domenica 2 giugno 2019
.Via Rasella La Rappresaglia. Le Fosse Ardeatine 1944
A perenne ricordo
del crudele massacro, perpetrato dai nazisti a Roma il 24 marzo 1944 nelle cave
di pozzolana della Via Ardeatina, è stato creato,il Sacrario delle Fosse
Ardeatine, solennemente inaugurato nel 1949 in occasione del quinto
anniversario della strage.
Il grandioso
monumento, pur nelle semiplicità ed austerità della sua linea architettonica, è
straordinariamente eloquente. Esso abbraccia in un solo complesso: le grotte,
nelle quali venne consumato l'eccidio; il Mausoleo, ove sono raccolte le salme;
il gruppo scultoreo, che sintetizza espressivamente la tragedia dei 335
martiri.
La sistemazione
monumentale delle Fosse Ardeatine è stata realizzata dagli architetti Giuseppe
Perugini, Nello Aprile e Mario Fiorentini, nonchè dagli scultori Mirko
Basaldella e Francesco Coccia.
IL PIAZZALE
D'ACCESSO
Si entra alle
Fosse Ardeatine attraverso una monumentale cancellata in bronzo dello scultore
Mirko Basaldella, capolavoro di spiccato espressionismo, in cui l'avviluppo
contorto degli elementi documenta figurativamente l'orrore umano di quella
spaventevole tragedia.
Il piazzale
d'accesso, dedicato alle vittime della strage di Marzabotto, è delimitato di
fronte ed a destra dalla collina ove si stagliano le pareti verticali della
vecchia cava ardeatina; a sinistra, quasi in prosecuzione della collina, il
Mausoleo con l'immensa pietra posata sulla Cripta ove sono raccolte le 335
tombe. Vicino all'ingresso campeggia il gruppo scultoreo in travertino di
Francesco Coccia, eretto sul basamento di materiale lapideo tufaceo proveniente
dalle cave di Montecompatri. In alto ed al centro spiccano, tra il verde, la
croce di Cristo e la stella di David.
A sinistra dell'ingresso
alle Grotte, una lapide riporta il lungo elenco delle Città decorate di
Medaglia d'Oro al valor militare, con le motivazioni raccolte nello schedario a
libro.
Sull'altra grande
lapide è scolpita una solenne epigrafe.
LE GROTTE DELLA
STRAGE
Dal complesso
delle gallerie originarie della vecchia cava di pozzolana, sono stati isolati i
rami principali e le grotte ove le S.S. naziste, al comando del Ten. Col.
Kappler, perpetrarono il feroce massacro ed occultarono le vittime.
Esteriormente le
grotte sono rimaste nel loro aspetto originario, salvo i pilastri eretti
all'interno delle gallerie a sostegno dei due grandi squarci, creati dalle
esplosioni disposte dalle S.S. per ostruire l'accesso al luogo ove erano stati
ammucchiati i cadaveri dei Martiri.
Le gallerie hanno
un tracciato ad U con l'ingresso nel Piazzale e lo sbocco nel Mausoleo; nel
tratto di fondo, isolato da due artistiche cancellate in bronzo dello scultore
Mirko Basaldella, si trova la grotta ove, tre mesi dopo il massacro, furono
rinvenute le salme ammucchiate su cinque strati sovrapposti. Una fiaccola
illumina il tumulo ove sono custoditi i resti non identificati appartenenti ad
alcune salme dei martiri.
A lato di una
cancellata, una lapide di marmo nero reca scolpito il nobile messaggio:
«Fummo
trucidati in questo luogo perché lottammo contro la tirannide interna per la
libertà e contro lo straniero per l'indipendenza della Patria. Sognammo
un'Italia libera, giusta, democratica ed il nostro sacrificio ed il nostro
Sangue ne siano la sementa ed il monito per le generazioni che verranno».
In fondo alla
galleria è stata ristrutturata la parete con scritte significative in lettere
di bronzo e vi è posta una lampada votiva, offerta da Papa Paolo VI.
Vicino
all'ingresso è stata ricavata una piccola Cappella dove, a cura
dell'Associazione Nazionale Famiglie dei Martiri, vengono celebrati
periodicamente riti religiosi in memoria dei Caduti.
IL MAUSOLEO
Le salme dei 335
trucidati sono state collocate in un vasto sepolcreto, interrato, di metri 50x25;
esso è coperto nella parte superiore da una grande pietra tombale che rievoca
simbolicamente l'oppressione e l'occultamento delle vittime.
L'oscurità
dell'ambiente è appena mitigata dalla luce che filtra dalle fenditure
orizzontali, create tra il masso di copertura e le pareti del sepolcreto.
Le tombe, tutte
uguali, di granito, sono riunite in 7 doppi filari paralleli; le generalità
delle 323 salme identificate sono scolpite sulla lastra superiore di ogni
sarcofago.
Le tombe delle 12
salme rimaste sconosciute portano solo l'indicazione: "Ignoto". La
collocazione delle salme è stata disposta secondo l'ordine di esumazione dalle
grotte; l'indicazione del posto nel sepolcreto può essere desunta dalle tabelle
in bronzo, raccolte a libro, ove i Caduti sono elencati in ordine alfabetico.
La prima tomba è
dedicata simbolicamente a tutti i Caduti per la Patria e per la Libertà.
I CADUTI
Dopo lungo ed
accurato esame è stato possibile riconoscere solo 322 salme. Le vittime, che
facevano parte di tutte le categorie professionali e di tutte le condizioni
sociali della popolazione italiana, erano costituiti da: 68 militari (tra cui
42 ufficiali dei vari gradi, 9 sottufficiali e 17 soldati), 255 delle varie
categorie civili (9 agricoltori, 41 artigiani, 9 artisti, 71 commercianti,
1diplomatico, 32 professionisti, 37 impiegati, 47 operai o appartenenti a
professioni varie, 1 sacerdote, 6 studenti), tutti uomini di età variabile dai
75 anni ai 14. Tra i trucidati 73 erano israeliti.
Fra i martiri vi
furono figure della Resistenza romana; altri erano solo sospettati, altri
innocenti ed inconsapevoli, rastrellati per caso o per errore, altri colpevoli
soltanto di essere ebrei: tutti certamente estranei all'azione partigiana
contro il reparto di polizia tedesca a Via Rasella.
A 36 Caduti,
sepolti nel Mausoleo (12 civili e 24 militari), è stata concessa la Medaglia
d'Oro al Valor Militare, alla memoria.
Roma dall'8 settembre 1943 al 4 giugno 1944
PREMESSA
Le gravi
sconfitte, subite in Africa ed in Sicilia, nonché il crollo del regime fascista determinarono il definitivo distacco
dell'Italia dalla pesante alleanza con la Germania hitleriana: l'armistizio con
gli anglo-americani venne proclamato alle 19,45 dell'8 settembre 1943.
Ma i tedeschi non
volevano rassegnarsi all' ineluttabile svolta italiana e sin dal 25 luglio 1943
fecero convergere nella Penisola numerose forze; alla notizia del nostro
armistizio fecero scattare il piano per l'occupazione dell'Italia, il disarmo e
l'internamento di quanti volevano opporsi.
Purtroppo, in
quella terribile situazione, particolari circostanze avverse determinarono
gravi incertezze e confusioni nella direzione politica e militare del Paese,
che facilitarono il crollo dell'apparato militare italiano nella Penisola e
nella zona balcanica.
LA DIFESA DI ROMA
Nonostante
l'incertezza degli ordini, che favorirono la sorpresa e la penetrazione tedesca
verso Roma, i reparti delle Divisioni sistemate a difesa attorno alla città
contrastarono e respinsero, nella notte del 9 settembre 1943 e nella mattina
successiva, i reiterati attacchi germanici infliggendo notevoli perdite, come a
Manziana e Monterosi (Div. "Ariete"), Monterotondo (Div.
"Piave"), alla Cecchignola e alla Magliana (Div. "Granatieri di
Sardegna").
L'ordine di
ripiegamento generale verso Tivoli aumentò la confusione e lo sbandamento; i
reparti di retroguardia continuarono però a combattere disperatamente per
contrastare l'avanzata nemica: in totale 414 militari caddero tra il 9 e il 10
settembre; ai 10 più valorosi venne concessa la Medaglia d'Oro al Valor
Militare alla memoria.
Nei combattimenti
di queste due giornate ed in altri episodi isolati nella zona di Roma
parteciparono giovani ardimentosi, vecchi combattenti ed invalidi: in quei
giorni ben 183 volontari civili rimasero uccisi.
La sera del 10
settembre 1943 la battaglia per la difesa di Roma era perduta ed i tedeschi
accettarono la capitolazione limitandosi al disarmo dei militari.
Molti militari e
civili non desistettero però dalla lotta contro l'invasore e costituirono
spontaneamente i
primi nuclei di resistenza che agirono in Roma e nei dintorni durante i nove
mesi di occupazione nemica.
Nel pomeriggio
del 9 settembre i rappresentanti dei partiti antifascisti deliberarono:
«Nel momento
in cui il nazismo tenta di restaurare in Roma ed in Italia il suo alleato
fascista, i partiti antifascisti si costituiscono in "Comitato di
Liberazione Nazionale", per chiamare gli italiani alla lotta e alla
resistenza e per riconquistare all'Italia il posto che le compete nel consesso
delle libere nazioni».
L'OCCUPAZIONE
TEDESCA
Nei primi 15
giorni Roma potè godere di una parvenza di governo autonomo come "Città
aperta" che consentì però ai tedeschi di guadagnare tempo per fronteggiare
l'avanzata anglo-americana e restaurare il fascismo con Mussolini; questi, dal
Quartier Generale di Hitler, il 15 settembre emanava i decreti di costituzione
della Repubblica Sociale Italiana (R.S.I.), voluta dalla Germania per
facilitare il controllo dell'Italia occupata.
Dal 23 settembre
i tedeschi assunsero il diretto e completo controllo della Capitale e,
validamente aiutati dagli appartenenti alle forze armate della R.S.I.,
iniziarono perquisizioni ed arresti dei presunti resistenti rastrellamenti nei
quartieri e retate nelle strade per catturare gli ebrei ed obbligare i giovani
al "Servizio del lavoro".
Un crescente terrore poliziesco con vessazioni,
soprusi e violenze gravava sulla città, già
angustiata dalle
gravi difficoltà di alimentazione e dai bombardamenti alleati.
LA RESISTENZA
ROMANA
I partiti
antifascisti dovettero disperdersi ed agire nella clandestinità e nella
cospirazione. A Roma, la reazione all'oppressione nazifascista era così
articolata:
·
Resistenza
passiva di tutta la popolazione romana,
sopportata con grande dignità e fierezza in un diffuso spirito di solidarietà
fra tutti gli strati della cittadinanza.
·
Resistenza attiva attuata dal "Fronte Clandestino Militare" (F.C.M.), con il
compito di riprendere le armi ed assicurare l'ordinato trapasso dei poteri dopo
la ritirata tedesca. Fuori di Roma il F.C.M. coordinava l'attività, ben più
aggressiva e spericolata, delle "Bande esterne" che operavano nel
Lazio e nell'Abruzzo, con frequenti attacchi e sabotaggi alle retrovie
germaniche. Gran parte degli esponenti del F.C.M. della Capitale furono
scoperti, arrestati e torturati; di questi: 67 caddero alle Fosse Ardeatine, 22
furono fucilati al Forte Bravetta e 5 in località "La Storta".
·
Resistenza armata attuata da gruppi di pochi giovani, audaci, spericolati, pronti a
tutto osare per colpire il nemico e rispondere alle provocazioni.
Particolarmente attivi furono i "Gruppi di Azione Patriottica"
(G.A.P.), diretti dal P.C.I., che svolsero sabotaggi, attentati ed attacchi
armati in pieno centro cittadino.
Altri gruppi di
germinazione spontanea e popolare, non inquadrati nel C.L.N., ebbero larga
diffusione nei quartieri periferici della città e nelle zone circostanti con
azioni audaci e spericolate guidati da capi leggendari che furono poi quasi
tutti fucilati. Il Gruppo “Bandiera Rossa" lasciò sul terreno 128 Caduti,
53 rimasero feriti e 15 furono arrestati e deportati.
In concomitanza
con lo sbarco alleato di Anzio, dal 23 al 25 gennaio 1944 venivano arrestati e
torturati nelle prigioni di Via Tasso i capi più attivi del "Fronte
Militare"; poco dopo, a titolo di monito, venivano fucilati a Forte
Bravetta 20 tra i più intrepidi e valorosi partigiani romani.
-Resistenza
nelle scuole e nelle università che fu particolarmente viva con
dimostrazioni, diffusione di volantini e giornali. Parecchi docenti e studenti
vennero arrestati; 5 professori e 6 studenti finirono fucilati alle Fosse
Ardeatine.
L'AZIONE DI VIA
RASELLA
Il 23 marzo 1944,
alle ore 15 circa, un gruppo di 16 partigiani appartenenti ai G.A.P. attuò, in
pieno giorno, un clamoroso attentato contro un reparto armato di 160 S.S. in
marcia lungo Via Rasella. Una carica esplosiva, nascosta in un carretto, veniva
fatta esplodere al centro della colonna tedesca, mentre altri partigiani
lanciavano bombe e sparavano raffiche di mitra verso la coda del reparto,
causando 33 morti tra i tedeschi (di cui 26 deceduti all'istante, 6 morti in
ospedale nella notte del 23 marzo, ed 1deceduto parimenti in ospedale nella
mattinata del 24 marzo), oltre a numerosi feriti. Con l'arrivo dei rinforzi la
reazione fu immediata e rabbiosa con sparatorie, rastrellamenti e saccheggi
delle case circostanti. Ma i nazisti vollero attuare subito una spaventosa
rappresaglia per punire e terrorizzare tutta la città; da Hitler veniva
intimata la fucilazione, entro le 24 ore, di dieci italiani per ogni tedesco
ucciso.
IL MASSACRO DELLE
CAVE ARDEATINE
Nell'elenco delle
vittime vennero compresi 270 prigionieri della polizia tedesca rinchiusi nella
sede del comando delle S.S. in Via Tasso e nel carcere di "Regina Coeli”.
Altri 50, tratti pure dagli incarcerati a "Regina Coeli", furono
designati dal Questore di Roma. Alla notizia della morte di un altro dei
feriti, Kappler aggiornò la lista con altri 10 ostaggi e aggiungendovene 5 in
soprannumero.
L'orrenda
carneficina venne effettuata di nascosto entro le cave di Via Ardeatina, nel
pomeriggio del 24 marzo, dalle S.S. di Roma sotto il diretto controllo di
Kappler.
Le salme vennero
poi occultate con lo scoppio di mine che provocarono il franamento della volta
della cava; l'elenco dei trucidati non fu reso noto.
La notizia
dell'attentato apparve sulla stampa solo il 25 marzo dopo il comunicato
dell'agenzia giornalistica "Stefani", diramato alle ore 22,45 del 24
marzo: «...32 uomini della Polizia tedesca sono stati uccisi e parecchi feriti...
il comando tedesco perciò ha ordinato che per ogni tedesco assassinato dieci
criminali comunisti badogliani saranno fucilati. Quest‘ordine è stato già eseguito».
Kappler veniva
poi condannato all'ergastolo anche per aver fatto fucilare 5 persone in più
delle 330 previste dalla rappresaglia e con l'aggravante di aver agito con
crudeltà verso le vittime. Peraltro la rappresaglia veniva giudicata
illegittima per l'enorme sproporzione dei condannati e per le modalità
adottate, contrarie ad ogni norma di guerra.
DOPO LE FOSSE
ARDEATINE
La resistenza dei
gruppi più attivi si manifestò sin verso la metà di aprile del 1944 con
attentati e scontri a fuoco; poi l'attività armata in città decrebbe in
conseguenza dei numerosi arresti fra gli elementi più audaci. Invece nelle zone
intorno alla Capitale continuò la lotta delle Bande esterne che inflissero ai
tedeschi perdite ingenti in uomini e materiali; però, è stato pesante il loro
tributo di sangue nei nove mesi di lotta: 1.046 Caduti (di cui 427 fucilati),
74 dispersi e 326 fefiti.
Sino alla
liberazione le polizie nazi-fasciste continuarono ad infierire sulla
popolazione romana con arresti, soprusi e vessazioni; persino nel lasciare la
Capitale le S.S. si portarono al seguito 14 prigionieri, scelti tra gli
arrestati di Via Tasso, che furono fucilati in località "La Storta"
il 4 giugno 1944.
Alle 18,30 del 4
giugno 1944 le avanguardie alleate venivano accolte trionfalmente a Porta
S.Giovanni mentre, alla stessa ora, le retroguardie germaniche ripiegavano da Ponte
Milvio.
IL MUSEO DELLE FOSSE ARDEATINE
Si trova alle
spalle del Mausoleo in apposita costruzione, a pianta ottagonale, progettata e
riordinata sotto l'attenta guida dell'architetto Prof. Perugini.
Vi sono raccolte:
documentazioni, cimeli e fotografie che illustrano e sintetizzano, in ordine
cronologico le tragiche giornate vissute nella Capitale; dall'aggressione
tedesca dell'8 settembre 1943 alla liberazione del 4 giugno 1944.
Tre vetrine in
particolare sono dedicate ai seguenti soggetti:
·
Le centrali di
inquisizione e tortura (Via Tasso -
Sede della Banda Koch in Via Romagna - “Regina Coeli" - Palazzo
Braschi, ecc.) con descrizioni, segni e ricordi lasciati da alcuni martiri;
·
Il martirio delle
Fosse Ardeatine, con la descrizione dell'atroce misfatto
ed i nomi dei martiri ai quali è stata concessa la Medaglia d'Oro al V.M.
·
Le fucilazioni di
Forte Bravetta, con il ricordo di Don Morosini ed il
commovente testamento spirituale lasciato dall'operaio Tigrino Sabatini: «Non
sfruttate la nostra morte e non dimenticate perchè siamo morti» .
Nella vetrina del
grande tavolo centrale sono raccolti esemplari dei principali giornali,
stampati e diffusi clandestinamente, oltre ad essere ricordati i giornalisti
che hanno pagato con la vita il loro amore per la libertà.
Sulle pareti,
sopra le vetrine, spiccano le grandi opere create e donate da tre artisti in
omaggio agli amici e compagni caduti durante la Resistenza romana:
·
Corrado Cagli: dipinto che raffigura il terrore dell'oppressione nazi-fascista;
·
Renato Guttuso: scultura dorata che rievoca la raccapricciante visione dell'ammasso
confuso dei Martiri delle Fosse Ardeatine all'atto dell'esumazione; .
·
Carlo Levi: dipinto ispirato al soggetto della liberazione finale dopo i nove
mesi di oppressione e di terrore.
Nell'appendice
esterna al Museo è stato ricavato un locale ove sono raccolte le principali
pubblicazioni che trattano delle Fosse Ardeatine. Alle pareti sono riportati i
progetti ed i disegni delle opere più significative, create, nel complesso del Sacrario,
dall'architetto Giuseppe Perugini e dallo scultore Mirko Basaldella.
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