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martedì 20 ottobre 2020

Teresio Olivelli partigiano combattente

 di Alessia Biasiolo


Teresio Olivelli (Bellagio 1916, Hersbruck 1945). Laureatosi in Giurisprudenza nel 1938, collaborò con le istituzioni culturali del regime fascista divenendo Segretario dell’Istituto di Cultura Fascista, per il quale effettuò due viaggi ufficiali in Germania che gli suscitarono avversione per il nazismo. Arruolatosi volontario nel 1941, fece parte della Divisione Tridentina nella Campagna di Russia. Arrestato e inviato alla deportazione in Germania, il 9 settembre 1943 riuscì ad evadere e ad arrivare a Brescia dove si arruolò nelle brigate partigiane cattoliche fondando “il Ribelle”.  Arrestato il 27 aprile 1944, venne trasferito a Fossoli, poi a Flossenbürg, quindi a Hersbruck, sempre assistendo i più deboli e mai rinnegando la fede in Dio e nella religione cattolica, malgrado le vessazioni. Costantemente sottoposto ad angherie, il 31 dicembre 1944 difese un prigioniero dai kapò e per le ferite subite durante il pestaggio che ne seguì, morì. La causa di beatificazione venne aperta a Vigevano il 29 marzo 1987, arrivando nel 2017 al riconoscimento del martirio. È stato proclamato beato il 3 febbraio 2018. Medaglia d’Oro al Valor Militare per le sue azioni, compresa quella nel campo di concentramento.

 

mercoledì 14 ottobre 2020

Sabato Martelli Castaldi

Protagonisti della Guerra di Liberazione




Sabato Martelli Castaldi, pioniere dell’aviazione militare, Generale di Brigata Aerea della Regia Aeronautica, figura esemplare di ufficiale abituato ad esprimersi nei confronti dei superiori in modo chiaro ed onesto. Questa qualità però gli costò caro. Fu proprio la franchezza con la quale illustrò, in qualità di capo gabinetto del Ministro dell’Aeronautica Italo Balbo, a Benito Mussolini la situazione tragica in cui versava l’aeronautica fascista, la causa del suo allontanamento dall’incarico e dalla stessa forza armata. Un trattamento umiliante a cui l’ufficiale reagì con grande forza d’animo; cercò e trovò un lavoro nell’ufficio romano del Polverificio Stacchini. Dopo la destituzione di Mussolini, il 25 luglio 1943, fu richiamato in servizio ma non ebbe il tempo di dare il suo contributo alla riorganizzazione dell’aeronautica. Subito dopo la proclamazione dell’armistizio, l’8 settembre 1943, senza alcuna esitazione entrò a far parte del Fronte Militare Clandestino, organizzazione militare della Resistenza romana guidata dal Colonnello Cordero Lanza Montezemolo. Da partigiano mise in evidenza sia le proprie qualità militari, organizzando bande armate, eseguendo rilievi di installazioni militari tedesche ed effettuando trasmissioni radio in codice, sia le competenze e conoscenze acquisite, quale dipendente civile, nel polverificio distribuendo esplosivi alle formazioni partigiane.

Arrestato dai nazisti di Herbert Kappler, fu imprigionato nel carcere di Via Tasso e torturato per settimane prima di essere ucciso, il 24 marzo 1944, alle Fosse Ardeatine nella brutale rappresaglia che i tedeschi attuarono il giorno seguente all’azione gappista di Via Rasella. Decorato di Medaglia d’Oro al Valor Militare alla Memoria con la seguente motivazione: Dedicatosi senza alcuna ambizione personale e per purissimo amor di Patria all’attività partigiana, vi profondeva, durante quattro mesi di infaticabile e rischiosissima opera, tutte le sue eccezionali doti di coraggio, di intelligenza e di capacità organizzativa, alimentando di uomini e di rifornimenti le bande armate, sottraendo armi ed esplosivi destinati ai tedeschi, fornendo utili informazioni al Comando alleato, sempre con gravissimo rischio personale. Arrestato e lungamente torturato, nulla rivelava circa i propri collaboratori e la propria attività, affrontando serenamente la morte. Esempio nobilissimo di completa e disinteressata dedizione alla causa della libertà del proprio paese.

 

Osvaldo Biribicchi (osvaldobiribicchi@virgilio.it)

 

 

 



sabato 10 ottobre 2020

1944. La guerra di liberazione all'estero. Grecia Isole dell'Egeo. Rodi Coo Stampalia e Simi

 

4,7 Grecia. Isole dell’Egeo. Isole dello Ionio. Cefalonia

La situazione nella Grecia insulare praticamente si risolse con la resa di tutte le forze militari italiane. Elementi isolati continuarono la lotta contro il tedesco, come ad esempio, nell’isola di Rodi, un marinaio sardo, già capo cannoniere della Regia Marina, Pietro Carboni non accettò la resa e si diede alla macchia, praticamente da solo iniziò una azione di guerriglia contro le truppe tedesche, aggredendo ed uccidendo tedeschi isolati o sorpresi in agguati intelligentemente tesi. Sulla testa di di Carboni il comando tedesco pose una grossa taglia, tanto che un pastore greco proprio per questo fu indotto a dare notizie utili ai tedeschi per sorprendere Carboni. Erano mesi che Carboni conduceva la sua quasi solitaria guerriglia fino a che nel dicembre del 1944, anche grazie alla spiata del pastore greco, fu sorpreso in una grotta ed ucciso, non prima che nell’estrema sua difesa, Carboni uccise il comandante della pattuglia tedesca.

A Rodi la situazione dei soldati italiani nel 1944 era veramente difficile. I tedeschi continuavano nella loro azione di voler trasferire il maggior numero dei soldati italiani prima in Grecia poi in Germania per sopperire alle carenze di mano d’opera. Continuò il trasferimento di soldati italiani, a tutti gli effetti considerati I.M.I. dall’isola al continente; le perdite furono sensibili. Il 6 gennaio 1944 fu affondato il piroscafo “Alma” e perirono 300 soldati italiani, l’8 febbraio 1944 fu affondato il piroscafo “Petrella” e perirono secondo fonti tedesche 2670 soldati italiani, secondo le varie testimonianze dei superstiti, circa 6000; il 12 febbraio 1944 fu affondato il piroscafo “Oria” ove perirono 4169 soldati italiani. Nel corso dei trasferimenti di soldati italiani dall’isola al continente nell’arco di tempo che va dal settembre 1943 al marzo 1944, secondo fonti tedesche perirono circa 13.000 soldati italiani secondo fonti memorialistiche e testimonianze dei superstiti, circa 21.000.[1]

I soldati italiani non aderenti furono raccolti in dieci campi, i principali dei quali erano il “campo nord”, situato nella località Casa dei Pini e in qualche fonte chiamato con questo nome, il “campo centro”, ed il “campo Calitea”. Quest’ultimo era un campo di punizione e vi vennero concentrati tutti i soldati italiani che erano stati condannati per qualche infrazione che non prevedesse la fucilazione sul posto. Le condizioni di vita ed il trattamento erano pessimi. La fame, i maltrattamenti le condizioni igienico-sanitarie e la pesantezza dei lavori caratterizzavano questi campi, che duro fino alla fine della guerra. Le varie fonti, sulla base di ritrovamenti di fosse comuni, di eccidi e fucilazioni sommarie. [2]

 

 Come a Rodi, anche nel resto delle isole i soldati italiani presenti erano aderenti, ma anche non aderenti, impiegati nelle compagnie del genio per le costruzioni di rafforzamento o di difesa.

 

A Coo la situazione all’inizio del 1944 vedeva la presenza di circa 2306 soldati italiani, di cui 1112 non aderenti, 234 aderenti ausiliari volontari e 302 disposti a combattere. Non risultano informazioni esatte su 658 militari, in ogni caso la presenza dei militari italiani nell’isola è sull’ordine delle migliaia. All’inizio del 1944 non è tanto la guerra o l’atteggiamento tedesco a preoccupare, quanto la scarsezza di viveri; la produzione agricola dell’isola è insufficiente per tutti, ed i tedeschi hanno messo un ferreo controllo sui prodotti. Quado nel settembre 1944 iniziò la graduale ritirata tedesca, si avanzò l’ipotesi tra i militari italiani di attuare colpi di mano per costringere i tedeschi alla resa. Questi progetti non ottennero l’approvazione britannica che temeva rappresaglie e quindi la situazione nell’isola rimase calma fino alla fine della guerra. Coo divenne “piazzaforte” e cadde il 9 maggio 1945 con l’arrivo di reparti inglesi.

Nell’ambito della Guerra di Liberazione, va ricordata Suor Teresa Boschiero, Madre Superiora delle Suore Zelatrici del Sacro Cuore, presente a Coo in quei anni di guerra. Nelle più difficili condizioni lei e le sue consorelle svolsero un’ampia opera di assistenza verso i prigioneri ed i soldati italiane verso la popolazione civile attraverso mille modi, dal procurarsi viveri, e vestiti, alla organizzazione di fughe, al perorare le cause presso i tedeschi, protette dal loro abito talare, e nell’assistenza quotidiana agli ammalati. Il loro centro di azione fu l’ospedale “Ippocrateo” di Coo ove, di volta in volta ne venivano ricoverati una quarantina, del centinaio che l’ospedale poteva accogliere, sia perché ammalati ma soprattutto per rivestirli e sfamarli e rimetterli in forze. Per questa grande opera umanitaria suor Tarcisa Boschiero fu decorata di Medaglia d’Oro al Valor Militare.

 

Nelle isole di Limo, Stampalia e Simi, all’inizio del 1944 vi erano solo carabinieri e guardie di finanza che i tedeschi avevano autorizzato a rimanere sull’isola a svolgere il loro compito oltre al comandante dell’Ufficio circondariale del Porto il cap. A. Notari. Quando la Whermacht si ritirò dalle isole nel settembre 1944, rimase a Calino solo un italiano tra i 193 tedeschi rimanenti fino alla fine della guerra.

 



[1] Schreiber G, I Militari italiani internati nei campi di concentramento del terzo Reich, 1943-1945, Roma, Ministero della Difesa, Stato Maggiore dell’Esercito, Ufficio Storico, 1992, pag. 365

[2] Fino E., La tragedia di Rodi e dell’Egeo, Milano, Edizioni Assegeo, 1963

mercoledì 7 ottobre 2020

Dardano Fenulli

Protagonisti della Guerra di Liberazione



Dardano Fenulli, ufficiale di Cavalleria dell’Esercito, proveniente dai corsi regolari dell’Accademia Militare di Modena. Alla proclamazione dell’armistizio, l’8 settembre 1943, rivestiva l’incarico di vicecomandante della Divisione corazzata “Ariete”, dislocata nei pressi della capitale, che nei giorni 9 e 10 settembre, nelle stesse ore in cui il Re ed il capo del governo Badoglio si rifugiavano precipitosamente a Brindisi, ingaggiò accaniti combattimenti contro i tedeschi. Allorché, il 12 settembre 1943, questa grande unità fu sciolta,  il generale Fenulli entrò a far parte del Fronte Militare Clandestino, organizzazione militare della Resistenza romana guidata dal Colonnello Cordero Lanza Montezemolo. Senza perdersi d’animo, insieme ad altri militari, costituì efficienti bande armate che operarono a Roma e nel Lazio. Il suo impegno, purtroppo, durò pochi mesi, catturato dai nazisti fu imprigionato e torturato nel carcere di Via Tasso. Il 24 marzo 1944 fu portato alle Fosse Ardeatine e trucidato nella brutale rappresaglia che i tedeschi attuarono il giorno seguente all’azione gappista di Via Rasella. Decorato di Medaglia d’Oro al Valor Militare alla Memoria con la seguente motivazione: «Vicecomandante della Divisione “Ariete”, prendeva parte ai combattimenti dei giorni 9-10 settembre guidando una colonna corazzata che si impegnava nei pressi di Ciampino e la cui ulteriore azione fu sospesa dal concluso armistizio. Dopo l’armistizio rimaneva a Roma per dedicarsi intensamente all’organizzazione della lotta clandestina. A tale scopo prendeva contatti con numerosi rappresentanti politici e militari esponendosi senza riguardo. Animato da purissimi ideali e da una ardente volontà di lotta si prodigava in ogni modo per organizzare in Roma e nel Lazio bande armate per la lotta contro i nazifascisti. Individuato ed arrestato e sottoposto a tortura dava ai suoi compagni di prigionia esempio di fortezza d’animo. Nelle Fosse Ardeatine faceva olocausto della sua nobile esperienza.»

Roma, settembre 1943-marzo 1944.

 

Osvaldo Biribicchi (osvaldobiribicchi@virgilio.it)