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martedì 31 dicembre 2019

Corsica. Le operazioni 1



IV FRONTE DELLA GUERRA DI LIBERAZIONE
Settembre 1943




Il 14 settembre era iniziato lo sbarco di elementi della Francia Libera, tra cui la 4° Divisione motorizzata marocchina disposti a collaborare con le forze italiane, al comando del generale Henri Giraud, a quel tempo copresidente insieme al gen. De Gaulle del Comitato di Liberazione Francese e comandante in capo delle forze armate francesi unificate. Furono decise due azioni: una diretta contro Bastia con avvolgimento da sud e da nord, affidata ad un raggruppamento tattico di truppe italiane e francesi, l’altra da nord affidata esclusivamente a truppe italiane, poste alle dipendenze del comandante la 225° divisione costiera diretta lungo la valle del Golo per impedire l’afflusso di forze tedesche.


Dopo le azioni preliminari dei giorni 29 e 30 settembre ebbero inizio nei giorni 1 e 2 ottobre le operazioni che condussero il giorno 4 alla completa conquista di Bastia.

I tedeschi, peraltro, avevano rinunciato a difendere la Corsica e cercarono, come visto, di trasportare il maggior numero di mezzi e materiali sul continente, in Italia centrale.

Le truppe italiane furono dopo la presa di Bastia raggruppate in un Corpo di Spedizione italiano in Corsica e quindi trasferite via via in Sardegna, movimento che iniziò nella prima decade di ottobre e si concluse il 25 novembre successivo. In Corsica rimasero alcuni reparti e servizi, per una forza complessiva di 7000 uomini.

mercoledì 25 dicembre 2019

Corsica. La crisi armistiziale



IL IV FRONTE DELLA GUERRA DI LIBERAZIONE
Settembre 1943



 Come la Francia meridionale, anche la Corsica fu occupata dalle truppe italiane a seguito degli sbarchi anglo-americani in Marocco ed in Nord Africa. L’importanza della Corsica era sicuramente inferiore a quello della Sardegna, ma dopo i citati sbarchi, il suo ruolo strategico non poteva essere sottovalutato. Occupava la Corsica il VII Corpo d’Armata, al comando del gen. Giovanni Magli, che aveva assunto il comando nel marzo del 1943, con sede a Corte. Il Corpo d’Armata aveva alle dipendenze due divisioni costiere, le divisioni di fanteria Friuli e Cremona, il 10° Raggruppamento celere, il 175° Reggimento alpini, ed inquadrava forze navali, nei porti di Ajaccio, Portovecchio e Bastia, e aeree dislocate negli aeroporti di Borgo, Ghisonaccia, Ajaccio, Campo dell’Oro, Portovecchio. In totale vi erano 74.000 soldati italiani più 2000 tra avieri e marinai. I tedeschi avevano forze di circa 4000 uomini, ovvero della brigata d’assalto “Reichfuhre-SS, inviata nel luglio 1943. Il comandante tedesco era il gen. Von Senger und Etterling, che si distinguerà per il suo equilibrio nei giorni della battaglia di Cassino.

All’annuncio dell’armistizio, il Comando italiano fu colto completamente di sorpresa. La nota memoria 44 emanata dal gen. Roatta giunse in Corsica solamente il 10 settembre quando i combattimenti con i tedeschi erano in corso da 48 ore, Dati i rapporti intercorrenti con i tedeschi, Magli, sentito Il Comando Supremo a Roma, accoglieva la richiesta di far transitare in Corsica la 90° Divisione leggera tedesca e le altre truppe provenienti dalla Sardegna. Magli indicava anche l’itinerario da seguire.
Nonostante gli accordi tra Magli e Von Senger sulla evacuazione tedesca dell’isola, nella notte tra lì8 ed il 9 settembre la guarnigione tedesca di bastia attaccò le truppe italiane, soprattutto nel porto. Qui gli scontri assunsero aspetti violenti, in cui intervennero anche le unità navali. Al termine, dopo che gli italiani ripreso il controllo alla mattina del 9 si ebbero a terra 5 morti tra gli italiani, mentre tra i marinai, soprattutto tra l’equipaggio di nave Ardito, si ebbero 80 morti e un centinaio di feriti. I tedeschi contarono oltre 500 morti ed altrettanto feriti, soprattutto fra gli equipaggi e personale imbarcato delle motozattere che avevano tentato di prendere il largo ed affrontate dallo stesso Ardito e fatte bersaglio dalle postazioni di artiglieria della difesa costiera.

Con l’afflusso delle forze tedesche dalla Sardegna la situazione assunse aspetti diversi. Ricevuto da Roma la comunicazione che le truppe tedesche dovevano considerarsi nemiche il gen. Magli impartì gli ordini relativi e fu scontro aperto. La prima fase di questi scontri iniziò il 12 settembre. Si combatte il giorno 12 a Casamozza, Bastia e Vezzani, il giorno successivo di nuovo a Bastia con violenti combattimenti che provocarono perdite rilevanti alla divisione Friuli; lo stesso giorno elementi della Cremona si scontrarono con truppe tedesche a Zonza costringendole a ritirarsi su Quenza. In queste circostanze entrarono anche in combattimento le forze della resistenza locale al comando di Paolo Colonna d’Istria e furono particolarmente utili nel settore delle informazioni e in quello dei collegamenti; i partigiani corsi compirono diversi attacchi “mordi e fuggi” contro elementi tedeschi isolati. I tedeschi erano superiori in termini di mezzi corazzati e motorizzati e quindi fu riordinato lo schieramento delle forze italiane. La Friuli si scierò sulla fascia costiera, un raggruppamento di cinque battaglioni e otto batterie nella valle di Golo, il comando del 182° battaglione costiero nella zona di Morosaglia; nella zona centrale dell’isola, un raggruppamento della Cremona si schierò nella conca di Corte, un raggruppamento di bersaglieri e di alpini nella zona del colle di Sorba-Vezzani, mentre la 226° divisione costiera si schierò nella zona occidentale.
Il 14 settembre venne respinto un attacco tedesco nella zona attorno a La Barchetta; il giorno 17 nella zona di Morosaglia fu prima rallentata poi definitivamente fermata una puntata tedesca di mezzi corazzati e motorizzati; nello stesso giorno nella zona centrale si combatte nella zona di Ghisoni, ed il giorno successivo un attacco tedesco venne stroncato sul nascere nella valle Trevignano.
 Nella zona meridionale le forze italiane il giorno 15 attaccarono, con azione convergente partito da Acellene, la cittadina di Zonza, annientandone il presidio tedesco; il giorno 16 un attacco tedesco lanciato nella zona di Lieve fu respinto. Il risultato di queste operazioni fu che i tedeschi, nonostante numerosi tentativi, non riuscivano a penetrare all’interno dell’isola, oltre al fatto che era definitivamente tramontata l’idea di disarmare le truppe italiane che reagivano nella loro totalità.

domenica 15 dicembre 2019

Il gen. Vercellino e la 4a Armata

IL IV FRONTE DELLA GUERRA DI LIBERAZIONE
settembre 1943


Generale Vercellino


Il gen. Vercellino in questa circostanza non dette buona prova d sé. La 4a Armata era una unità ben equipaggiata e solida, in collegamento costante con lo Stato Maggiore a Roma. Aveva alle dipendenze solidi reparti, di provata efficienza. Rispetto alle altre unità fuori del territorio nazionale godeva anche di operare i territori prossimi al confine ed in territorio metropolitano. Vercellino riuscì a raggiungere Torino, poi trasferì il Comando a Cuneo dove incontrò il gen. Bancale ed il gen. Operti, e poi fu raggiunto dal gen. Trabucchi. La sera dell'11 settembre, constata la situazione, sciolse la 11 Armata, lasciando libero ogni dal servizio.

La 4a Armata aveva le carte in regola per scrivere pagine gloriose, come quelle scritte nei Balcani da reparti in condizioni molto più difficili e critiche; si poteva dar vita ad una epopea che avrebbero messo in enorme difficoltà i tedeschi, se il gen. Vercellino ed il suo Stato Maggiore fossero stati all’altezza della situazione. Inoltre avrebbero potuto avere una influenza anche nella situazione a Torino e nel Piemonte. In sostanza la confusone e l’incertezza e lo smarrimento aveva preso un po' tutti. Non si riuscì a creare un fronte di opposizione al tedesco sulle montagne piemontesi, e questo per ignavia dei capi. Peraltro occorre rilevare che presso le unità della 4a Armata il numero di coloro che dopo la cattura si misero a disposizione della Wehrmacht per continuare a combattere o per svolgere attività ausiliarie a favore dei tedeschi fu decisamente superiore alla media riscontrata fra i reparti italiani della madrepatria o dei Balcani

martedì 10 dicembre 2019

1943. Il Valore Militare Settembre 1943

Medaglie d'Oro della Guerra di Liberazione. I fronte   settembre 1943

Gonzaga del Vodice Ferrante, Generale







De Iuliis Alboino s.ten
Rimbotti Giuseppe Tenente
Bergamini Carlo Ammiraglio
Craviani Alessandro Cap. di Cor
Fasan Virginio Cap Mec 3 C
Martinengo Federico Ammiraglio
Fecia di Cossato Carlo Alberto Cap di Freg
Flores Mario  S.ten
Gamerra Gian paolo Magg
Ferraiolo Michele Colonnello
De Tommaso Orlando Capitano
Bombieri Udino Serg. Magg
Rosso Ettore S.ten
Pandolfo Vincenzo Capitano
Bechi Luserna Ten Col
Fioritto Vittorio  S. ten
Perna Luigi S. ten
Sabatini Camillo Capitano
Fugazza Romolo Capitano
Vannetti Donnini Franco Capitano
Perschetti Raffaele Tenente
Incannamorte Nunzio Capitano
Forzati Enrico tenente
Baffigo Domenico Cap di Corv
i

giovedì 5 dicembre 2019

Atteggiamento tedesco verso i soldati italiani. Aspetti criminali

IV FRONTE DELLA GUERRA DI LIBERAZIONE
 settembre 1943


Il Comando del Gruppo Armate D, gen. Von Rundstedt, alla notizia dell’insuccesso delle forze tedesche conto il battaglione  alpino che difendeva il Moncenisio (12 settembre 1943) fece comunicare che tutti i difensori sarebbero stati trattati come franchi tiratori e fucilati sul posto, dando  12 ore, poi ridotte a due, per arrendersi. La giustificazione di questo atteggiamento da parte dei tedeschi è che non esisteva una dichiarazione di guerra tra l’Italia e la Germania.
Scrive Gerard Schreiber:

“Una valutazione decisamente assurda. Evidentemente però Rundstedt non voleva annettere che da un punto di vista obiettivo, pur riconoscendo le sue esigenze, stava agendo ancora una volta da aggressore, mentre gli italiani non facevano altro che difendersi. Uno stato di necessità che anche la Wehrmacht sembrò loro riconoscere fino al 10 settembre. Non appena si trovarono in difficoltà, i tedeschi cercarono di intimidire il nemico minacciando provvedimenti punitivi di carattere criminale. La Wehrmacht li accusava di essere franchi tiratori, ma il comportamento degli appartenenti al Regio Esercito italiano proprio con questi non aveva nulla a che fare. Questi infatti…., fecero una sola cosa, eseguirono gli ordini legittimi del loro Governo.”[1]

Questo atteggiamento dei tedeschi sarà una costante ed è un elemento caratterizzante il IV Fronte della Guerra di Liberazione. Peraltro se i soldati dovevano eseguire gli ordini legittimi del Governo, questi aveva l’obbligo ed il dovere di dare ordini, ed anche questa è un elemento caratterizzante questo fronte.


[1] Gerard Schreiber, I Militari italiani internati nei campi di concentramento del III Reich, Roma Ministero della Difesa, Stato Maggiore dell'Esercito, ufficio Storico, 1992

sabato 30 novembre 2019

Francia Meridionale 2

IL IV FRONTE DELLA GUERRA DI LIBERAZIONE
settembre 1943

Le forze tedesche che ebbero il compito di fronteggiare le unità italiane erano rappresentate dalla 19a Armata al comando del generale Georg von Sondenstern. Secondo le fonti tedesche l’azione delle truppe tedesche fu efficace e, peraltro, basata sul fatto che le truppe italiane erano demoralizzate e non portate a resistere.
 Il messaggio d Badoglio dell’8 settembre al Comando della 9° Armata non fu compreso nella sua reale dimensione. Generò solo incertezza e confusione. Nel giro di poche ore ufficiali tedeschi si presentarono ai comandi e distaccamenti italiani chiedendo la consegna delle armi ed una dichiarazione di lealtà. Il generale Vercellino alle 22 dell’8 settembre impartì l’ordine di riunire le truppe e ritirarsi verso il confine e concentrarsi nella zona di Cuneo – Mondovì. Specificava che in questo movimento di ritirata si doveva rispondere ad ogni aggressione tedesca. Ma dopo poche ore ogni collegamento con i reparti dipendenti cessò ed il Comando di Armata rimase isolato. A Tolone la sera dell’8 settembre i tedeschi bloccarono il porto ed in breve si resero padroni della situazione; non vi fu resistenza italiana. La mattina del 9 settembre le truppe italiane da Tolone a Grasse erano tutte sopraffatte. In breve caddero nelle mani dei tedeschi il Comando della Divisione Taro, mentre chi oppose una certa resistenza fu la Divisione Pusteria. A Grenoble erano in corso i passaggi di consegne tra i comandi italiani e quelli tedeschi, con le truppe già pronte a iniziare il viaggio verso l’Italia. Con la nota tattica i tedeschi riuscirono prima a blandire il comandante italiano, gen. Mogliano, poi a catturarlo insieme a tutti i reparti italiani. Una certa resistenza fu posto dal battaglione sciatori Moncenisio posto a difesa dello sbocco occidentale del tunnel del Moncenisio lungo la linea ferroviaria Lione Torino. Questo episodio è importante in quanto è rilevatore dell’atteggiamento tedesco. Muovendo all’attacco i tedeschi non riuscirono né a conquistare il passo né a l’uscita orientale del tunnel, essendo respinti dalle difese italiane, che erano appoggiate anche a fortificazioni campali efficienti ed appoggiati dal fuoco efficace di numerose batterie. I tedeschi si dovettero ritirare. Il Comando del Gruppo Armate D, gen. Von Rundstedt, alla notizia dell’insuccesso, fece comunicare che tutti i difensori sarebbero stati trattati come franchi tiratori e fucilati sul posto, dando  12 ore, poi ridotte a due, per arrendersi.

mercoledì 27 novembre 2019

Francia Meridionale 1


IL IV FRONTE DELLA GUERRA DI LIBERAZIONE
settembre 1943



La 4a Armata italiana, al comando del gen. Mario Vercellino, era dislocata nella Francia meridionale alle dirette dipendenze dello Stato Maggiore Esercito in quanto assolveva a compiti di occupazione di un territorio straniero. Era stata dislocata in Francia all’indomani dello sbarco alleato in Nord Africa e in Marocco; a seguito degli accordi di Bologna del 25 agosto 1943 tra italiani e tedeschi, doveva essere rimpatriata. Sarebbe rimasto in Francia il solo comando del I Corpo d’Armata, comandante gen. Federico Romero, con sede a Grasse con alle dipendenze la 223a e 224a divisione costiera schierata nell’area di Nizza e Tolone. Il rimpatrio delle truppe doveva terminare il 9 settembre. Alla data dell’8 settembre in Italia si trovava il solo Comando del XV Corpo d’Armata, agli ordini del gen. Emilio Bancale che aveva sede a Genova. Da questo comando dipendeva la 201 divisione costiere con area di responsabilità da Mentone a Punta del Mesco vicino a La Spezia. Da notare che alla 4° Armata dipendeva anche la ben agguerrita divisione alpina “Pusteria” che era in marcia dalla Savoia all’Italia per raggiungere la zona di Cuneo e la 2a Divisione celere, che era in procinto di sistemarsi nei pressi di Torino. In Francia alla data dell’annunzio dell’armistizio ancora vi era il Comando dell’Armata a Sospel. Il Comando del XXII Corpo d’Armata, gen. Alfonso Ollearo, con sede a Hyrères, aveva alle dipendenze le divisioni Taro, Lupi di Toscana, ed i reparti di supporto. Infine a Tolone la Regia Marina aveva una guarnigione di oltre 4000 uomini.

lunedì 7 ottobre 2019

QUADERNI DEL NASTRO AZZURRO n. 4 del 2019 Copertine


ANNO LXXX, Supplemento IX, 2018, n. 4

In Copertina
Medaglia della Vittoria coniata e firmata da Luciano Zaniella
prodotta in tiratura limitata
67 mm di diametro e pesa 140 grammi
Disponibile in bronzo similoro
E' possibile richiederla alla Presidenza dell'Istituto del Nastro Azzurro
(segreteriagenerale@istitutonastroazzurro.org)

sabato 28 settembre 2019

QUADERNI DEL NASTRO AZZURRO Sommario e Nota redazionale

 SOMMARIO
 Anno LXXIX, Supplemento IX, 2018, n. 4, 10° della Rivista “Quaderni”  www.istitutodelnastroazzurro.it indirizzo:centrostudicesvam@istitutonastroaz zurro.org 

Editoriale del Presidente.  Carlo Maria Magnani: 


IL MONDO DA CUI VENIAMO: LA MEMORIA           

APPROFONDIMENTI 

AA.VV, La Battaglia di Vittorio Veneto. Ricostruzione ed Analisi.
Luigi Marsibilio, La Battaglia di Vittorio Veneto 
Osvaldo Biribicchi, Comando Supremo Regio Esercito. Le truppe italiane negli altri campi della Grande Guerra 
Massimo Coltrinari, Un elenco Glorioso. Le Armate Italiane a Vittorio Veneto nella versione del Comando Supremo.
 Alessia Biasiolo, L’Impero italiano in epoca fascista 

DIBATTITI 
Giovan Battista Birotti, Soldati e contadini. L’Esercito giapponese nel periodo Meiji (1868-1912)

ARCHIVIO 
Redazionale, Chiara Mastroantonio, Lo Statuto della Legione AzzurraPag.00 

MUSEI,ARCHIVI E BIBLIOTECHE 

Alessio Pecce, Giulio Moresi, aspirante ufficiale, bersagliere, caduto il 17 agosto  1917 sull’Hermada, sul Carso. Il Ricordo  

Posteditoriale: Antonio Daniele, Il Calendario azzurro per il 2019

IL MONDO IN CUI VIVIAMO: LA REALTA’ DI OGGI 

UNA FINESTRA SUL MONDO Sandra Milani, L’uso delle sostanze stupefacenti come strategia nella guerra e nel terrorismo islamico

GEOPOLITICA DELLE PROSSIME SFIDE Luca Bordini, Riflessioni sulla comunicazione digitale delle Forze Armate 

Autori. Hanno collaborato a questo numero.
Articoli di Prossima Pubblicazione
Segnalazioni Librarie. 

CESVAM NOTIZIE Centro Studi sul Valore Militare 

I “Quaderni on Line”, Supplemento on Line, Anno 5°, V, 2018,  Maggio 2018, n. 30 
I “Quaderni on Line”, Supplemento on Line, Anno 5°, VI, 2018  Giugno 2018, n.31.
I “Quaderni on Line”, Supplemento on Line, Anno 5°, VII, 2018, Luglio 2018, n. 32

“Quaderni” on line sono su: www.valoremilitare.blogspot.com 

PER FINIRE Massimo Coltrinari,  Il Valore Militare attraverso le Cartoline Militari ed oltre 

Nota redazionale: Il seguito di riflessioni in questo fine anno non può portare che ad aggiustamenti sulla attività del CESVAM. Si dovrà porre maggiore attenzione alle attività esterne del CESVAM stesso e porre delle pregiudiziali di collaborazione che siano allineate al livello di ambizione del CESVAM. Il dibattito che necessariamente deve esistere all’interno deve passare attraverso una distinzione. L’Istituto del Nastro Azzurro ha due componenti che lo distinguono dalle altre Associazioni 
Combattentistiche.  La prima. È quella dell’associazionismo combattentistico” in cui è necessario porre alla base la componente militare, quella di chi ha mostrato il proprio valore militare e gli è stato riconosciuto, quella associativa e in parte reducistica. Tutti elementi che fanno capo, almeno per i militari, alla legge dei Principi del 1977 che deve animare ogni militare della Repubblica se si vuole definire tale. In pratica è una funzione verso l’interno dell’Istituto, nelle sue componenti ed articolazioni.  La seconda. Quella di Ente Morale, che deve ispirare l’azione dell’Istituto del Nastro Azzurro al pari dei suoi similari (Istituto della Previdenza Sociale, Istituto per la Storia del Risorgimento, Croce Rossa, ecc.) in cui la componente militare è sempre presente, in cui emerge quella di chi ha mostrato il proprio valore militare, ma non gli è stato riconosciuto ufficialmente con le previste decorazioni e modalità, in cui emergono in oltre misura la disponibilità, l’altruismo, il senso di appartenenza, le tradizione militari dei Corpi e delle Unità, il senso del servizio, e soprattutto la volontà di portare i principi statutari anche verso l’esterno, verso le componenti della società civile, le nuove e le vecchie generazioni, nelle forme più efficaci. In pratica è una funzione verso l’esterno dell’Istituto.  Fra le due componenti vi deve essere sinergia, armonia, collaborazione. Occorre in tutti i modi che non emergano contrasti, invidie, contrapposizioni, prese di posizioni imposte, intolleranza. Qualora queste emergessero sarebbe un gravissimo errore quello di affrontarle di petto, con ”fieri ed animati accenti”; più opportuno ed intelligente sarebbe la soluzione che adotti pazienza, silenzio, comprensione e soprattutto mettere spazio e tempo per spegnere ogni fuoco o fuocarello. A questo proposito viene in aiuto Italo Calvino, il quale scrive in “Le città invisibili” 

L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se n’è uno, è quelle che è già qui, l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne: il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione ed apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e che cosa, in merito all’inferno, non è l’inferno, e farlo durare, e dargli spazio.” 


mercoledì 18 settembre 2019

domenica 8 settembre 2019

8 settembre 1943 l'Armistizio



L'Inizio della Guerra di Liberazione è posto nel momento in cui
Badoglio
 annuncia da Radio Roma
la firma dell'armistizio con le potenze alleate

avvenuta il 3 settembre precedente a Cassibile

martedì 16 luglio 2019

domenica 30 giugno 2019

domenica 16 giugno 2019

domenica 2 giugno 2019

.Via Rasella La Rappresaglia. Le Fosse Ardeatine 1944


IL SACRARIO DELLE FOSSE ARDEATINE





A perenne ricordo del crudele massacro, perpetrato dai nazisti a Roma il 24 marzo 1944 nelle cave di pozzolana della Via Ardeatina, è stato creato,il Sacrario delle Fosse Ardeatine, solennemente inaugurato nel 1949 in occasione del quinto anniversario della strage.
Il grandioso monumento, pur nelle semiplicità ed austerità della sua linea architettonica, è straordinariamente eloquente. Esso abbraccia in un solo complesso: le grotte, nelle quali venne consumato l'eccidio; il Mausoleo, ove sono raccolte le salme; il gruppo scultoreo, che sintetizza espressivamente la tragedia dei 335 martiri.
La sistemazione monumentale delle Fosse Ardeatine è stata realizzata dagli architetti Giuseppe Perugini, Nello Aprile e Mario Fiorentini, nonchè dagli scultori Mirko Basaldella e Francesco Coccia.

IL PIAZZALE D'ACCESSO
Si entra alle Fosse Ardeatine attraverso una monumentale cancellata in bronzo dello scultore Mirko Basaldella, capolavoro di spiccato espressionismo, in cui l'avviluppo contorto degli elementi documenta figurativamente l'orrore umano di quella spaventevole tragedia.
Il piazzale d'accesso, dedicato alle vittime della strage di Marzabotto, è delimitato di fronte ed a destra dalla collina ove si stagliano le pareti verticali della vecchia cava ardeatina; a sinistra, quasi in prosecuzione della collina, il Mausoleo con l'immensa pietra posata sulla Cripta ove sono raccolte le 335 tombe. Vicino all'ingresso campeggia il gruppo scultoreo in travertino di Francesco Coccia, eretto sul basamento di materiale lapideo tufaceo proveniente dalle cave di Montecompatri. In alto ed al centro spiccano, tra il verde, la croce di Cristo e la stella di David.
A sinistra dell'ingresso alle Grotte, una lapide riporta il lungo elenco delle Città decorate di Medaglia d'Oro al valor militare, con le motivazioni raccolte nello schedario a libro.
Sull'altra grande lapide è scolpita una solenne epigrafe.

LE GROTTE DELLA STRAGE
Dal complesso delle gallerie originarie della vecchia cava di pozzolana, sono stati isolati i rami principali e le grotte ove le S.S. naziste, al comando del Ten. Col. Kappler, perpetrarono il feroce massacro ed occultarono le vittime.
Esteriormente le grotte sono rimaste nel loro aspetto originario, salvo i pilastri eretti all'interno delle gallerie a sostegno dei due grandi squarci, creati dalle esplosioni disposte dalle S.S. per ostruire l'accesso al luogo ove erano stati ammucchiati i cadaveri dei Martiri.
Le gallerie hanno un tracciato ad U con l'ingresso nel Piazzale e lo sbocco nel Mausoleo; nel tratto di fondo, isolato da due artistiche cancellate in bronzo dello scultore Mirko Basaldella, si trova la grotta ove, tre mesi dopo il massacro, furono rinvenute le salme ammucchiate su cinque strati sovrapposti. Una fiaccola illumina il tumulo ove sono custoditi i resti non identificati appartenenti ad alcune salme dei martiri.
A lato di una cancellata, una lapide di marmo nero reca scolpito il nobile messaggio:
«Fummo trucidati in questo luogo perché lottammo contro la tirannide interna per la libertà e contro lo straniero per l'indipendenza della Patria. Sognammo un'Italia libera, giusta, democratica ed il nostro sacrificio ed il nostro Sangue ne siano la sementa ed il monito per le generazioni che verranno».
In fondo alla galleria è stata ristrutturata la parete con scritte significative in lettere di bronzo e vi è posta una lampada votiva, offerta da Papa Paolo VI.
Vicino all'ingresso è stata ricavata una piccola Cappella dove, a cura dell'Associazione Nazionale Famiglie dei Martiri, vengono celebrati periodicamente riti religiosi in memoria dei Caduti.
IL MAUSOLEO
Le salme dei 335 trucidati sono state collocate in un vasto sepolcreto, interrato, di metri 50x25; esso è coperto nella parte superiore da una grande pietra tombale che rievoca simbolicamente l'oppressione e l'occultamento delle vittime.
L'oscurità dell'ambiente è appena mitigata dalla luce che filtra dalle fenditure orizzontali, create tra il masso di copertura e le pareti del sepolcreto.
Le tombe, tutte uguali, di granito, sono riunite in 7 doppi filari paralleli; le generalità delle 323 salme identificate sono scolpite sulla lastra superiore di ogni sarcofago.
Le tombe delle 12 salme rimaste sconosciute portano solo l'indicazione: "Ignoto". La collocazione delle salme è stata disposta secondo l'ordine di esumazione dalle grotte; l'indicazione del posto nel sepolcreto può essere desunta dalle tabelle in bronzo, raccolte a libro, ove i Caduti sono elencati in ordine alfabetico.
La prima tomba è dedicata simbolicamente a tutti i Caduti per la Patria e per la Libertà.

I CADUTI
Dopo lungo ed accurato esame è stato possibile riconoscere solo 322 salme. Le vittime, che facevano parte di tutte le categorie professionali e di tutte le condizioni sociali della popolazione italiana, erano costituiti da: 68 militari (tra cui 42 ufficiali dei vari gradi, 9 sottufficiali e 17 soldati), 255 delle varie categorie civili (9 agricoltori, 41 artigiani, 9 artisti, 71 commercianti, 1diplomatico, 32 professionisti, 37 impiegati, 47 operai o appartenenti a professioni varie, 1 sacerdote, 6 studenti), tutti uomini di età variabile dai 75 anni ai 14. Tra i trucidati 73 erano israeliti.
Fra i martiri vi furono figure della Resistenza romana; altri erano solo sospettati, altri innocenti ed inconsapevoli, rastrellati per caso o per errore, altri colpevoli soltanto di essere ebrei: tutti certamente estranei all'azione partigiana contro il reparto di polizia tedesca a Via Rasella.
A 36 Caduti, sepolti nel Mausoleo (12 civili e 24 militari), è stata concessa la Medaglia d'Oro al Valor Militare, alla memoria.

Roma dall'8 settembre 1943 al 4 giugno 1944
PREMESSA
Le gravi sconfitte, subite in Africa ed in Sicilia, nonché il crollo del regime  fascista determinarono il definitivo distacco dell'Italia dalla pesante alleanza con la Germania hitleriana: l'armistizio con gli anglo-americani venne proclamato alle 19,45 dell'8 settembre 1943.
Ma i tedeschi non volevano rassegnarsi all' ineluttabile svolta italiana e sin dal 25 luglio 1943 fecero convergere nella Penisola numerose forze; alla notizia del nostro armistizio fecero scattare il piano per l'occupazione dell'Italia, il disarmo e l'internamento di quanti volevano opporsi.
Purtroppo, in quella terribile situazione, particolari circostanze avverse determinarono gravi incertezze e confusioni nella direzione politica e militare del Paese, che facilitarono il crollo dell'apparato militare italiano nella Penisola e nella zona balcanica.

LA DIFESA DI ROMA
Nonostante l'incertezza degli ordini, che favorirono la sorpresa e la penetrazione tedesca verso Roma, i reparti delle Divisioni sistemate a difesa attorno alla città contrastarono e respinsero, nella notte del 9 settembre 1943 e nella mattina successiva, i reiterati attacchi germanici infliggendo notevoli perdite, come a Manziana e Monterosi (Div. "Ariete"), Monterotondo (Div. "Piave"), alla Cecchignola e alla Magliana (Div. "Granatieri di Sardegna").
L'ordine di ripiegamento generale verso Tivoli aumentò la confusione e lo sbandamento; i reparti di retroguardia continuarono però a combattere disperatamente per contrastare l'avanzata nemica: in totale 414 militari caddero tra il 9 e il 10 settembre; ai 10 più valorosi venne concessa la Medaglia d'Oro al Valor Militare alla memoria.
Nei combattimenti di queste due giornate ed in altri episodi isolati nella zona di Roma parteciparono giovani ardimentosi, vecchi combattenti ed invalidi: in quei giorni ben 183 volontari civili rimasero uccisi.
La sera del 10 settembre 1943 la battaglia per la difesa di Roma era perduta ed i tedeschi accettarono la capitolazione limitandosi al disarmo dei militari.
Molti militari e civili non desistettero però dalla lotta contro l'invasore e costituirono
spontaneamente i primi nuclei di resistenza che agirono in Roma e nei dintorni durante i nove mesi di occupazione nemica.
Nel pomeriggio del 9 settembre i rappresentanti dei partiti antifascisti deliberarono:
«Nel momento in cui il nazismo tenta di restaurare in Roma ed in Italia il suo alleato fascista, i partiti antifascisti si costituiscono in "Comitato di Liberazione Nazionale", per chiamare gli italiani alla lotta e alla resistenza e per riconquistare all'Italia il posto che le compete nel consesso delle libere nazioni».


L'OCCUPAZIONE TEDESCA
Nei primi 15 giorni Roma potè godere di una parvenza di governo autonomo come "Città aperta" che consentì però ai tedeschi di guadagnare tempo per fronteggiare l'avanzata anglo-americana e restaurare il fascismo con Mussolini; questi, dal Quartier Generale di Hitler, il 15 settembre emanava i decreti di costituzione della Repubblica Sociale Italiana (R.S.I.), voluta dalla Germania per facilitare il controllo dell'Italia occupata.
Dal 23 settembre i tedeschi assunsero il diretto e completo controllo della Capitale e, validamente aiutati dagli appartenenti alle forze armate della R.S.I., iniziarono perquisizioni ed arresti dei presunti resistenti rastrellamenti nei quartieri e retate nelle strade per catturare gli ebrei ed obbligare i giovani al "Servizio del lavoro".
Un crescente terrore poliziesco con vessazioni, soprusi e violenze gravava sulla città, già

angustiata dalle gravi difficoltà di alimentazione e dai bombardamenti alleati.

LA RESISTENZA ROMANA
I partiti antifascisti dovettero disperdersi ed agire nella clandestinità e nella cospirazione. A Roma, la reazione all'oppressione nazifascista era così articolata:

·                Resistenza passiva di tutta la popolazione romana, sopportata con grande dignità e fierezza in un diffuso spirito di solidarietà fra tutti gli strati della cittadinanza.
·                Resistenza attiva attuata dal "Fronte Clandestino Militare" (F.C.M.), con il compito di riprendere le armi ed assicurare l'ordinato trapasso dei poteri dopo la ritirata tedesca. Fuori di Roma il F.C.M. coordinava l'attività, ben più aggressiva e spericolata, delle "Bande esterne" che operavano nel Lazio e nell'Abruzzo, con frequenti attacchi e sabotaggi alle retrovie germaniche. Gran parte degli esponenti del F.C.M. della Capitale furono scoperti, arrestati e torturati; di questi: 67 caddero alle Fosse Ardeatine, 22 furono fucilati al Forte Bravetta e 5 in località "La Storta".
·                Resistenza armata attuata da gruppi di pochi giovani, audaci, spericolati, pronti a tutto osare per colpire il nemico e rispondere alle provocazioni. Particolarmente attivi furono i "Gruppi di Azione Patriottica" (G.A.P.), diretti dal P.C.I., che svolsero sabotaggi, attentati ed attacchi armati in pieno centro cittadino.
Altri gruppi di germinazione spontanea e popolare, non inquadrati nel C.L.N., ebbero larga diffusione nei quartieri periferici della città e nelle zone circostanti con azioni audaci e spericolate guidati da capi leggendari che furono poi quasi tutti fucilati. Il Gruppo “Bandiera Rossa" lasciò sul terreno 128 Caduti, 53 rimasero feriti e 15 furono arrestati e deportati.
In concomitanza con lo sbarco alleato di Anzio, dal 23 al 25 gennaio 1944 venivano arrestati e torturati nelle prigioni di Via Tasso i capi più attivi del "Fronte Militare"; poco dopo, a titolo di monito, venivano fucilati a Forte Bravetta 20 tra i più intrepidi e valorosi partigiani romani.

-Resistenza nelle scuole e nelle università che fu particolarmente viva con dimostrazioni, diffusione di volantini e giornali. Parecchi docenti e studenti vennero arrestati; 5 professori e 6 studenti finirono fucilati alle Fosse Ardeatine.

L'AZIONE DI VIA RASELLA
Il 23 marzo 1944, alle ore 15 circa, un gruppo di 16 partigiani appartenenti ai G.A.P. attuò, in pieno giorno, un clamoroso attentato contro un reparto armato di 160 S.S. in marcia lungo Via Rasella. Una carica esplosiva, nascosta in un carretto, veniva fatta esplodere al centro della colonna tedesca, mentre altri partigiani lanciavano bombe e sparavano raffiche di mitra verso la coda del reparto, causando 33 morti tra i tedeschi (di cui 26 deceduti all'istante, 6 morti in ospedale nella notte del 23 marzo, ed 1deceduto parimenti in ospedale nella mattinata del 24 marzo), oltre a numerosi feriti. Con l'arrivo dei rinforzi la reazione fu immediata e rabbiosa con sparatorie, rastrellamenti e saccheggi delle case circostanti. Ma i nazisti vollero attuare subito una spaventosa rappresaglia per punire e terrorizzare tutta la città; da Hitler veniva intimata la fucilazione, entro le 24 ore, di dieci italiani per ogni tedesco ucciso.

IL MASSACRO DELLE CAVE ARDEATINE
Nell'elenco delle vittime vennero compresi 270 prigionieri della polizia tedesca rinchiusi nella sede del comando delle S.S. in Via Tasso e nel carcere di "Regina Coeli”. Altri 50, tratti pure dagli incarcerati a "Regina Coeli", furono designati dal Questore di Roma. Alla notizia della morte di un altro dei feriti, Kappler aggiornò la lista con altri 10 ostaggi e aggiungendovene 5 in soprannumero.
L'orrenda carneficina venne effettuata di nascosto entro le cave di Via Ardeatina, nel pomeriggio del 24 marzo, dalle S.S. di Roma sotto il diretto controllo di Kappler.
Le salme vennero poi occultate con lo scoppio di mine che provocarono il franamento della volta della cava; l'elenco dei trucidati non fu reso noto.
La notizia dell'attentato apparve sulla stampa solo il 25 marzo dopo il comunicato dell'agenzia giornalistica "Stefani", diramato alle ore 22,45 del 24 marzo: «...32 uomini della Polizia tedesca sono stati uccisi e parecchi feriti... il comando tedesco perciò ha ordinato che per ogni tedesco assassinato dieci criminali comunisti badogliani saranno fucilati. Quest‘ordine è stato già eseguito».
Kappler veniva poi condannato all'ergastolo anche per aver fatto fucilare 5 persone in più delle 330 previste dalla rappresaglia e con l'aggravante di aver agito con crudeltà verso le vittime. Peraltro la rappresaglia veniva giudicata illegittima per l'enorme sproporzione dei condannati e per le modalità adottate, contrarie ad ogni norma di guerra.
DOPO LE FOSSE ARDEATINE
La resistenza dei gruppi più attivi si manifestò sin verso la metà di aprile del 1944 con attentati e scontri a fuoco; poi l'attività armata in città decrebbe in conseguenza dei numerosi arresti fra gli elementi più audaci. Invece nelle zone intorno alla Capitale continuò la lotta delle Bande esterne che inflissero ai tedeschi perdite ingenti in uomini e materiali; però, è stato pesante il loro tributo di sangue nei nove mesi di lotta: 1.046 Caduti (di cui 427 fucilati), 74 dispersi e 326 fefiti.
Sino alla liberazione le polizie nazi-fasciste continuarono ad infierire sulla popolazione romana con arresti, soprusi e vessazioni; persino nel lasciare la Capitale le S.S. si portarono al seguito 14 prigionieri, scelti tra gli arrestati di Via Tasso, che furono fucilati in località "La Storta" il 4 giugno 1944.
Alle 18,30 del 4 giugno 1944 le avanguardie alleate venivano accolte trionfalmente a Porta S.Giovanni mentre, alla stessa ora, le retroguardie germaniche ripiegavano da Ponte Milvio.

IL MUSEO DELLE FOSSE ARDEATINE

Si trova alle spalle del Mausoleo in apposita costruzione, a pianta ottagonale, progettata e riordinata sotto l'attenta guida dell'architetto Prof.  Perugini.
Vi sono raccolte: documentazioni, cimeli e fotografie che illustrano e sintetizzano, in ordine cronologico le tragiche giornate vissute nella Capitale; dall'aggressione tedesca dell'8 settembre 1943 alla liberazione del 4 giugno 1944.

Tre vetrine in particolare sono dedicate ai seguenti soggetti:

·                Le centrali di inquisizione e tortura (Via Tasso - Sede della Banda Koch in Via Romagna - “Regina Coeli" - Palazzo Braschi, ecc.) con descrizioni, segni e ricordi lasciati da alcuni martiri;
·                Il martirio delle Fosse Ardeatine, con la descrizione dell'atroce misfatto ed i nomi dei martiri ai quali è stata concessa la Medaglia d'Oro al V.M.
·                Le fucilazioni di Forte Bravetta, con il ricordo di Don Morosini ed il commovente testamento spirituale lasciato dall'operaio Tigrino Sabatini: «Non sfruttate la nostra morte e non dimenticate perchè siamo morti» .
Nella vetrina del grande tavolo centrale sono raccolti esemplari dei principali giornali, stampati e diffusi clandestinamente, oltre ad essere ricordati i giornalisti che hanno pagato con la vita il loro amore per la libertà.
Sulle pareti, sopra le vetrine, spiccano le grandi opere create e donate da tre artisti in omaggio agli amici e compagni caduti durante la Resistenza romana:
·                Corrado Cagli: dipinto che raffigura il terrore dell'oppressione nazi-fascista;
·                Renato Guttuso: scultura dorata che rievoca la raccapricciante visione dell'ammasso confuso dei Martiri delle Fosse Ardeatine all'atto dell'esumazione; .
·                Carlo Levi: dipinto ispirato al soggetto della liberazione finale dopo i nove mesi di oppressione e di terrore.
Nell'appendice esterna al Museo è stato ricavato un locale ove sono raccolte le principali pubblicazioni che trattano delle Fosse Ardeatine. Alle pareti sono riportati i progetti ed i disegni delle opere più significative, create, nel complesso del Sacrario, dall'architetto Giuseppe Perugini e dallo scultore Mirko Basaldella.