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venerdì 11 novembre 2011

Il C.I.L e la liberazione delle città delle Marche I Parte

Convegno di Studi
Firenze 28 ottobre 2011

Il Ruolo delle Forze Armate Italiane nella liberazione delle città. 1943-1945
Relazione
Massimo Coltrinari

La Liberazione delle Città delle Marche


Oggetto della mia relazione sarà l’attività del Corpo Italiano di Liberazione dopo il passaggio dal fronte tirrenico al fronte adriatico, e dopo le operazioni svolte per la liberazione delle città dell’Abruzzo e Molise, argomenti questi che sono stati trattati in un'altra relazione.

L’arco temporale di queste attività è il periodo giugno-settembre 1944. Occorre fare la dovuta premessa che nella sua avanzata verso il nord il Corpo Italiano di Liberazione liberava, percorrendo i suoi assi di movimento, paesi, villaggi e città, come è facilmente intuibile. Noi non possiamo scendere in ogni particolare di queste liberazioni e ci fermiamo solo sulle città principali liberate. Queste sono Ascoli Piceno, Macerata, Tolentino, Jesi, Cingoli e Urbino. Come si può ben vedere non compare Ancona. E’ un dato estremamente significativo, in quanto la conquista della città dorica era un obiettivo primario per gli Alleati, nel quadro della campagna d’Italia: peer loro nell’avanzare verso nord, le linee logistiche si stavano allungando troppo. I porti di sbarco erano rimasti quelli del settembre 1943, ovvero Napoli, per il fronte tirrenico, Taranto, Bari e Brindisi per quello adriatico. Mentre dal punto di vista aeronautico, con la conquista del tavoliere di Foggia, ogni problema non sussisteva, per l’alimentazione logistica terrestre iniziavano a manifestarsi problemi di tenuta. Era necessario conquistare un porto degno di questo nome, per poter far giungere i materiali ed i rifornimenti, soprattutto la benzina, più a nord. Come si può vedere dalla carta nella tarda primavera del 1944, gli obiettivi erano facilmente, sotto questo punto di vista, individuabili: Livorno per il settore tirrenico e Ancona per quello adriatico.



In questo quadro, il 17 giugno il Corpo Italiano di Liberazione fu posto alle dipendenze del II Corpo Polacco, cessando di dipendere dal V Corpo d’Armata britannico, comandato dal gen. Allfrey.



Il generale Andres, proprio quel giorno si recò al Comando del C.I.L. illustrò i suoi intendimenti per le prossime future operazioni. Obiettivo primario era la conquista di Ancona e descrisse come intendeva conseguirlo. Tale conferenza si trasformò in un ordine di operazioni che possiamo così sintetizzare:

- compito del Corpo polacco era quello di inseguire il nemico e raggiungere, conquistandola, Ancona ed il suo porto.

- Per assolvere a questo compito si doveva muovere su due direttrici: l’una costituita dalla rotabile costiera n. 16 la quale sarebbe seguita dalle truppe polacche con l’ incarico di puntare su Ancona; l’altra sulla sinistra, fronte nord, costituita dalla rotabili Chieti-Teramo-Ascoli-Macerata, le quali sarebbero state percorse dalle truppe del C.I.L. con l’incarico di proteggere il fianco sinistro del Corpo polacco ed occupare via via tutte le località presenti su questo asse.

- Il C.I.L. doveva a tal fine costituire un raggruppamento della forza di una brigata rinforzata da artiglieria e mezzi sussidiari col compito di muovere contemporaneamente e parallelamente alle truppe polacche della 3a Divisione “Carpatica”.

- LA 5a Divisione “Kresowa”, la II Brigata corazzata e il reggimento Carpatico da ricognizione sarebbero stati tenuti in riserva.



Sulla base di tali ordini del Comandante del II Corpo Polacco, Anders, il Comandante del C.I.L., gen. Utili, prese accordi con il comandante della 3a Divisione Carpatica in merito ai movimenti da effettuarsi in parallelo: i polacchi sulla strada Pescara-Ancona, gli italiani sulla direttrice Teramo- Ascoli Macerata.

In questa fase la grande preoccupazione dei Comandanti era quella dello stato delle strade e della viabilità. Il nemico concentrava tutti i suoi sforzi per ridurre al minimo ogni movimento, e praticamente frapponeva, con distruzioni, campi minati speditivi, abbattute, lavori e quant’altro ogni possibile ostacolo al movimento.




Il Comandante del C.I.L., sulla base di questi ordini, emanò le sue disposizioni per l’avanzata verso nord fissando per le unità dipendenti i rispettivi compiti, che erano:

a) la Divisione “Nembo” doveva gravitare con le proprie forze nella zona di Teramo e spingere avanguardie verso Ascoli Piceno ed elementi celeri alla ricerca con il contatto con il nemico

b) LA I Brigata doveva: mantenere con il CLXXXV battaglione paracadutisti l’occupazione dell’Aquila; proteggere i lavori, che gli inglesi stavano effettuando, per il ripristino della strada di arroccamento Popoli, L’Aquila, Rieti e orientarsi a costituirsi riserva del C.I.L.

c) La II brigata e l’artiglieria doveva orientarsi a seguire la Divisione “Nembo”

d) Il Genio doveva provvedere ai lavori stradali al ripristino ed alla manutenzione delle strade ed assicurare il collegamento radio con i reparti in avanzata.


Il C.I.L. e la liberazione delle città delle Marche II Parte

Liberazione di Ascoli Piceno

La Liberazione di Ascoli Piceno non presenta aspetti particolari. I tedeschi, vista la posizione della città, nel quadro generale della rettifica del fronte, all’alba del 18 giugno 1944 la abbandonarono totalemte. Verso le 12,30, quando la città aspettava, prostata dalla situazione di guerra, arrivò una pattuglia della 184a compagnia motociclisti della “Nembo”. Fu per il C.I.L. un movimento logistico, in quanto i reparti avanzanti raggiunsero la città nelle ore e nei giorni successivi, accolti dalla popolazione in festa, sorpresa di essere stata liberata da soldati italiani.

Da notare che è di questi giorni l’iniziativa di costituire un battaglione della divisione “Nembo” da lanciare nella zona di Firenze in appoggio alle bande di patrioti ivi operanti e con l’obiettivo di liberare Firenze. Nonostante il parere contrario del gen. Utili, il CLXXXV battaglione paracadutisti “Nembo” fu trasferito nella zona di Brindisi a disposizione della I Forza Speciale alleata per la preparazione e l’addestramento speciale. A sostituire il battaglione paracadutisti, furono mandati due battaglioni della Regia Marina: il “Bafile” ed il “Grado” i quali formarono nel C.I.L. il reggimento Marina. Assegnato alla II brigata.

Nella foto la liberazione di Civitanova Marche

Liberazione di Macerata

La liberazione di Macerata divenne l’obiettivo successivo a quello della liberazione di Ascoli Piceno. La situazione tattica era incentrata sull’inseguimento del nemico, che si ritirava e sgombrava le posizioni senza fare ostacolo attivo. La 184a compagnia motociclisti, che aveva l’ordine di raggiungere Macerata, trovo una prima resistenza nella zona di Sarnano; superata questa con l’affluire di nuove forze. Il 21 giugno la compagnia prosegui il suo movimento verso Macerata, ma fu fermata, da forze consistenti tedesche, nella zona di Colbuccaro ed Abbadia di Fiastra, a sud di Macerata. Accorreva a sostegno il XVI battaglione del 183° reggimento fanteria. I combattimenti in questa zona divennero consistenti.

Si era riusciti a prendere contatto e chiarire le intenzioni del nemico. Ma ad una analisi delle informazioni i tedeschi non sembravano intenzionati ad opporre una seria resistenza. La linea che tenevano erano le alture tra il fiume Chienti e Macerata con distaccamenti a Caldarola, Tolentino e Camerino. Si calcolava che non vi erano più di 1000 tedeschi schierati con mitragliatrici e poca artiglieria.

La situazione consigliava di raccogliere le forze del C.I.L: e poi procedere. Cosa che fu fatto e che permise, il 26 giugno di lanciarsi in avanti nel seguente modo:

a) il XV battaglione del 183° reggimento fanteria e la 184a compagnia motociclisti di attaccare lungo la strada Sforzacosta- Macerata Villa Potenza

b) Il XVI battaglione dello stesso reggimento di proteggere queste truppe dalle provenienze di Tolentino

c) All’artiglieria, schiera nella zona di Fiastra, di appoggiare l’attacco.

Questo attacco non riuscì, per via della reazione tedesca, che fu particolarmente violenta. Le perdite furono di 9 morti e 24 feriti.

Si studiò di nuovo un piano per la conquista di Macerata. Le ipotesi erano tre: attacco frontale della città; attacco avvolgente da est; attacco avvolgente da ovest. Mentre si stavano studiando queste ipotesi, e le truppe serravano sulle posizioni di partenza, nella notte sul 30 giugno i tedeschi ripresero il movimento retrogrado, sgombrando Macerata. Era la tattica tedesca di arresto momentaneo, volto a far montare un attacco al C.I.L., per poi, risparmiando forze, sganciarsi manovrando in ritirata.

Alle 10 del 30 giugno pattuglie del 183° reggimento paracadutisti passarono il Chienti in direzione di Sforzacosta seguite da elementi del XV e del XVI battaglione. Verso le 15, queste forze, proseguendo l’azione, entrarono in Macerata impegnando gli ultimi elementi ritardatori tedeschi . A sera la città era interamente occupata.

Liberazione di Tolentino

A seguito della azione su Macerata, la azione sulla sinistra dello schieramento, pattuglie del CLXXXIV battaglioni guastatori occupavano la quota 445 di Colle Tolentino, mentre elementi motociclisti muovevano da San Ginesio verso Tolentino che veniva liberata alla sera del 30 giugno. Il I luglio l’intera I brigata, con tutto il XXXIII battaglione bersaglieri raggiunse e presidiò Tolentino. La vallata del Chienti era in mano del C.I.L.

Liberazione di Villa Potenza

All’alba del 1 luglio 1944 ripreso il movimento il 183° reggimento paracadutisti alle 7,45 raggiunse Villa Potenza e quindi prendeva posizione lungo il fiume potenza, iniziando a riconoscere il terreno verso Nord.

Il C.I.L. e la liberazione delle Città delle Marche III Parte

Il Concorso alla liberazione di Ancona.

Mentre si procedeva alla liberazione di Sassoferrato, e si prendeva contatto, attraverso pattuglie, con le unità inglesi operanti in Umbria, all’alba del 4 luglio verso le ore 3 antimeridiane il nemico attaccò in forze le posizioni del XVI battaglione paracadutisti. La difesa fu ferma; al termine della giornata si ebbero perdite sensibili: 10 morti, 35 feriti e 7 dispersi. Era la novità de fronte adriatico; dopo un ampio sbalzo all’indietro dal fiume Arielli in Abruzzo al Chienti, le truppe germaniche davano l’impressione di accompagnare il loro movimento retrogrado con risolute battute d’arresto.

Queste avevano posticipato di qualche giorno la liberazione di Macerata. Era quasi prevedibile in quanto i tedeschi volevano impedire l’avvicinarsi troppo ad Ancona L’avanzata su Ancona peraltro continuava ferma e decisa. Il giorno 5 luglio i polacchi avevano conquistato Osimo, a sedici chilometri dalla Dorica. Il giorno successivo, 6 luglio, il C.I.L. mandò pattuglie verso Filottrano, per saggiare le posizione tedesche. Sono le operazioni preliminari della battaglia di Filottrano, che è inserita nella battaglia generale per la presa di Ancona. Essa si sviluppa nei giorni 8 e 9 luglio. Il C.I.L. proteggeva il fianco sinistro del Corpo Polacco, impegnato nella presa di Ancona.

Le posizioni del C.I.L. dopo filottrano il 12 luglio sono ad ampio semicerchio con orientamento verso ovest, con in sequenza il M. Granero, il Battaglione Piemonte, Il XXIX battaglione bersaglieri, il XIV battaglione paracadutisti, il XIII ed il XVI battaglione sempre paracadutisti. Nella vallata del Musone si iniziarono combattimenti di pattuglie. Nei giorni seguenti, mentre i polacchi premevano su Ancona le posizioni furono sempre più rinforzate e, il mattino del 17 luglio ebbe inizio il forzamento del Musone, in concomitanza con l’azione delle operazioni polacche su Ancona. Queste operazioni devono essere intese come propedeutiche alla conquista di Jesi. In quella giornata il Corpo Polacco aveva raggiunto Agugliano e puntava su Falconara, manovra questa che era indirizzata a far cadere Ancona per aggiramento.

Il 18 luglio 1944 l’obiettivo del C.I.L. era quello di investire Santa Maria Nuova, che appariva ben difesa dal nemico, con forti nuclei tedesche, appoggiati da artiglieria. Santa maria Nuova fu conquistata con una manovra di aggiramento. In questa manovra sono protagonisti i bersaglieri. La azione delle I e II Brigata del C.I.L.su Santa Maria Nuova costringono i tedeschi a non insistere nelle posizioni di San Maria Nuova per non essere accerchiati. Nella notte del sul 19 , il nemico sgombra Santa maria Nuova, che nelle prime ore del 19 luglio viene occupata. Nella giornata del 18 luglio dopo una strenua lotta, i Lancieri dei Carpazzi per Porta Santo Stefano raggiungono il centro di Ancona



Jesi era a portata di mano. Infatti la resistenza di Santa Maria Nuova era l’ultima che i tedeschi avevano effettuato. La loro prossima resistenza sarebbe stata a nord del fiume Esino. Il battaglione alpini Piemonte passato il fiume Musone nella nottata, entro alle ore 7 antimeridiane nella città di Iesi. Un'altra città Marchigiana era stata liberata

Il C.I.L. e la liberazione delle Città delle Marche IV Parte

Liberazione di Cingoli

Notizie acquisite davano che i tedeschi avevano alleggerito lo schieramento verso Cingoli. Utili decise di sfruttare questa situazione favorevole, cambiando il suo concetto d’azione L’intuizione fu felice. Il IX reparto d’assalto rinforzato da artigliere, si schierasse sulla linea a ridosso di Cingoli e saggiare le posizioni tedesche.

Questo diede avvio a scontri di pattuglie, mentre l’ artiglieria tedesche cercava di ostacolare i movimenti delle nostre truppe. Il giorno 13 luglio verso le 9 Cingoli, che come noto è un paese appollaiato in cima ad un colle, venne occupata da elementi avanzati. Questa occupazione era stata preceduta da una ricognizione da parte di un Ufficiale e un soldato del IX reparto d’assalto effettuata in abito borghese che ebbe aspetti molto rischiosi ed audaci. La ricognizione dette ottime informazioni ed il reparto, serrato sotto nella notte in modo silenzioso fino ai margini del paese, all’alba vi piombava costringendo i tedeschi ad una difesa improvvisa, che fu brevissima.

Il IX reparto ne corso della giornata, dopo aver inseguito il nemico, procedette alla occupazione in massa di Cingoli, che diede sicurezza alle operazioni su Jesi.

Il C.I.L. e la liberazione delle Città delle Marche V Parte

La Liberazione di Pergola (20 Agosto 194),
La Liberazione di Cagli (22 agosto) ed Aqualagna (23 agosto),

Il C.I.L. operava sempre alla sinistra del Corpo Polacco, che aveva raggiunto il suo obiettivo primario,la conquista di Ancona. Sull’Esino l’ordine generale era quello di assumere atteggiamento difensivo, per rafforzare le posizioni e soprattutto per riordinare la questione logistica, ora che Ancona era stata conquistata. Il Porto fu riattivato in pochi giorni e dal 23 luglio la prima “liberty” attraccò ai moli anconitani. Soprattutto fu attivata la raffineria di Falconara, che rappresenterà un polmone fondamentale perle forze alleate per il resto della campagna.

Dopo l’avanzata sul Misa ed oltre il Misa, nella notte del 4 agosto il C.I.L. si mise all’inseguimento del nemico. Il 10 agosto, nel pomeriggio, fu raggiunto Corinaldo ed il girono successivo alle ore otto fu raggiunta Castellone di Suasa. Era ormai chiaro che il grosso del nemico si era ritirato sulle posizioni a nord del Cesano.

La liberazione di queste città sono la diretta conseguenza della decisone tedesca di concentrare tutte le forze nell’area di Rimini e quindi raggiungere quella che era la posizione di difesa per eccellenza, la Linea Gotica, con il maggior numero di forze integre. Sono i prodomi della battaglia di Rimini. Quindi i tedeschi non opposero resistenza sistematica a difesa delle città dell’entroterra marchigiano.

Pergola fu conquista senza alcuna opposizione. Cagli fu occupata verso le 10 dal Bafile che fu poi saldamente occupata nella serata da tutto il battaglione. La conquista di Acqualagna vide uno scontro di breve durata ove furono fatti circa 7 prigionieri. Il 29 agosto, alle ore 17 fu conquista Urbino, che era stata raggiunta da uno squadrone di autoblindo inglese quasi contemporaneamente.

Cronologia della Guerra di Liberazione

VII Parte

1 Settembre 1944 – 15 Gennaio 1945

Elenco cronologico dei passi svolti da parte italiana per il potenziamento dello sforzo bellico del paese in cooperazione con gli alleati.

Allegato 1 al volume presentato dal Ministero degli Affari Esteri nel 1946 per sostenere le ragioni dell’Italia alla Conferenza della pace.

“Il contributo italiano alla guerra contro la Germania”

Ministero degli Affari Esteri Servizio Affari Generali – Ufficio Studi e Documentazione Roma 1946


14 settembre 1944
Il SottosegretarioIitaliano agli Affari Esteri ai rappresentanti britannico e americano.
Richiesta di precisazioni circa la notizia secondo la quale 30.000 prigionieri di guerra italiani verranno impiegati per servizi nelle coste meridionali della Francia. Si chiede che le truppe italiane vengano invece usate in combattimento. Il passo italiano non otterrà nessun effetto.

13 novembre 1944
Il Segretario Generale del Ministero degli Esteri Italiano al Rappresentante Sovietico a Roma.
Si danno notizie sulle difficoltà per l’approntamento di unità combattenti italiane, difficoltà derivanti soprattutto dall’impiego dei reparti in servizi d’ordine pubblico e dalla deficienza di specializzati assorbiti nelle Unità ausiliarie alle dipendenze alleate.

6 gennaio 1945
Il Capo di S.M. Generale Italiano al Maresciallo Alexander.
Appunto contenente varie proposte circa le principali questioni riguardanti l’esercito italiano e i patrioti. In particolare si propone che vengano nuovamente riuniti sotto un unico comando (come era avvenuto fino al 15 settembre 1944 per il Corpo Italiano di Liberazione) i gruppi combattenti italiani, e si eviti che – come è stato invece deciso – essi agiscano frazionati alle dipendenze di Grandi Unità alleate. Si propone inoltre l’assorbimento dei patrioti nell’Esercito.

11 gennaio 1945
Il comitato di Liberazione Nazionale al Primo Ministro Churchill, al Presidente Roosewelt, al Maresciallo Stalin ed al Generale De Gaulle.
Telegramma col quale si chiede che venga autorizzata una maggiore attiva collaborazione del popolo italiano nella lotta contro i tedeschi.

15 gennaio 1945
Il Ministero degli Esteri al R .Ambasciatore a Londra
Trasmissione di una lettera del Capo di S.M. della R.Aeronautica al Capo della Sottocommissione per l’aeronautica dell’A,C., contenente proposte e notizie sui provvedimenti per il potenziamento della R.Aeronautica nella lotta contro la Germania. Il R. Ambasciatore è incaricato di svolgere opera politica in merito.

Cronologia della Guerra di Liberazione

VI Parte
1 Marzo – 30 Agosto 1944

Elenco cronologico dei passi svolti da parte italiana per il potenziamento dello sforzo bellico del paese in cooperazione con gli alleati.
Allegato 1 al volume presentato dal Ministero degli Affari Esteri nel 1946 per sostenere le ragioni dell’Italia alla Conferenza della pace.

“Il contributo italiano alla guerra contro la Germania”
Ministero degli Affari Esteri Servizio Affari Generali – Ufficio Studi e Documentazione Roma 1946

4 marzo 1944
Convegno di Salerno
Ad esso partecipano, tra gli altri, il Maresciallo ed il Generale Mac Farlane. Vengono trattati vari argomenti riflettenti l’Esercito Italiano.

30 maggio 1944
Il Capo di S.M. Generale Italiano al Presidente della A.C.C.
Si fa presente che con l’invio in linea della Divisione “Nembo”, non rimangono praticamente a disposizione altre unità italiane pronte a entrare in azione. Vi sono però delle Grandi Unità, che convenientemente armate ed equipaggiate sarebbero in grado in brevissimo tempo, di partecipare alle operazioni, come è vivo desiderio della popolazione italiana. In tale eventualità potrebbe impiegarsi in primo luogo la Divisione “Cremona”, che, materialmente e moralmente è quella più avanzata nell’approntamento.

3 giugno 1944
Colloqui tra i Generali Alexander e Mac Farlane ed il Maresciallo Messe.
Il Generale Alexander riconosce che da parte alleata non si è fatto a sufficienza per la partecipazione italiana alla guerra e promette il suo interessamento. Esprime pure il suo compiacimento per il comportamento delle truppe italiane in combattimento.

22 giugno 1944
Il Ministero degli Esteri alla R. Rappresentanza a Mosca.
Istruzioni di proporre al governo sovietico l’inquadramento di prigionieri di guerra italiani in Russia in Unità omogenee che convenientemente armate ed equipaggiate, ed al comando di ufficiali italiani potrebbero essere messe a disposizione del Comando Supremo Sovietico per essere impiegate ai fini della guerra comune.

28 giugno 1944

Riunione di Bolsena presieduta dal Generale Alexander.
Tra le varie questioni viene trattata in modo particolare quella dell’assorbimento dei patrioti nelle formazioni regolari. Si stabilisce che i patrioti riconosciuti come tali, saranno avviati ai centri di affluenza stabiliti, dopo di che, fisicamente e moralmente in migliori condizioni, saranno fatti affluire al C.I.L.
Nei riguardi del potenziamento dello sforzo bellico il Generale Alexander:
- conferma la sua viva soddisfazione per l’opera svolta dai reparti del C.I.L. in modo particolare della Divisione “Nembo”.
- dichiara di aver chiesto a Washington l’autorizzazione di aver mano libera per l’ulteriore impiego di reparti combattenti italiani;
- accenna di essere a conoscenza che in Sardegna le Divisioni “Cremona”, “Friuli”, “Granatieri” si presentano bene e potrebbero, armate ed equipaggiate con materiale britannico, essere in 4-6 settimane addestrate per essere impiegate con le truppe operanti. Spera di ottenere presto l’autorizzazione relativa.

7 agosto 1944
Il Presidente del Consiglio Italiano al Maresciallo Stalin
Il Presidente Bonomi dà assicurazioni sulla decisa volontà degli italiani di combattere contro i tedeschi. Egli fa presente che la limitatezza della collaborazione che viene attualmente fornita è dovuta a deficienza di mezzi e potrà essere potenziata solo se cesseranno molte sterili diffidenze che la ostacolano.

10 agosto 1944
Il Sottosegretario Italiano agli Esteri al Capo della A.C.C.
Si propone la pubblicazione di un breve comunicato relativo al potenziamento del Corpo di Liberazione Italiano. La risposta sarà negativa.

Cronologia della Guerra di Liberazione

V Parte

1 Gennaio - 31 Gennaio 1944

Elenco cronologico dei passi svolti da parte italiana per il potenziamento dello sforzo bellico del paese in cooperazione con gli alleati.

Allegato 1 al volume presentato dal Ministero degli Affari Esteri nel 1946 per sostenere le ragioni dell’Italia alla Conferenza della pace.

"Il contributo italiano alla guerra contro la Germania”
Ministero degli Affari Esteri Servizio Affari Generali – Ufficio Studi e Documentazione Roma 1946

1^ gennaio 1944
Il Capo di S.M Italiano al Presidente della A.C.C.
Nuove insistenze per l’impiego di truppe italiane combattenti.

12 gennaio 1944
Il Capo di S.M. Generale Italiano al Presidente della A.C.C.
Si prospetta il punto di vista del Comando Supremo Italiano circa l’impiego della Divisione “Cuneo” come unità combattente. L’unità si trova in Palestina, dove è stata trasferita su ordine alleato, dopo aver aspramente combattuto contro i tedeschi nelle isole dell’Egeo. Con essa sono pure i resti della Divisione “Regina” ed elementi minori facenti parte di alcuni presidi di dette isole.

In precedenti colloqui tra il Generale Wilson ed il generale Soldarelli era già stato concordato di riordinare tali truppe nella Divisione “Cuneo” da impiegare come Grande Unità combattente. In realtà la Divisione “Cuneo” non solo non è stata impiegata, ma, benché i suoi componenti non siano stati catturati dalle autorità americane, essi non sono nemmeno rimpatriati dal Medio Oriente dove hanno avuto un trattamento sostanzialmente non dissimile da quello dei prigionieri di guerra cooperatori.

20 gennaio 1944
Il Capo di S.M. Generale Italiano al Presidente della A.C.C.
Si chiede che le truppe italiane in Corsica continuino ad essere considerate come operanti alle dipendenze del Comando Alleato secondo quanto stabilito a suo tempo dal Comando in Capo Alleato. Ciò in relazione ad un ordine della Missione Militare Alleata nell’isola, secondo il quale esse devono venir poste alle dipendenze del Comando francese come elementi lavoratori.

7 febbraio 1944
Il Capo della Missione Militare Italiana presso la A.C.C. al Comando Supremo
Il Generale Castellano riferisce circa i passi compiuti da lui in recenti colloqui coi Generali Wilson e Devers (rispettivamente Comandante in Capo e Comandante in seconda nel Mediterraneo) in merito alla nostra partecipazione alla guerra.

8 febbraio 1944
La A.C.C. al Capo di S.M. Generale Italiano
Vengono preannunziate direttive circa il prossimo impiego di truppe italiane.

17 febbraio 1944
La Commissione A.C. al Comando Supremo
Vengono segnalate le modifiche del Comando delle Forze Alleate alle direttive per le Forze Armate Italiane. In sintesi esse stabiliscono:
- forza presente, compresi CC.RR., non superiore ai 500.000 uomini di cui 390.000 dell’esercito;
- i magazzini italiani in Continente ed in Sardegna sono a disposizione della parte italiana;
- una divisione deve essere equipaggiata con riserve italiane e portata in linea in una data prossima;
- due altre divisioni tenute in Puglia ed in Calabria con compiti di sicurezza il cui impiego in operazioni va ritenuto possibile (totale forza delle tre divisioni non superiore ai 32.000 uomini);
- il resto dell’esercito italiano (“Sabauda” esclusa) rimane a disposizione del generale Alexander per le divisioni della Sardegna e del continente, in relazione al compito di sicurezza interna a nord della linea Napoli-Foggia;
- un elenco di reparti da mettere a disposizione degli Alleati entro febbraio e marzo per un complesso di 45.000 uomini e altra aliquota per dopo marzo, di 65.000;
- un trasporto mensile di 10.000 uomini dalla Sardegna.

Il Generale Duchesne preannuncia una riunione che sarà presieduta dal Generale Mac Farlane allo scopo di esaminare e discutere il programma in questione.

18 febbraio 1944
La Sottocommissione Alleata al Capo di S.M. Generale Italiano
Si comunica che la Divisione “Cuneo” sarà trattenuta in Palestina ed il suo personale impiegato parte come lavoratori e parte organizzato in compagnie genio zappatori; ciò è in contrasto con le precedenti intese intercorse in proposito tra il generale Soldarelli ed il generale Wilson che prevedevano l’impiego della Divisione come Grande Unità combattente.

27 febbraio 1944
Il Capo di S.M. Generale Italiano alla Commissione Alleata
Il Capo di S.M. rappresenta il caso della Divisione “Cuneo” pur non entrando in merito ai motivi che hanno causato un cambiamento nell’impiego cui le truppe dovevano essere destinate, fa rilevare come questi reparti non debbano essere considerati come prigionieri di guerra e propone il rimpatrio graduale, dati o gravi riflessi che detta decisione avrà sul morale delle truppe. La posizione dei militari della “Cuneo” è ancora oggetto di successivi molteplici interventi del Comando Supremo presso le Autorità Alleate, sia presso gli organi di governo, essenzialmente per la questione del loro status, modificato poi arbitrariamente da “cobelligeranti” a “prigionieri cooperatori”. Non si otterranno in proposito risultati positivi.

Cronologia della Guerra di Liberazione

IV Parte

1 Dicembre - 31 Dicembre 1943

Elenco cronologico dei passi svolti da parte italiana per il potenziamento dello sforzo bellico del paese in cooperazione con gli alleati.

Allegato 1 al volume presentato dal Ministero degli Affari Esteri nel 1946 per sostenere le ragioni dell’Italia alla Conferenza della pace.
“Il contributo italiano alla guerra contro la Germania”

Ministero degli Affari Esteri  Servizio Affari Generali – Ufficio Studi e Documentazione Roma 1946

4 dicembre 1943
Il Capo della A.C.C. al Comando Supremo
Si comunica che il punto di vista espresso dal Capo di S.M. Generale è stato reso noto al Comando in Capo Alleato.

11 dicembre 1943
Il Capo di S.M.Generale Italiano segnala alle Autorità Alleate che numerosi quadrupedi lasciati in Corsica dalle Unità italiane stanno morendo per denutrizione e per mancanza di cure; prospetta l’opportunità di esaminare se non sia il caso di farne restituire almeno una parte da utilizzare, sia per far fronte alle esigenze anglo-americane, sia per la ricostituzione delle Unità italiane.

13 dicembre 1943
Il Capo di S.M.Generale Italiano al Presidente della A.C.C.
In riferimento ad una richiesta di mortai da 81 e da 45 con relativo munizionamento, si fa presente che le truppe italiane, così menomate moralmente e materialmente, qualora fossero ulteriormente private del loro superstite materiale bellico, non sarebbero più in grado di assolvere bene i compiti ad essi affidati dal Comando in Capo Alleato; si chiede pertanto di voler riconsiderare detta richiesta.

17 dicembre 1943
Il Presidente della A.C.C. al Capo di S.M. Generale Italiano
Fa presente di avere inoltrato al Comando in Capo Alleato le osservazioni del Capo di S.M. Generale. Contemporaneamente segnala una nota di armi e munizioni da mettere subito a disposizione del Comando in Capo Alleato.

18 dicembre 1943
Il Capo di S.M. Generale Italiano al Presidente della A.C.C
Assicura di aver impartito disposizioni per la consegna delle armi e delle munizioni di cui all’ultima richiesta e contemporaneamente fa presente che in tal modo verrà compromessa la possibilità di far fronte anche ai compiti minimi previsti per l’Esercito Italiano dal promemoria della Missione Militare Alleata del 17 ottobre.

20 dicembre 1943
Incontro di S. Spirito
Ad esso presenziano tra gli altri, i Generali Eisenhower ed Alexander, ed i Marescialli Messe e Badoglio. Viene trattato l’argomento della maggior partecipazione italiana alle operazioni.

24 dicembre 1943
Il Capo di S.M. Generale Italiano al Presidente della A.C.C.
In relazione a nuove richieste alleate di quadrupedi, si fanno presenti le difficoltà nelle quali vengono a trovarsi le truppe italiane in corso di approntamento. Il. 6 gennaio il Generale Taylor comunica che, per necessità operative, non è consentito di recedere dalla richiesta.

mercoledì 13 luglio 2011

Cronologia della Guerra di Liberazione

   III Parte


1 Novembre - 30 Novembre 1943

Elenco cronologico dei passi svolti da parte italiana per il potenziamento dello sforzo bellico del paese in cooperazione con gli alleati.

Allegato 1 al volume presentato dal Ministero degli Affari Esteri nel 1946 per sostenere le ragioni dell’Italia alla Conferenza della pace.

“Il contributo italiano alla guerra contro la Germania”

Ministero degli Affari Esteri

Servizio Affari Generali – Ufficio Studi e Documentazione

Roma 1946



1^ novembre 1943

Il Capo di S.M Generale Italiano al Capo della Missione Militare Alleata

Circa una richiesta di approntare subito, per necessità della 5^ Armata, tutte le unità someggiate esistenti in Sardegna, se ne fanno presente i riflessi fortemente negativi sull’efficienza delle costituende unità dell’esercito, alle quali mancherebbero i quadrupedi per le artiglierie.



8 novembre 1943

Il Capo di S.M. Generale Italiano al Capo della Missione Italiana presso il Comando in Capo Alleato

Viene comunicato il nuovo ordinamento dell’Aeronautica e vengono date istruzioni di segnalare al Comando in Capo le possibilità di impiego delle forze Aeree Italiane e quelle di produzione di materiale aeronautico.

13 novembre 1943

Il Comando Supremo Italiano al capo della Missione Militare Italiana presso il Comando in Capo Alleato

Si richiedono chiarimenti per contrasti fra le disposizioni date dalla Missione Militare Alleata in Italia e le decisioni del Comandante in Capo Alleato circa il nostro concorso alle operazioni.



15 novembre 1943

Il Comando Supremo Italiano al Capo della Missione Militare Italiana presso il Comando in Capo Alleato

Istruzione di intervenire presso il Comando in Capo Alleato poiché, contrariamente a quanto esso aveva stabilito in precedenza, la Divisione “Cremona”, rientrando dalla Corsica, è stata costretta, dalla Missione Alleata stabilita in quell’isola, a lasciare anche i cannoni da 47-32.

L’azione slegata tra Comando in Capo e Missione Militare Alleata nuoce all’approntamento dei reparti, in quanto vengono tolti alle nostre disponibilità, materiali che dovrebbero servire per l’armamento delle unità richieste dal Comando Alleato stesso.



19 novembre 1943

Il Capo della Missione Militare Italiana presso il Comando in Capo Alleato al Comando Supremo Italiano

Nel riferire sulle trattative in corso per l’approntamento della Divisione “Legnano”, comunica che molte difficoltà sono frapposte dagli Alleati per l’esecuzione di questo progetto già approvato.

Il Comando in Capo Alleato ordina intanto di sospendere ogni trattativa in merito.



23 novembre 1943

Colloqui tra il nuovo Capo di S.M. Generale Italiano, Maresciallo Messe, ed il Generale Joice, Capo della Commissione di Controllo Alleata

Il Maresciallo Messe nel riaffermare la volontà italiana di cooperare attivamente nel campo operativo e nelle retrovie, espone il suo punto di vista sui provvedimenti da prendere: in particolare chiede che gli americani vengano incontro alle nostre necessità, se non aiutandoci attivamente, per lo meno evitando di asportare i nostri materiali e restituendoci quelli già asportati.



24 novembre 1943

Le nostre questioni sono prospettate al Generale Taylor.



25 novembre 1943

Il Comando Supremo alla Commissione Alleata di Controllo

Si fa presente che le continue nuove richieste, da parte di vari Comandi anglo-americani, di armi e di munizionamenti italiani, provocano serio danno all’approntamento dei reparti italiani.



29 novembre 1943

Il Capo di S.M.Generale Italiano al Capo della A.C.C.

Si precisano gli intendimenti del Comando Supremo Italiano circa la completa collaborazione da dare agli anglo-americani nel senso già espresso nel colloquio del giorno 23. Si fanno nuovamente presenti le misure da emanare, per rendere più fattiva questa collaborazione.

Lo stesso giorno il capo do S.M.Generale Italiano rappresenta nuovamente al Generale Taylor come sia ardua la ricostituzione di grandi Unità Italiane date le difficoltà derivanti da continue richieste di personale e materiale da parte degli anglo-americani.

sabato 28 maggio 2011

8 settembre: una testimonianza



 Giuseppe Rossi

Ora che certi valori e certe memorie tornano ad essere presi in esame, mi sia permesso di esporre una testimonianza, un semplice ricordo di uno che c'era.

Giovane sottotenente di prima nomina (complemento), mi presentavo al IX Regg. Genio di Trani, dove arrivavo il 6 Settembre 1943, per essere assegnato poi ad un Btg mobilitato che si trovava a Bari. Tale reparto, dipendente dal 51° C.d.A., aveva il compito di distruggere, prima dell'arrivo dell'allora nemico, i porti di Bari (I e III Compagnia) e Manfredonia (II Compagnia). Venivo preso in forza il 9 Settembre, proprio mentre le Compagnie nel porto erano sotto l'attacco di truppe tedesche, entratevi probabilmente per anticiparne la distruzione. Nella difesa compiuta anche dai miei commilitoni, moriva tra gli altri il sottoten. Michele Chicchi (è nota in questo frangente l'azione compiuta, per coordinare la difesa, dal Gen. Bellomo, proposto per una decorazione).

Assistemmo da lì agli eventi di quei duri giorni.

Le truppe tedesche dislocate in Puglia inizialmente si allontanarono dirette a Nord (una parte attraversò la penisola per fronteggiare lo sbarco alleato a Salerno), ma dato lo sfaldamento dell'Esercito Italiano, ritornarono in breve a Sud e si attestarono a Trani (nel combattimento del 12 Settembre furono travolti i Comandi del IX Genio e del IX Artiglieria). Gli Inglesi erano intanto sbarcati a Taranto e lì si fermarono per organizzarsi e valutare il da farsi.

La situazione per alcuni giorni fu dunque questa: a Taranto (100 Km da Bari) gli Inglesi a Trani (40 Km da Bari) i Tedeschi, a Bari, ovvero in mezzo, gli Italiani; non più nemici i primi, non più àlleati i secondi, ma sicuramente temuti tutti e due, visto che non se ne conoscevano gli intenti. In questo contesto, per non saper nè leggere nè scrivere, l'artiglieria antiaerea di Bari prendeva a cannonate tutti gli aerei che arrivavano: ricognitori inglesi, tedeschi .... e persino quelli italiani che fuggivano dalla Balcania.

Al comando del magg. Podestà, il mio Btg. era accantonato fuori città, vicino a Carbonara di Bari; occupavamo un settore scorporato di un campo di concentramento di prigionieri di guerra slavi.

Per alcuni giorni, in questa terra di nessuno, la truppa continuò a recarsi al porto per riordinare e recuperare gli attrezzi e gli strumenti impiegati nell'opera di minamento (compressori, martelli perforatori, gruppi elettrogeni, ecc.), ma verso il 20 Settembre il battaglione si imbarcò su un treno e raggiunse Trani. E questo è il punto che mi parve curioso: non avevo ancora visto a Bari gli Inglesi, che sembravano ancora un pò indecisi a Taranto e noi.... ci andavamo in treno! Sembrava una normalità, che però evidentemente gli Inglesi non avevano preso in esame. (Anche con Trani d'altra parte funzionavano le ferrovie, tanto che alcuni ufficiali del IX Regg.to, sbandati dopo il disfacimento del Comando, arrivarono a Bari appunto in treno, per presentarsi al mio Btg., il 501).

Evidentemente il Comando britannico aveva chiesto a quello italiano la disponibilità di genieri e noi fummo immediatamente impiegati, cosa che mi fa ritenere che il mio reparto sia stato il primo gruppo organico italiano ad essere messo a disposizione dell'VIlI Armata.

A Taranto ci era stato assegnato il compito di allargare una strada secondaria che aggirava il Mar Piccolo e che consentiva perciò, da un lato, di unire le due parti della città evitando la strettoia del Ponte Girevole e dall'altro di avvicinare notevolmente l'aeroporto di Grottaglie, essenziale per l'attività aerea.

A fine Settembre, da Taranto raggiungemmo Foggia e da li risalimmo pian piano la penisola, sempre alle dirette dipendenze del Genio dell'VIlI Armata britannica. E i rapporti col Comando inglese si modificarono rapidamente; a mano a mano che migliorava la reciproca conoscenza, aumentavano la fiducia e la stima, tanto che a Natale '43 le relazioni personali e collettive erano di autentica alleanza.

Tale collaborazione continuò per tutta la durata della campagna. Insieme ad un altro Btg. si formò un primo Raggruppamento Italiano del Genio (al comando del Col.Tuzi) il quale, alle dirette dipendenze (quanto a impiego) del Comando Genio dell'VIlI Armata, risalì tutta la penisola, svolgendo i compiti tipici del Genio (lavori di ampliamento stradale, riattamento e ricostruzione ponti, sminamento, ecc.), a ridosso delle prime linee.

Eravamo con le nostre divise, con le nostre armi e con i nostri mezzi, praticamente alleati fin dal Dicembre '43, quando ci trovavamo tra Campobasso e Isernia; dipendevamo dall'VIlI Armata quanto a impiego e vettovagliamento (era stata inventata anche la "tabella italiana" per farci avere pasta, frutta e vino, ignoti agli inglesi e ai Polacchi con i quali fummo a contatto di gomito).

Mi sono dilungato nella descrizione della nostra situazione formale perché mi sembra sia stata piuttosto singolare. Non facemmo infatti mai parte del Corpo Italiano di Liberazione e successivamente non fummo incorporati nei Gruppi di Combattimento (che furono le due fasi della cobelligeranza), così come non fummo inquadrati nelle Divisioni Ausiliarie. Ho ritenuto quindi utile illustrare un tipo di cooperazione sfuggita ad ogni relazione, tanto piu' che sulle nostre vicende di "badogliani" è stato calato il più tenebroso silenzio, durato per decenni.

Nessuno di noi peraltro può dimenticare il dramma di quei mesi e non tanto per i pericoli e i disagi, che potevano essere superati con l'entusiasmo dei vent'anni e l'eccitazione di sentirsi partecipi di un evento epocale, quanto per le sofferenze morali derivanti da una guerra perduta, dalla nazione occupata, dalla guerra civile, dalla lontananza dalle famiglie con le quali era impossibile comunicare, dal timore per i pericoli (bombardamenti o ritorsioni politiche) che correvano i familiari.

Questi i sentimenti che accompagnarono quel periodo sicuramente irripetibile.

Io lasciai il servizio a fine Aprile '44 perchè ferito nelle vicinanze di Isernia.

Mi è sembrato giusto descrivere qualche particolare della mia esperienza di cui sono ovviamente fiero.

venerdì 20 maggio 2011

Polacchi: Testimonianze. Presentazione del Volume



26 MAGGIO 2011
ORE 19,00
 CHIESA DI SAN STANISLAO
VIA DELLE BOTTEGHE OSCURE 
 ROMA 



giovedì 21 aprile 2011

AUGURI 
 DI UNA BUONA PASQUA

sabato 9 aprile 2011

Cronologia della Guerra di Liberazione
Elenco cronologico dei passi svolti da parte italiana per il potenziamento dello sforzo bellico del paese in cooperazione con gli alleati.

II Parte

1 Ottobre - 30 Ottobre 1943
“Il contributo italiano alla guerra contro la Germania”
Ministero degli Affari Esteri
Servizio Affari Generali – Ufficio Studi e Documentazione
Roma 1946



1 ottobre 1943

Disposizioni per l’approntamento di due divisioni

In seguito alle dichiarazioni del Generale Eisenhower, il Comando Supremo dispone per l’approntamento di una divisione paracadutisti e di almeno due di fanteria; del Comando 51mo Corpo d’Armata e delle divisioni “Mantova”, “Piceno”, e “Legnano”.



3 ottobre 1943

Il Capo di S.M. Italiano al Capo della Missione Militare Anglo-Americana.

Si assicura che in base a quanto concordato nella riunione di Malta, si sta provvedendo alla preparazione di alcune divisioni scelte da impiegare al più presto in zona di operazioni. Per aumentare le possibilità di cooperazione, si rappresenta l’opportunità di costituire nuove Grandi Unità utilizzando prigionieri di guerra.



6 ottobre 1943

Colloquio a S. Spirito tra il Generale Alexander ed il Capo di S.M. Generale Italiano.

Il Generale Alexander prende atto dell’avvenuta costituzione del primo raggruppamento motorizzato, e si dichiara favorevole al ricupero di qualche altra unità.



9 ottobre 1943

Il capo della Missione Militare Anglo-Americana al Capo di S.M. Generale.

Si chiede da parte alleata che gli ufficiali e soldati italiani prigionieri siano autorizzati ad aiutare gli Alleati, a beneficio della causa comune, in servizi non di combattimento ma connessi con lo sforzo bellico.



10 ottobre 1943

Il Capo di S.M. Generale Italiano al Capo della Missione Militare Anglo-Americana

Il generale Taylor viene interessato perché sia revocato l’ordine alle truppe italiane in Corsica, che si devono trasferire in Sardegna, di cedere ai francesi armi, automezzi e munizioni. Si fa presente che ciò è in contrasto con le disposizioni per l’impiego delle truppe italiane nella penisola.



10 ottobre 1943

Il Sottocapo di S.M. Generale al Capo della Missione Militare Anglo-Americana

Si chiede il trasferimento dalla Sardegna nelle Puglie del 1^ Battaglione Arditi, particolarmente addestrato al sabotaggio.

Quantunque il trasporto possa avvenire con mezzi navali italiani, esso non sarà concesso che dopo successive insistenze, nel marzo 1944.



11 ottobre 1943

Il Capo di S.M. Generale Italiano al Capo della Missione Militare Anglo-Americana.

Viene comunicata l’adesione di massima del Governo italiano alla proposta alleata del 9 ottobre e, a tale scopo, si unisce una dichiarazione del Maresciallo Badoglio da far pervenire ai prigionieri. Con l’occasione, si insiste sul desiderio italiano affinché i prigionieri di guerra – specialmente quelli che si offrano come volontari – possano costituire vere e proprie unità combattenti.



13 ottobre 1943

Il Capo del Governo al Generale Eisenhower

Vengono comunicate le linee del programma tracciato dalla Stato Maggiore Generale Italiano nei riguardi delle Forze Armate da usare contro i tedeschi. Tra l’altro, il Maresciallo Badoglio così si esprime: “Ora che l’Italia ha dichiarato guerra alla Germania, se non si vuole che questo sia un semplice gesto platonico, bisogna che Voi prendiate in considerazione le nostre richieste in modo da mettermi in condizioni di dare un notevole concorso di forze alle armate ai Vostri ordini. Voi mi avete scritto che l’eventuale miglioramento delle condizioni di armistizio dipenderà dall’azione esplicita del Governo italiano. Ma se Voi non mi aiutate io non potrò esplicare che buona volontà”.



17 ottobre 1943

La Missione Militare Alleata al Capo di S.M. Generale Italiano.

Promemoria riguardante le Forze Armate Italiane, esclusa la Marina (per la quale vigono accordi precedenti).

In contrasto con le dichiarazioni del Generale Eisenhower a Malta, si fa sapere che, per difficoltà di comando, di alimentazione e di rinnovo, non è previsto l’impiego su vasta scala di truppe italiane combattenti, salvo la brigata rinforzata. Viene invece previsto l’impiego, come truppe ausiliarie, di circa 10 divisioni, oltre al concorso di unità del genio, dei collegamenti ed altre specializzate.

L’Aviazione italiana verrà impiegata nei Balcani.



18 ottobre 1943

Il Generale Taylor al Maresciallo Badoglio (Memorandum con cui viene comunicata la Dichiarazione Anglo-Americano-Sovietica in merito alla cobelligeranza).

La relazione di cobelligeranza fra il Governo dell’Italia ed i Governi delle Nazioni Unite non può di per sé intaccare (affect) le clausole recentemente firmate, che conservano il loro pieno vigore e potranno essere modificate (adjusted) mediante accordo fra i governi alleati in considerazione dell’assistenza che il Governo italiano potrà portare alla causa delle Nazioni Unite.



19 ottobre 1943

Il Capo di S.M. Generale Italiano al Capo della Missione Militare Alleata

In risposta al promemoria precedente si assicura che la collaborazione italiana in Italia e nei Balcani, continuerà nella maniera più intensa possibile. Si riconferma il desiderio italiano di poter partecipare alla guerra anche in una forma più diretta, e si chiede che possano essere trasferite nell’Italia continentale due divisioni di fanteria ed una di paracadutisti che si trovano in Sardegna.



22 ottobre 1943

Il Comando Supremo al Capo della Missione Militare Anglo-Americana

Viene proposta agli alleati l’utilizzazione di un battaglione arditi e due di mitraglieri.

Risposta negativa.



22 ottobre 1943

Il Comando Supremo al Capo della Missione Italiana presso il Comando in Capo degli Alleati.

Viene interessata la Missione Italiana presso il Comando in Capo Alleato affinché insista nel far presente quanto la collaborazione diretta, da noi offerta, sarebbe utile alla causa alleata. Si fanno presenti anche le possibilità di collaborazione dei prigionieri.



Ottobre 1943

Le nostre autorità intervengono più volte per ottenere la revoca, od almeno una attenuamento della disposizione secondo la quale le nostre truppe, che hanno cacciato i tedeschi dalla Corsica, debbono, nel rientrare in Sardegna, abbandonare ai francesi il proprio materiale di guerra.



29 ottobre 1943

La Missione Militare Italiana al Capo di S.M. Italiano

Promemoria nel quale si annunzia la richiesta da parte del Comandante in Capo Alleato, dell’approntamento immediato di una divisione alpina.



30 ottobre 1943

Il capo della Missione Italiana presso il Comando in capo Alleato al Comando Supremo Italiano

Il Generale Castellano riferisce sui tentativi fatti anche da parte sua in merito alla costituzione di reparti operanti italiani. Tratta anche della questione dei prigionieri , facendo presente che il loro trattamento da parte americana è ottimo, meno buono da parte degli inglesi, assolutamente inumano da parte dei francesi, sui quali anche il Generale Eisenhower ha dovuto fare forti pressioni onde indurli ad un diverso atteggiamento.



31 ottobre 1943

Il Capo di S.M. Generale Italiano al Capo del Governo

Di fronte al persistere del duplice atteggiamento anglo-americano, consistente nell’insistere, da un lato, nella propaganda al combattimento, e nel ridurre, dall’altro, il nostro apporto ostacolandolo in tutte le maniere, il Capo di S.M. Generale chiede che la questione sia trattata dal Governo, al di fuori della Missione Militare dei Comandi Alleati locali.

martedì 5 aprile 2011

Cronologia della Guerra di Liberazione
I Parte


10 settembre -30 settembre 1943


Elenco cronologico dei passi svolti da parte italiana per il potenziamento dello sforzo bellico del paese in cooperazione con gli alleati.

Allegato 1 al volume presentato dal Ministero degli Affari Esteri nel 1946 per sostenere le ragioni dell’Italia alla Conferenza della pace.


“Il contributo italiano alla guerra contro la Germania”

Ministero degli Affari Esteri
Servizio Affari Generali – Ufficio Studi e Documentazione
Roma 1946

10 settembre 1943

Il Generale Eisenhower al Maresciallo Badoglio

Messaggio col quale il Capo del Governo viene invitato ad orientare la nazione in senso avverso ai tedeschi. Il Generale Eisenhower afferma che l’intero futuro e l’onore dell’Italia dipendono da ciò che le sue forze armate sono pronte a fare.


10 settembre 1943

Il Maresciallo Badoglio al Generale Eisenhower

In risposta al messaggio precedente, il Capo del Governo assicura di avere già disposto perchè le Forze Armate Italiane agiscano con vigore contro i tedeschi ed annunzia la diramazione di un messaggio del Re e di un suo proclama alla Nazione. Chiede sia inviato a Brindisi un ufficiale alleato di collegamento e sollecita un concorso rapido e potente degli Alleati.


13 settembre 1943

Il Comando Supremo Italiano al Generale Castellano, Capo della Missione Italiana presso il Comandante in Capo Alleato.

Si fa presente l’effetto deprimente provocato nel popolo italiano dalla pubblicazione, fatta da parte tedesca, delle condizioni di armistizio. Si chiede che venga chiarito che le condizioni della nostra pace saranno in funzione del nostro apporto alla guerra contro i tedeschi.



12 settembre 1943

Il Presidente Roosevelt e il Primo Ministro Churchill al Maresciallo Badoglio.

Messaggio d’incoraggiamento al popolo italiano. Promessa di una rapida liberazione dell’Italia ed assicurazione di un posto degno tra i vecchi amici dell’Italia.

13 settembre 1943

Il Maresciallo Badoglio al Presidente Roosevelt e al Primo Ministro Churchill

Risposta al messaggio precedente. Si assicura che tutto il possibile è e sarà fatto da parte del Popolo Italiano e delle Forze armate.



13 settembre 1943

Il capo del Governo riceve l’ammiraglio Power al quale consegna la risposta precedente.

Nel colloquio che ne segue, l’Ammiraglio si dichiara lieto del comportamento della flotta italiana e riafferma la necessità che altre forze armate si affianchino agli Alleati per cacciare i tedeschi dall’Italia.



14 settembre 1943

Colloquio del Capo di S.M. Generale italiano con i Generali Mason, Mac Farlane e Taylor della Missione Alleata.

Vengono trattati vari argomenti: tra l’atro il capo di S.M. Generale fa presente nuovamente che i tedeschi si stanno impadronendo delle Isole Jonie e dalmate, minacciano la Corsica e l’Elba, hanno occupato Rodi e sono in procinto di attaccare Lero, sollecita pertanto una rapida azione alleata. Circa il modo in cui le forze italiane disponibili potranno collaborare con le forze alleate, il Capo di S.M. Generale Italiano rappresenta le necessità, in materiale e armamenti, ed espone alcune idee sulle operazioni che sarebbe bene compiere per la cacciata dei tedeschi dall’Italia e il recupero delle forze italiane dislocate in territori extrametropolitani.



15 settembre 1943

Il Comando Supremo al Generale Mac Farlane

Appunto sulla propaganda fatta dai tedeschi circa l’armistizio. Richiesta che da parte Alleata si faccia conoscere che l’applicazione delle clausole d’armistizio è subordinata al contegno italiano, e che gli italiani hanno virilmente agito contro i tedeschi.

Durante tutto il mese di settembre l’azione del comando Supremo tende in modo particolare ad ottenere che gli Alleati intervengano a sostegno delle truppe italiane che combattono in Balcania, nelle isole Jonie e dell’Egeo, in Corsica; o quanto meno, sia concesso inviare dalla Madre Patria tutti quegli aiuti che la situazione permette. Gli Alleati, non solo non intervengono, ma non consentono nemmeno che da parte italiana s’inviino quegli aiuti – particolarmente aerei e navali -che sarebbe possibile inviare.



19 settembre 1943

Colloquio del Capo di S.M. Generale Italiano con il Comm. Stone ed il Generale Mac Farlane.

Il generale Ambrosio insiste sulla necessità di agire al più presto con la propaganda e soprattutto con l’attività operativa.

Riafferma la convenienza di uno sbarco a sud di Ancona o, comunque, di operazioni che accelerino l’occupazione dell’Italia, tenendo presente che, nell’l’Italia settentrionale, si trovano le nostre industrie e che ivi sono aerei, navi mercantili e da guerra in costruzione.



21 settembre 1943

Il Generale Mac Farlane, capo della Missione Militare Alleata presso il Governo Italiano al Maresciallo Badoglio.

Comunica verbalmente che per ordine superiore, le truppe italiane non avrebbero più dovuto partecipare a combattimenti fino a nuovo ordine.



21 settembre 1943

Il Maresciallo Badoglio al Comandante in Capo Alleato.

Riferendosi alla comunicazione orale del Generale Mac Farlane, telegrafa ribadendo la decisione delle truppe italiane nel volere continuare a partecipare alla lotta contro i tedeschi.

Nessuna risposta viene data a tale telegramma.



22 settembre 1943

Il Maresciallo Badoglio al Generale Castellano, capo della Missione Italiana presso il Comandante in Capo Alleato.

Istruzione di intervenire presso il generale Eisenhower protestando contro la disposizione alleata secondo la quale il 50mo corpo d’armata italiano dovrebbe avere ormai solo compiti di retrovia.

Si insiste sul fatto che gli italiani vogliono concorrere col loro sangue alla liberazione del loro paese.



24 settembre 1943

Comunicazione del Generale Mac Farlane

Gli Anglo Americani autorizzano l’impiego di un raggruppamento motorizzato italiano che dovrà essere pronto entro il 30 settembre.

L’approntamento si svolge in mezzo ad enormi difficoltà in quanto gli alleati stessi, a diverse riprese, requisiscono, bloccano o asportano i materiali coi quali si dovrebbe equipaggiare il raggruppamento.



29 settembre 1943

Convegno di Malta

Il Generale Eisenhower invita il Governo Italiano a dichiarare guerra alla Germania, afferma di essere favorevole all’approntamento di divisioni italiane da far combattere contro i tedeschi, e promette di aiutarne l’equipaggiamento con la preda bellica.



30 settembre 1943

Il Capo di S.M. Generale Italiano al Capo della Missione Militare Anglo-Americana.

Viene consegnato un promemoria (che avrebbe dovuto essere trasmesso il giorno precedente a Malta, e non lo fu perché non lo consentì l’andamento della discussione) nel quale è nuovamente prospettata la necessità di ricostruire l’Esercito Italiano che potrebbe così dare un notevole contributo alla causa delle Nazioni Unite. Con un modesto concorso anglo-americano in automezzi per tre divisioni, si potrebbe approntare subito un armata di circa 10 divisioni; a sostegno di ciò si fa osservare che le nostre unità hanno già operato ed operano in cooperazione con gli anglo-americani, in Sardegna, in Corsica e nell’Egeo.

Il promemoria non ottiene alcuna risposta diretta.

per informazioni ed approfondimenti: ricerca23@libero.it



lunedì 21 marzo 2011

“Non si parte!”
Il movimento di renitenza alla leva nel Regno del Sud

Gioconda Bartolotta

Il 23 novembre 1944 viene pubblicato sui quotidiani l’annuncio del bando di “Presentazione alle armi “ per i giovani delle classi dal 1914 al primo scaglione di quella del 1924, rispondente all’esigenza di completare l’organico delle forze impegnate sul campo e che avrebbe dovuto trovare realizzazione a cominciare dal Lazio e dalla Campania per concludersi in Sicilia. Si trattava in sostanza di continuare nell’azione di ricostituzione dell’esercito, intrapresa dal governo subito dopo il trasferimento a Brindisi, che si era resa necessaria in seguito allo sbandamento dei soldati dopo l’annuncio dell’armistizio .

In Sicilia, però, la reazione al provvedimento in questione non si fece attendere e, sui muri di ogni centro dell’isola, presero a comparire scritte di aperta disapprovazione per lo stesso, cui presto si accompagnò la diffusione di manifesti che sollecitavano a non rispondere al richiamo e nei quali si sottolineava il bisogno, che la Sicilia stessa aveva, di giovani di cui servirsi per ricostruire quanto era andato distrutto e per rifondare su valori nuovi e diversi lo spirito della sua popolazione martoriata dal recente conflitto. Era dunque impensabile, in una situazione del genere, che questi accettassero di buon grado di andare in guerra.

Alla necessità dello Stato di tenere fede agli impegni contratti con gli Alleati, con la quale pure si voleva giustificare il richiamo alle armi, si rispondeva che comunque la nostra era una nazione vinta e che quegli stessi Alleati che ci avrebbero potuto aiutare a ricostruirla “(...) non possono dimenticare - e a ragione - che fra loro e noi c’è un taglio più forte di loro stessi (...) aperto col sangue dei caduti loro in tre anni di guerra“ . Considerazione amara e polemica dalla quale pare trasparire una non totale fiducia a proposito del reale atteggiamento che gli Alleati potevano adottare nei nostri confronti.

Di diverso tono il contenuto di un volantino, ritrovato vicino Palermo, diffuso da un gruppo di studenti, nel quale si sottolineava che le condizioni poste con l’armistizio dell’8 settembre erano così indegne per il fiero popolo italiano che questo non avrebbe dovuto legittimarle presentandosi alle armi, essendo unica condizione valida per tornare a combattere che l’Italia venisse riconosciuta come un vero e proprio paese alleato .

Un manifesto rinvenuto ad Agrigento poneva l’accento sul fatto che l’Italia - come già era stato annunciato - avrebbe dovuto subire forti perdite territoriali, una volta terminata la guerra, e questa era una prospettiva che - al pari di tante altre - non poteva certa essere considerata come favorevole, ai fini della presentazione alle armi .

Molto forte l’attacco contenuto in un altro manifesto ritrovato, anche questo, a Palermo: “ (...) l’infame nemico di ieri e di sempre ricco di dollari e di sterline ha bisogno di carne da cannone per risparmiare i suoi preziosi soldati. Al solito i vilissimi nostrani che hanno impedito ai valorosi soldati italiani di conquistare la vittoria, vorrebbero mandare a morire per la grandezza dell’America e della Inghilterra la nostra gioventù (...)“.

La matrice politica di quest’appello è più immediatamente individuabile che nei precedenti, leggendosi ad un certo punto “ (...) I fratelli del Nord si accingono a venire a liberarvi. E’ questione di qualche mese e sarà la vera liberazione (...)“ . Nel considerare quanto accadde tra il 1944 ed il 1945 in Sicilia non si può infatti sorvolare sul ruolo svolto in proposito dai fascisti che, nel malcontento popolare, speravano di trovare terreno fertile per il progetto di una loro riorganizzazione, ora che il duce, libero e a capo della RSI sostenuta dai tedeschi, aveva ripreso fiato ed annunciava potersi ancora, sul fronte bellico, “ristabilire in un primo tempo l’equilibrio e successivamente la ripresa delle iniziative in mano germanica“ , il che avrebbe dovuto avere conseguenze facilmente intuibili sulle sorti politiche italiane .

Per diverso tempo, la contestazione mantenne un carattere non violento ma, in seguito, degenerò in atti che di pacifico avevano ben poco. Così il 14 dicembre la popolazione insorge a Catania, in risposta all’uccisione di un giovane dimostrante, colpito dal fuoco dei militari .

Il “ Tempo “ del 15 dicembre 1944 titola: “Manifestazioni di studenti contro il richiamo alle armi - Molti edifici pubblici tra i quali il Municipio, il Tribunale , e l’Ufficio Leva incendiati “.

L’insurrezione continua fino al giorno successivo, quando esercito e polizia riassumono finalmente il controllo della situazione.

Diversi quotidiani si occuparono di tale episodio sia ricostruendone la dinamica che commentandolo nel merito, seguendo, nel far ciò, una linea comune, ponendo cioè l’accento su quanto importante fosse in quel momento “la ricostruzione del paese “cui bisognava che tutti contribuissero senza lasciarsi andare a gesti istintivi ed incontrollati .

In relazione ai fatti accaduti, il 15 dicembre era intervenuto anche il C.L.N. della provincia che, nell’esprimere tutto il suo sdegno per quanto avvenuto, poneva l’accento sull’operato “(...) degli elementi separatisti in combutta con gli affini superstiti del fascismo (...)” la cui azione era certo tesa a “(...) creare imbarazzi e difficoltà ai movimenti politici ansiosi di lavorare per la ricostruzione materiale e morale del paese (...)“. Si invitava pertanto la popolazione a mantenersi estranea a tali indegni propositi .

Il punto sui disordini cittadini viene fatto anche in un articolo de “L’Unità” – sempre del 15 dicembre – in un trafiletto del quale si riporta un comunicato diramato dall’ufficio stampa della Presidenza del Consiglio che “(…) deplora il tentativo di sabotare la guerra liberatrice, tanto più esecrabile ove si consideri che nel resto d’Italia l’arruolamento procede regolarmente e che nelle regioni ancora occupate i patrioti offrono spontaneamente il loro contributo di sangue e di martirio nell’impari lotta contro il nemico (…)” e che si conclude con un appello alla “(…) generosa popolazione siciliana perché, raccolta nelle sue organizzazioni politiche e sindacali, collabori con le pubbliche autorità per mantenere nell’isola le nobili tradizioni di solidarietà nazionale (…)” .

Nello stesso periodo violenti scontri si ebbero anche in altre zone dell’isola, nonostante l’Alto Commissario per la Sicilia - nel tentativo di prevenire ulteriori disordini - avesse disposto il divieto di riunione e di assembramento nei luoghi pubblici e presto la rivolta popolare si estese a ben cinque province dell’isola.

Uno dei luoghi più “caldi” fu certamente Ragusa, dove, dopo l’arrivo delle prime cartoline di richiamo, la popolazione venne chiamata ad una riunione e si procedette ad istituire un comitato che elaborasse un piano di azione. Tra i motivi che spingevano i richiamati ragusani a non presentarsi alle armi era di non poco conto il fatto che molti di loro avevano in precedenza militato nelle fila degli armati della RSI - anzi Ragusa, per la resistenza opposta al governo, sembra essersi meritata la medaglia d’oro della Repubblica di Salò - e pertanto, ora, ritenevano di non poter rispondere ad una “(...) assurda e mostruosa chiamata, che doveva schierarli contro quegli stessi uomini con i quali avevano condiviso le ansie, le trepidazioni, i dolori e le sofferenze di una guerra che assieme avevano voluto e combattuto (...)”. Anche in questo caso l’esito era scontato, grazie all’intervento repentino ed efficace delle forze di polizia. La città fu riconsegnata all’ordine e si avviò subito il rastrellamento dei quartieri nei quali aveva avuto origine la sommossa, tra cui quello divenuto famoso de “I mastri dei carretti” che era stato “(...) il primo a sentire il grido dei Non si parte (...)” . L’operazione si concluse con l’arresto di molti dei protagonisti dei moti e con il loro invio al confino nell’isola di Ustica, che poterono abbandonare solo nel luglio 1946 in seguito all’amnistia disposta dalla Repubblica .

A dicembre anche Palermo insorge. La sommossa palermitana aveva, però, avuto un drammatico precedente nella strage del 19 ottobre 1944, quando i soldati – pure in seguito ad una aggressione di cui vennero fatti oggetto – spararono sulla folla che manifestava contro il carovita in contemporanea con lo sciopero degli impiegati comunali. Due mesi dopo, il 15 dicembre 1944, studenti universitari manifestarono contro il richiamo alle armi, contestazione che venne subito negativamente giudicata e dal C.L.N. e dalla locale sezione del Movimento Giovanile Comunista .

A leggere però il numero del “ Popolo “ del giorno successivo sembra che la sommossa di Palermo - anch’essa inevitabilmente degenerata in fatti di sangue - si sia distinta da quella di Catania per aver avuto, quest’ultima, un carattere più politico - la reazione contraria ai richiami, appunto- che non la prima, per lo scoppio della quale decisiva sarebbe stata “(...) la fame, dovuta al prezzo governativo del pane (...)” .

Lo stesso articolista afferma inoltre che di una tale situazione avrebbero approfittato tanto i fascisti quanto i separatisti, per favorire i loro reciproci e, in certi casi, convergenti interessi, sobillando la pubblica opinione e spronando il popolo alla rivolta.



Il ruolo del separatismo



Tra i separatisti c’erano delle componenti il cui primario intento era quello di non consentire lo sviluppo ulteriore dei partiti impegnati nella guerra che si facevano portatori di istanze popolari e che così grande consenso erano già riusciti a conseguire tra le masse.

Nel movimento separatista – che sembra, però, fosse riuscito a trovare sostenitori anche fra gli studenti, “(…) per un malinteso spirito di orgoglio regionale” - militavano infatti per lo più elementi della grande borghesia agraria, la cui preoccupazione principale era la difesa del diritto di proprietà il che, evidentemente, li rendeva “nemici naturali“ del partito comunista che tanta parte ricopriva nella guerra di liberazione - e che in Sicilia era il più grande partito di massa - lasciando così supporre che , una volta che il governo dell’Italia liberata fosse riuscito ad estendere la sua giurisdizione sul resto del paese, questo si sarebbe visto riconosciuto il contributo a ciò fornito con “ricompense “ di natura politica .

Col nuovo Alto Commissario per la Sicilia, Aldisio - che sostituiva l’ex Prefetto di Palermo, Francesco Musotto, che della stessa carica era stato in precedenza investito su decisione degli Alleati e che si distingueva dal primo per le sue simpatie socialiste - era giunta al potere la Democrazia Cristiana il che si ritenne potesse aprire delle strade ad un’azione anticomunista svolta, come dice La Morsa, “dall’interno attraverso azioni più o meno indirette“ . In tal modo, offrendo ai grandi proprietari una garanzia al mantenimento del proprio status economico - il che aveva una valenza politica rilevantissima, dato chepermetteva di incanalare e di controllare le tendenze eversive che questi, con la loro presenza nel movimento separatista, sembravano sostenere - si rendeva possibile adottare, ora, nei confronti del separatismo una politica di opposizione più decisa e severa rispetto a quanto non si fosse potuto fare con Musotto il quale - per ovvie ragioni politiche - non poteva che mostrarsi disponibile ad una azione cauta e di compromesso . Sul tema del separatismo interviene in quei giorni la “Voce Repubblicana“ che nel precisare come “(...) il nome stesso del movimento separatista è un errore, tanto più grave perchè per molti è un equivoco (...)“, ridimensiona - o almeno tenta di farlo - il carattere di estremismo per cui il movimento si era distinto.

L’autore dell’articolo in proposito sostiene che il sentimento diffuso nell’isola è quello repubblicano, non volendo più la Sicilia sentire parlare di Savoia e di monarchia, chè le ricordano una gestione accentratrice e “coloniale “, un regime ed una guerra che le ha portato solo lutti.

Era da questa istituzione, deludente e poco responsabile, che ci si doveva allontanare e non dall’Italia.

E’ certo, comunque, che il Governo dell’Italia liberata prese atto dell’insofferenza che cresceva nell’isola a riguardo e dell’esigenza, che andava facendosi sempre più sentita, di affidarne l’amministrazione non più ad autorità a tale scopo inviate in Sicilia in rappresentanza dello Stato centrale ma a personale del luogo che, della propria terra, conoscesse tutte le ricchezze, i problemi e le potenzialità . Per quanto riguarda nello specifico il movimento separatista propriamente inteso, è certo che i suoi membri agirono da protagonisti nelle vicende successive al richiamo alle armi, addirittura traendo dalle sollevazioni popolari tanto di quel vigore che si impegnarono nella loro causa fino ad arrivare al punto di poter da lì a poco - queste le voci che circolavano - giungere a proclamare l’indipendenza dell’isola .



Le repubbliche del 1944 – 45. La Repubblica di Comiso



Così a Comiso, dove sembrava che i tempi fossero ormai maturi perchè si potesse realizzare il progetto - preparato già da tempo - dell’on. La Rosa che aveva cercato e trovato l’appoggio dei separatisti del luogo per far partire, non appena ci fosse stato il richiamo alle armi, una rivolta che si sarebbe poi dovuta estendere al resto della Sicilia.

E così nel dicembre del 1944, gli studenti del paese, ricevuta la cartolina di richiamo, iniziarono una protesta nella quale subito coinvolsero il resto della popolazione che prese a guardare ad essi come a dei “benemeriti “.

Vennero organizzati comizi e dimostrazioni in cui i giovani intervenivano facendosi portatori del sentimento di delusione che tanti aveva assalito al momento dell’annuncio, da parte del Governo, del cambiamento di fronte. Ed ora finalmente, anche per quanti ritenevano che i morti amaramente pianti, la fame e gli stenti giustificassero la protesta molto più di qualunque scelta politica - per quanto non condivisibile essa fosse - era arrivato il tempo di ergersi contro chi a quelle durissime condizioni di vita li voleva ulteriormente costringere, piuttosto che agire concretamente per porvi rimedio.

Fu anzi addirittura necessario che gli studenti, ritenendo che non fosse ancora il momento giusto, placassero gli animi di tutti quelli che, esasperati, avrebbero voluto subito ricorrere alla forza.

Niente fu lasciato al caso. Si procedette a rifornire gli uomini di tutte le armi, di ogni specie, che fu possibile rastrellare, “(...) la città fu divisa in zone e gli uomini inquadrati nelle squadre cittadine che dovevano controllare tutta l’attività e costituire l’esercito permanente della Repubblica di Comiso (...)“ .

Venne istituito un “ Comitato del Popolo” che dichiarò decaduta l’autorità dello Stato e costituita, di contro, la Repubblica di Comiso alla quale sembra che Mussolini avrebbe conferito la medaglia d’argento della RSI .

Per diversi giorni i comisani riuscirono a respingere tutti i tentativi fatti dai militari di riconquistare le loro posizioni e ripristinare l’ordine pubblico nel paese. Tutto questo sarebbe costato ai ribelli morti e feriti ma ciò non li fece desistere dall’intento di impedire il rientro ai “(...) soldati di un Governo che aveva prostituito il Paese allo Straniero (...)“ tanto più che si sperava, sempre stando alla ricostruzione fornita da Cilia, in un repentino intervento delle forze del Nord .

Arrivò tuttavia il momento della resa. La prospettiva di vedere il paese raso al suolo, come era stato minacciato, costrinse i comisani a considerare più oculatamente il da farsi. Venne costituito pertanto un comitato parlamentare che avrebbe dovuto “(...) trattare un armistizio dignitoso e giusto (...)“. Non fu tuttavia possibile realizzare tale proposito ponendo la controparte, come unica condizione alla rinuncia a rappresaglia nei confronti della popolazione, l’accettazione della resa incondizionata.

Nel pomeriggio del 10 gennaio le forze governative rientrarono a Comiso , senza peraltro che agli abitanti venisse risparmiata - come pure era stato promesso - una violenta persecuzione che portò in carcere la gran parte di quanti avevano partecipato ai moti e costrinse molti giovani a presentarsi alle armi .



La Repubblica Popolare di Piana degli Albanesi



Anche a Piana degli Albanesi, il 31 dicembre del 1944, era stata proclamata la “Repubblica Popolare” ad opera di Giacomino Petrotta che, nella neo-proclamata repubblica, si avvalse anche dell’ accondiscendenza del Sindaco - che conservò la sua carica perchè favorevole al nuovo assetto istituzionale che era venuto configurandosi - per il compimento di alcuni atti di chiara ingerenza nella pubblica amministrazione e che si sostanziarono, ad esempio, nell’impedire oltre l’espletamento delle proprie funzioni a quanti non erano graditi specie per la loro precedente militanza fascista.

Tutto ciò fino alla fine di febbraio del 1945 quando, con l’arrivo in forza dei militari, l’ordine pubblico venne ristabilito e la repubblica soppressa . Pure, in quei cinquanta giorni l’esperienza repubblicana venne compiutamente realizzata perchè “(…) le masse sono armate, il medio ceto è legato più o meno di propria volontà agli obiettivi egemonici del popolo, perché è impedita la leva militare e resa realmente obbligatoria per gli agrari la consegna del grano ai magazzini popolari a favore delle masse più povere ed affamate (…)” .



Le conseguenze della mancata risposta al richiamo e i problemi posti nel caso di presentazione alle armi.



Questa dunque la situazione in Sicilia, fra il 1944 ed il 1945.

Ma l’ondata di contestazione al provvedimento di richiamo investì tutte le zone della penisola che da esso furono interessate e, di ciò, dovettero prendere atto le autorità competenti investite del compito di presiedere alla presentazione alle armi.

Nei rapporti inviati dalle Regie Prefetture al governo si documenta con precisione questo stato di cose sottolineando anche che la mancata risposta all’appello ben si comprendeva, ”(...) essendo facilmente intuibili gli ulteriori sacrifici cui andrebbe incontro il popolo con una più larga partecipazione alla guerra, mentre assai deboli sono le illusioni di effettivi benefici, basate solo su promesse rimaste aleatorie, non essendo ancora stato assunto dagli Alleati nessun preciso impegno al riguardo (...)” . E’ da sottolineare inoltre che la resistenza opposta al richiamo alle armi poteva finire coll’arrecare un danno all’immagine dell’Italia, già duramente penalizzata nella partecipazione alle operazioni di guerra, “(…) nella considerazione degli Alleati” .

La mancata affluenza di grandissima parte dei richiamati rappresentava, tuttavia, un enorme perdita , in termini di potenziale, per l’esercito tanto che il Ministero della Guerra si vide costretto, ai primi di gennaio del 1945, a ripresentare il bando, stabilire nuovi termini per la presentazione e promettere che non si sarebbe dato corso ad alcun procedimento penale per quanti non avevano ancora risposto al richiamo purchè, ovviamente, decidessero di farlo allora .

La nuova chiamata del gennaio 1945 riguardò anche il secondo scaglione della classe 1924 ed il primo di quella 1925 - ultima classe utile per la leva- nel tentativo di rimediare alla scarsa affluenza in precedenza registrata.

Ma ancora una volta non si ottennero i risultati sperati tanto che, nel febbraio dello stesso anno, un generale dello Stato Maggiore auspicava, per porre finalmente riparo a questa situazione, il ricorso a soluzioni drastiche che avrebbero dovuto colpire direttamente la massa dei richiamati distogliendoli dal proposito, eventualmente maturato, di opporre resistenza al provvedimento prospettando loro, come conseguenze di tale malaugurata decisione, la cancellazione dalle liste politiche o l’eliminazione dagli studi.

C’erano però anche problemi di altro genere da affrontare, che riguardavano quanti, invece, ai bandi di richiamo decidevano di rispondere, presentandosi così ai distretti.

Da alcuni telegrammi, inviati nel febbraio 1945 alle autorità competenti dall’Alto Commissario Aldisio, si desume che il trattamento ad essi riservato nei campi di raccolta non era certo tale da confermarli nella scelta fatta né, tantomeno, tale da poter incentivare altri richiamati a partire, in tal modo ponendo, evidentemente, nel nulla gli sforzi operati dalle autorità civili e militari in questa direzione.

Così, ad esempio, il 27 gennaio 1945 “(...) disertarono dal campo affluenza Afragola - nel quale i volontari si trovavano in pessime condizioni: il campo era allagato e loro non erano neanche stati forniti dei necessari “indumenti militari”- circa mille richiamati siciliani su milleduecento colà affluiti dal 15 gennaio detto (...)” .

Era naturale, dunque, che Aldisio avvertisse la necessità - testimoniata dalla qualifica di “precedenza assoluta su tutte le precedenze assolute” al telegramma da lui in proposito inviato - di informare chi di dovere su quanto stava accadendo, chiedendo un intervento immediato perché “(...) incidenti simili siano evitati curando affettuosamente i richiamati (...)” .







Conclusioni





Il quadro che emerge dall’analisi delle vicende registratesi in Sicilia tra la fine del 1944 e l’inizio del 1945, non sembra essere minimamente rispondente all’idea, che generalmente si è abituati a condividere, di un movimento resistenziale che ha visto impegnati sul fronte della lotta contro il nazifascismo tutte le forze “vive e sane” del nostro paese e a cui sarebbe stato dato un sostanziale apporto dalle masse popolari, spontaneamente impegnatesi nella lotta contro il tedesco invasore e nell’estirpazione della “mala pianta” del fascismo. L’Italia dell’ultimo anno di guerra fu, invece, anche il Paese dei renitenti alla leva, delle donne pronte a sfidare le autorità per impedire la partenza per il fronte dei loro figli e dei loro compagni, di quanti vivevano la frustrazione conseguente alle misere condizioni di vita cui erano costretti, di quanti si mantennero estranei all’attivismo politico, perché ormai convinti dell’inutilità di continuare a riporre fiducia in coloro che si proponevano per l’amministrazione della cosa pubblica, ogni volta promettendo risposta alle istanze più urgenti dell’isola che restavano però sistematicamente irrisolte, di quanti, invece, alla vita politica parteciparono in prima persona, tentando però la via delle Repubbliche popolari in polemica – e a volte violenta – replica all’immobilismo delle autorità competenti. Tutto ciò a riprova dell’esistenza di una situazione diversa da quella largamente propagandata e che però, non per questo, sembra essere meno attendibile pur essendo meno eroica e meno adatta alla costruzione del mito della partecipazione di massa per la rinascita del Paese alla vita democratica.

Le motivazioni con cui si giustificava la renitenza alla leva erano principalmente di carattere pratico, mentre ruolo minore sembrano aver avuto quelle di carattere essenzialmente politico ed ideologico. In tali condizioni non sembra possibile considerare disonorevole la decisione di anteporre le preoccupazioni quotidiane, gli affetti e gli interessi personali al dovere di continuare a combattere. Quella in cui fino ad allora ci si era impegnati era stata una guerra che aveva arrecato solo lutti e miserie, e sul prosieguo della quale non si era autorizzati a nutrire speranze di positivi esiti.

La volontà di proporre, come alternativa alla continuazione della guerra stessa, l’impegno per la ricostruzione civile ed economica della propria terra era lì a testimoniare il dinamismo e non l’inerzia, la determinazione e non la mancanza di volontà di quanti ritenevano fosse giunta l’ora di offrirle, finalmente, nuove opportunità.