delle case circostanti. Ma i nazisti vollero attuare subito una spaventosa
rappresaglia per punire e terrorizzare tutta la città; da Hitler veniva
intimata la fucilazione, entro le 24 ore, di dieci italiani per ogni tedesco
ucciso.
IL MASSACRO DELLE
CAVE ARDEATINE
Nell'elenco delle
vittime vennero compresi 270 prigionieri della polizia tedesca rinchiusi nella
sede del comando delle S.S. in Via Tasso e nel carcere di "Regina Coeli”.
Altri 50, tratti pure dagli incarcerati a "Regina Coeli", furono
designati dal Questore di Roma. Alla notizia della morte di un altro dei
feriti, Kappler aggiornò la lista con altri 10 ostaggi e aggiungendovene 5 in
soprannumero.
L'orrenda
carneficina venne effettuata di nascosto entro le cave di Via Ardeatina, nel
pomeriggio del 24 marzo, dalle S.S. di Roma sotto il diretto controllo di
Kappler.
Le salme vennero
poi occultate con lo scoppio di mine che provocarono il franamento della volta
della cava; l'elenco dei trucidati non fu reso noto.
La notizia
dell'attentato apparve sulla stampa solo il 25 marzo dopo il comunicato
dell'agenzia giornalistica "Stefani", diramato alle ore 22,45 del 24
marzo: «...32 uomini della Polizia tedesca sono stati uccisi e parecchi feriti...
il comando tedesco perciò ha ordinato che per ogni tedesco assassinato dieci
criminali comunisti badogliani saranno fucilati. Quest‘ordine è stato già eseguito».
Kappler veniva
poi condannato all'ergastolo anche per aver fatto fucilare 5 persone in più
delle 330 previste dalla rappresaglia e con l'aggravante di aver agito con
crudeltà verso le vittime. Peraltro la rappresaglia veniva giudicata
illegittima per l'enorme sproporzione dei condannati e per le modalità
adottate, contrarie ad ogni norma di guerra.
DOPO LE FOSSE
ARDEATINE
La resistenza dei
gruppi più attivi si manifestò sin verso la metà di aprile del 1944 con
attentati e scontri a fuoco; poi l'attività armata in città decrebbe in
conseguenza dei numerosi arresti fra gli elementi più audaci. Invece nelle zone
intorno alla Capitale continuò la lotta delle Bande esterne che inflissero ai
tedeschi perdite ingenti in uomini e materiali; però, è stato pesante il loro
tributo di sangue nei nove mesi di lotta: 1.046 Caduti (di cui 427 fucilati),
74 dispersi e 326 fefiti.
Sino alla
liberazione le polizie nazi-fasciste continuarono ad infierire sulla
popolazione romana con arresti, soprusi e vessazioni; persino nel lasciare la
Capitale le S.S. si portarono al seguito 14 prigionieri, scelti tra gli
arrestati di Via Tasso, che furono fucilati in località "La Storta"
il 4 giugno 1944.
Alle 18,30 del 4
giugno 1944 le avanguardie alleate venivano accolte trionfalmente a Porta
S.Giovanni mentre, alla stessa ora, le retroguardie germaniche ripiegavano da Ponte
Milvio.
IL MUSEO DELLE FOSSE ARDEATINE
Si trova alle
spalle del Mausoleo in apposita costruzione, a pianta ottagonale, progettata e
riordinata sotto l'attenta guida dell'architetto Prof. Perugini.
Vi sono raccolte:
documentazioni, cimeli e fotografie che illustrano e sintetizzano, in ordine
cronologico le tragiche giornate vissute nella Capitale; dall'aggressione
tedesca dell'8 settembre 1943 alla liberazione del 4 giugno 1944.
Tre vetrine in
particolare sono dedicate ai seguenti soggetti:
·
Le centrali di
inquisizione e tortura (Via Tasso -
Sede della Banda Koch in Via Romagna - “Regina Coeli" - Palazzo
Braschi, ecc.) con descrizioni, segni e ricordi lasciati da alcuni martiri;
·
Il martirio delle
Fosse Ardeatine, con la descrizione dell'atroce misfatto
ed i nomi dei martiri ai quali è stata concessa la Medaglia d'Oro al V.M.
·
Le fucilazioni di
Forte Bravetta, con il ricordo di Don Morosini ed il
commovente testamento spirituale lasciato dall'operaio Tigrino Sabatini: «Non
sfruttate la nostra morte e non dimenticate perchè siamo morti» .
Nella vetrina del
grande tavolo centrale sono raccolti esemplari dei principali giornali,
stampati e diffusi clandestinamente, oltre ad essere ricordati i giornalisti
che hanno pagato con la vita il loro amore per la libertà.
Sulle pareti,
sopra le vetrine, spiccano le grandi opere create e donate da tre artisti in
omaggio agli amici e compagni caduti durante la Resistenza romana:
·
Corrado Cagli: dipinto che raffigura il terrore dell'oppressione nazi-fascista;
·
Renato Guttuso: scultura dorata che rievoca la raccapricciante visione dell'ammasso
confuso dei Martiri delle Fosse Ardeatine all'atto dell'esumazione; .
·
Carlo Levi: dipinto ispirato al soggetto della liberazione finale dopo i nove
mesi di oppressione e di terrore.
Nell'appendice
esterna al Museo è stato ricavato un locale ove sono raccolte le principali
pubblicazioni che trattano delle Fosse Ardeatine. Alle pareti sono riportati i
progetti ed i disegni delle opere più significative, create, nel complesso del Sacrario,
dall'architetto Giuseppe Perugini e dallo scultore Mirko Basaldella.
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