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sabato 30 aprile 2022

Il Processo di Tokyo 1946

 

 


Massimo Coltrinari

 

Il processo di Tokyo rappresenta un naturale controaltare al processo di Norimberga. Il 3 maggio 1946, si insedia  a Tokyo il Tribunale Militare per l’Estremo oriente. Undici sono le nazioni partecipanti ciascuna con un proprio rappresentante: Gran Bretagna, Stati Uniti, Australia, Unione Sovietica, Cina, Francia Canada, Paesi bassi, Nuova Zelanda, India e Filippine.

I capi di accusa per il processo sono uguali a quelli di Norimberga: crimini contro la pace, crimini di guerra e crimini contro l’umanità. Ma il profilo operativo del processo ha delle precise connotazioni. Il Tribunale Militare  giudicherà solo gli individui responsabili di crimini contro la pace. Lascerà alle nazioni i cui territori sono stati invasi dal Giappone la possibilità di giudicare, ed eventualmente condannare, individui accusati di crimini di guerra e crimini contro l’umanità.

Sotto accusa è la politica aggressiva ed imperialistica del Giappone dal 1931 al 1945 e per questo sono incarcerati e tradotti nella prigione di Sagomo  a Tokyo oltre 250 persone. Tra queste sono individuate i 28 imputati che si dovranno presentare e rispondere al Tribunale Internazionale.  Sono per lo più militari e diplomatici. Tutti hanno avuto un ruolo primario nella politica giapponese. Oltre a Hirota Koki, Tojo Hideki, il principe Konoe Fuminaro, che si suiciderà prima dell’inizio del processo, , nella lista degli impatati figura Okawa Shumei, che viene considerato uno dei massi responsabili, come ideologo, indiretti delle violenze della guerra di agrressione giapponese.

In cima alla lista ci dovrebbe essere l’imperatore Hiro Hito: la formula di questa assenza è individuta nel fatto che teoricamente era un monarca costituzionale e quindi “irresponsable” nelle decisioni prese dal governo; in realtà il non mettere sotto accusa l’imperatore deriva da un preciso accordo tra Alleati e Giappone al momento della resa. Sarebbe stata un onta, quasi un aprire il vaso di pandora in termini di ribellione e resistenza da parte del popolo giapponese se avesse assistito al processo di un Imperatore che era considerato quasi un semidio.. Capofila degli imputati rimase il generale Tojo Hideki, che dal 1941 al 1944 fu uno dei maggiori artefici della conduzione della guerra del Giappone.

 

Il Tribunale Internazionale fu presieduto dal giudice Willian Webb, di formazione anglosassone, ma australiano di nazionalità. Gli altri giudici sono i rappresentanti dei Paesi che hanno subito le violenze giapponesi.

 

La difesa degli impuati è basata, nella sostanza, nel fatto che le decisioni erano prese in seno al Governo, in modo collegiale, e che nessuno di loro avrebbe potuto opporre una qualsiasi resistenza alle decisioni del governo stesso. E’ una difesa che in pratica riverbera quella degli imputati di Norimberga ( gli ordini dovevano essere eseguiti). 

Il dibatto è seguito con molta enfasi dalla stampa internazionale, soprattutto da parte di quella statunitense; a tratti il processo pare una vera a propria sottolineatura del ruolo dei vincitori.

I testimoni ascoltati sono 419, mentre vengono raccolte oltre 800 deposizioni. I documenti acquisiti agli atti sono circa 4300, mentr eil processo verbale consta di circa 48.000 pagine.  Le udienze terminano il 16 aprile 1948, le sentenze vengono emesse il 12 novembre dello stesso anno, in un mondo che ormai ha capito che la guerra conclusa anni prima non ha risolto praticamente nulla e nuovi venti di guerra si profilano all’orizzonte.  Tutti gli accusati, ad eccezione di due, sono considerati colpevoli. 7 vengono condannati alla pena di morte, mentre i rimanenti all’ergastolo. La sentenza finale è raccolta in un volume di 1218 pagine.

 

Non vi è spazio per approfondire l’azione parallela e seguente alla attività del Tribunale Internazionale di Tokyo.  Nei territori occupati dal Giappone gli individui accusati di crimini di guerra e crimini contro l’umanità perseguiti dalla Giustizia nazionale del paese invaso, saranno 5700, di cui 920 saranno condannati, con sentenza eseguita, a morte.

In generale, suddivisi in Criminali di categoria A, B,C, saranno oltre 200.000 glaccusati che verranno sottoposti a provvedimenti di vario genere, in una gamma che va dalla pena capitale alla epurazione dai pubblichi impieghi.

 

Il valore del processo di Tokyio, come quello di Norimberga sta nel fatto, più volte sottolineato che  un Governo o un vertice politico può essere chiamato a rispondere delle sue azioni. Questo ha avuto un significato rilevante in Europa, ma ancor più in Giappone, ove i governanti quasi erano sfiorati dalla concezione religiosa in cui si ammantava l’imperatore.

 

Il processo di Norimberga ed il processo di Tokyo, come ebbe a dichiare il capo degli accusatori a Norimberga Robert Jackson , avevano l’aspirazione di “apparire ai postei come l’adempimento dell’aspirazione una man alla giustizia”. In parte questa aspirazione è andata delusa, in virtù della violazione dei principi della irretroattività della legge penale e della giustizia uguale per tutti . Altro aspetto controverso il fatto che sia a Norimberga che a Tokyo fu sollevata dalla difesa la questione della giustizia dei vincitori sui vinti. E’ facile constatare che nessun processo per crimini di guerra e contro l’umanità fu intentato a carico degli Alleati.

 

Ma i processi di Norimberga e di Tokyo, pur nelle loro limitazioni giuridiche  e limitazioni certamente censurabili, sono processi che, forse, erano il meglio che la Comunità Internazionale in quel momento storico potesse esprimere hanno però una loro valenza ed hanno lasciato una eredità degna di Nota.

Due i punti fondamentali di questa eredità: l’ordine superiore non libera nessuno dalla propria responsabilità penale; la legittimazione della giurisdizione penale universale.

Dai processi di Norimberga e Tokyo si potevano, però, trarre ammaestramenti che sono stati ignorati nei decenni successivi: il fattore tempo ed il fattore luogo . Norimberga durò meno di un anno,  Tokyo poco più di due anni. I processi si svolsero lì dove aveva un significato: a Norimberga furono emanate nel 1935 le leggi sul sangue e sull’onore tedesco, simbolo del potere e del programma nazista.

 

Processi che hanno aiutato a superare “il passato che non passa” in Germania e in Giappone, che hanno inciso nella coscienza storica di una Nazione e che hanno evidenziato  la necessità di riflettere su certe ideologie e soprattutto che si pongono come una barriera al rifiorire di simili ideologie e quindi di rivivere le violenze che hanno prodotto.  Processi utili alla Nazione. Al contrario dell’Italia, in cui la cosiddetta” mancata Norimberga italiana” ha generato revisionismi, negazionismi e rifioriture  di tutte le risme, come se i disastri le violenze i lutti e il loro corollario che hanno marchiato due generazioni  fosse passato inutilmente.

mercoledì 20 aprile 2022

Il Processo di Norimberga 1946.

 Si riporta un articolo scritto nel 2006 per la rivista "Patria Indipendente" 




I Processi ai Nazisti

 

IL PROCESSO DI NORIMBERGA

 

1946 –2006

 

 Massimo Coltrinari

Sessant’anni fa a Norimberga si concludeva il processo che vide il vertice nazista chiamato a rispondere dei suoi atti e dei suoi crimini. Per la prima volta nella storia, coloro che erano al vertice di uno Stato e attori di una guerra senza leggi e senza limiti, erano chiamati, nel quadro di garanzie processuali riconosciute, a dare conto delle loro decisioni; decisioni che in sei lunghi anni avevano procurato al loro popolo ed ai popoli europei indicibili sofferenze e lutti, oltre danni materiali immensi. Tenuto a Norimberga, la città tedesca culla della legalità apparente nazista ( Le famose “leggi di Norimberga” sulla quali si fondò fino al 1942 la giurisprudenza tedesca, travolta poi dalle decisioni della Conferenza di Wansee) questo processo rappresenta la pietra miliare nel Diritto Internazionale per chiamare, in qualche caso, a rispondere dei loro atti tutti i dittatori ed oppressori che si alternano in folla sulla scena di questo martoriato mondo. Ma non solo.

Con la dizione di “processo di Norimberga” intendiamo anche le azioni procedurali messe in atto dai vincitori della seconda guerra mondiale, oltre che del vertice anche dei maggiori esponenti della dirigenza tedesca. Sono una serie di processi che si svolsero dalla fine della guerra agli inizi degli anni cinquanta durante i quali si cercò di ripristinare un minimo di legalità di fronte alla violenza esercitata, oltre i canoni della accettata violenza bellica, dai tedeschi contro popolazioni nemiche i cui componenti non erano belligeranti. Questi processi si tennero non solo in Germania ma anche nei paesi già occupati dai nazisti, come URSS, Polonia, Cecoslovacchia, Jugolsavia, ecc.

Parallelamente  a questi processi, che si svolsero in un arco temporale che va dal 1945 agli inizi degli anni cinquanta, si svolsero processi in seno all’ordinamento giudiziario della Germania Federale, per imputati minori.  Questa ultima categoria di processi si qualifica per il fatto che sono corti composte da Tedeschi che giudicano altri tedeschi, ovvero viene meno la composizione internazionale e straniera dell’organi giudicante.

 

Dopo il processo Eichmann svoltesi nel 1961, che rappresenta uno spartiacque fra i processi di Norimberga e la residuale azione processuale nei confronti di coloro che per vari motivi si sottrassero al giudizio, si svolsero dagli anni ottanta in poi alcuni processi contro responsabili nazisti di crimini oggetto di imputazione a Norimberga, più per una questione di principio e di coerenza che di reale giustizia. Qui si tenta di tracciare un quadro generale di questi avvenimenti, come premessa introduttiva al problema della punibilità o meno di comportamenti non accettai in guerra o in situazioni conflittuali estreme.

 

 

Gli Alleati iniziarono a pensare sui trattamenti da riservare ai nemici dell’Asse già nell’autunno del 1943. Inizialmente si pensò di sottoporre i responsabili ad un “consiglio militare di guerra”; poi, acquisti ulteriori dati, si decise di sottoporli a regolare processo.

 

Alla conferenza di Londra dell’estate del 1945 si prese in esame tre categorie di “crimini”: la prima “crimini contro la pace”, tesi sostenuta da americani ed inglesi, in cui si sottolinea che l’aggressione tedesca ha leso i diritti di tutto il mondo; la seconda “crimini contro la guerra”, tesi sostenuta da sovietici e francesi, in cui si inseriscono i maltrattamenti, le uccisioni, i lavori forzati, l’assassinio e le violenze sui prigionieri di guerra, l’esecuzione di ostaggi, le razzie, la distruzione ingiustificata di villaggi, non sostenuta da esigenze militari.

 

Nonostante tutti gli sforzi queste tesi non riuscivano ad includere quello che era il più grande problema del tappeto: l’Olocausto. Già la definizione di ebreo era un problema; se non si trovava una soluzione, il genocidio ebraico e le vessazioni subite dagli ebrei in Europa rimanevano fuori da ogni processo. Fu quindi necessario ricorre alla tesi di “crimini contro l’umanità, cioè lo sterminio, la deportazione e qualsiasi atto disumano commesso contro le popolazioni civili, prima e durante la guerra, fuori della violenza bellica, e le persecuzioni per motivi etnici, religiosi, politici, razziali, di sicurezza od occasionali.

 

I crimini contro l’umanità per poterli definire hanno bisogno di essere correlati alla tesi del “complotto” ordito per sostenere una aggressione o un crimine di guerra, altrimenti la mera definizione di “crimine contro l’umanità” rischia di esulare dalla prassi processuale. In altre parole si accetta il principio che i “crimini contro l’umanità” non possono essere perpetrati prima della guerra, ovvero a partire dal 1 settembre 1939.

 

Il Processo di Norimberga contro il vertice nazista.

Il 18 ottobre 1945 a Norimberga, scelta proprio in virtù del fatto che fu il palcoscenico dei riti nazionalsocialisti di rilievo, si  tenne la prima udienza di quello che poi nella dizione comune è passato alla storia come Processo di Norimberga. Principale imputato presente era Herman Goering; gli altri imputati erano, Rudolf Hess, Robert Ley, Julius Streicher, esponeti del partito nazista; Hjalmar Schacht, ministro dell’economia e presidente della Reichbank, Walter Funk, addeto alla arianizzazione del popolo tedesco e delle popolazioni dei territori occupati, Wilhelm Frick, ministro dell’Interno;, Joachin Ribbentropp, ministro degli esteri; Franz von Papen, vicecancelliere, Albert Speer e Fritz Sauckel, addetti allo sfruttamento della forza lavoro coatto; i militari impuati sono Wilhelm Keitel, capo del Comando Supremo delle Forze Armate e Alfred Jodl, del Comando Supremo delle Forze Armate, Erich Raeder, Capo della Marina, e Karl Doenitz, Comandante delle Forze Subacquee. A tutti questi si aggiungono cinque esponenti della burocrazia statale di vertice nei territori occupati: Baldur von Schirach, per l’Austria, Konstantin von Neurath, per il protettorato di Boemia e Moravia, Hans Frank per il Governatorato generale cioè la Polonia, Alfred Rosenberg, per i territori dell’Est e Arthur Seyss-Inquart, per i Paesi Bassi.

I principali impuati però sono assenti perché deceduti. Hitler, in primo luogo, suicidatosi il 30 aprile 1945, Himmler, suicidatosi il 23 maggio 1945, Heydrich, ucciso da patrioti cecoslovacchi a Praga nel 1942, e Muller, capo della Gestapo e martin Bormann, capo del partito eclissatosi al momento del crollo della Germania.

 

I capi di accusa sono: “cimini contro la pace”, “crimini di guerra”, “crimini cntro l’umanità”, nella accezione detta sopra.

 

Il dibattimento fa emergere schiaccianti prove documentali e testimoniali nei confronti di tutti i deputati, portate per lo più da loro collaboratori subordinati, oltre che da protagonisti oculari. La linea difensiva adotta è semplice: si dichiarono “non a conoscenza dei crimini commessi contro chiunque, ebrei compresi; se qualcuno di loro vi ha partecipato lo ha fatto senza rendersene conto. In pratica hanno solo ubbidito agli ordini, emanati da uno solo, Hitler.

 

Le condanne 

 

La maggior parte delle prove e dei dossier di accusa sono presentati dalla parte americana, che nella sostanza ha promosso e gestito l’intero processo.

 

 

 

 

 

I processi verso la dirigenza nazista

Parallelamente al processo di Norimberga sono istruiti processi contro funzionari di vario livello della dirigenza tedesca. Il 26 aprile 1945 gli Alleati ordinano di arrestare d’ufficio gli appartenenti ai seguenti gruppi: 1°  Dignitari del partito dal grado più basso della gerarchia. 2° Funzionari e Dirigenti della Gestapo e del Sicherheitsdienst. 3° Waffen-SS dal grado più basso di sottufficiale. 4° Ufficiali di Stato Maggiore delle Tre Forze Armate. 5° Ufficiali di Polizia. 6° SA dal grado più basso di ufficiale. 7° Ministri ed alti funzionari, responsabili territoriali e comandanti civili e militari dei territori occupati. 8° Nazisti e simpatizzanti nazisti dell’industria e del commercio. 9° Giudici e procuratori dei Tribunali speciali. 10° Traditori Alleati passati al servizio dei Nazisti.

La data di riferimento per i capi di accusa è il 1 settembre 1939, ove emerge che i “crimini contro l’umanità” non possono essere stati perpretati prima della guerra. Con questo vengono dichiarate non criminali le seguenti organizzazioni: le SA, perché nel corso della guerra le sue attività furono insignificanti; il Consiglio di Gabinetto, perché ristretto di numero, e l’Alto Comando dello Stato Maggiore Generale nella sua generalità ( l’accusa riguarda solo alcune decine di generali). Quindi non sono dichiarate criminali il Corpo degli Ufficiali e quello della Funzione Pubblica

 

Con questi criteri si individuano circa 5000 persone. Ma il numero si riduce a circa 200 in ragioni di tipo “procedurale”; sono duecento  “esponenti” centrali nella determinazione della tragedia dell’Olocausto.

 

Costoro sono raggruppati in dodici procedimenti d’accusa, che vale la pena di elencare: 1° contro i medici nazisti; 2° contro il maresciallo dell’aeronautica Eberhard Milch. 3° contro il ministro della giustizia Franz Schlegelberger e i suoi collaboratori. 4° contro Oswal Pohl e la burocrazia dei campi di concentramento e sterminio. 5° contro gli industriali del gruppo Flick. 6° contro la I.G. Farben. 7° contro i generali dell’Esercito operanti nei Balcani, nello scacchiere Sud-Est. 8° contro i mebri dell’Ufficio Centrale della razza. 9° contro i componenti i Einsatzgruppen. 10° contro il gruppo industriale Krupp. 11° contro alti dignitari della Politica del III Reich. 12° contro i generali in comando nella Campagna di Russia.

In totale, sono posti sotto processo 185 persone, 15 per diverse cause esclusi.

Alla fine dei 12 processi “minori” di Norimberaga si hanno i seguenti verdetti: 35 imputati dichiarati non colpevoli; 97 condannati a pene detentive fino a vent’anni d