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giovedì 10 marzo 2011

Raffaele Cadorna

1889 -1973

Gli Inizi. La Carriera fino a Colonnello

Il Comando de della Divisione “Ariete” – Settembre 1943 e gli avvenimenti conseguenti la crisi armistiziali

La Guerra Clandestina a Roma settembre 1943 – Giugno 1944

Il Comando del Corpo Volontari della Libertà Giugno 1944 – Aprile 1945

Raffaele Cadorna Capo di Stato Maggiore dell’Esercito

Raffaele Cadorna, uomo politico

Gli anni del raccoglimento


Gli Inizi. La Carriera Militare fino a Colonnello

Raffaele Cadorna nacque a Pallanza il 12 settembre 1889 e dal padre, Luigi, che al tempo rivestiva il grado di tenente colonnello, ebbe il nome dell’illustre nonno che appena 19 anni prima fu alla testa delle truppe del regio esercito Italiano che liberava Roma e permetteva l’unione della città Eterna al regno d’Italia.
Dopo gli studi liceali, il giovane Raffaele intraprese la carriera militare. Frequentò Modena, nei corsi di cavalleria e nelle medie finali risultò il primo, ovvero il Capo corso, su 209 Allevi. La nomina a sottotenente è del 1909 e l’assegnazione al reggimento 2lancieri di Firenze”. Il reggimento partecipa alla campagna di Libia, ove alla testa del 2 Squadrone si guadagnò una medaglia di bronzo. Ufficiale d’ordinanza del padre, capo di Stato Maggiore dell’Esercito nel maggio del 1915, durante il primo conflitto mondiale assolse numerosi e rischiosi compiti di stato maggiore ed informativi. Il suo valore fu tale che conseguì la prima medaglia d’argento. Nel secondo anno di guerra, sempre per aver assolto compiti informativi e pericolosi si meritò una seconda medaglia d’argento., mentre ottava la promozione a Capitano. Peraltro, Cadorna prese in considerazione l’idea di passare in fanteria, in quanto non vi era impiego di combattimento di prima linea per la cavalleria nel corso della Guerra di posizione.

Durante i giorni di Capretto Cadorna fu molto vicino al padre; ebbe modo anche di distinguersi. Il 17 novembre al Mulino della sega si conquistò la sua terza medaglia d’argento.

Nel dopoguerra fu nella commissione Militare Interalleata di Controllo a Berlino. Questo lavoro gli permise di trarre osservazioni e commenti su tutta la situazione tedesca, con previsioni che alla prova della realtà risultarono esatte . Rientrato in Italia nel 1924 assume il Comando di uno squadrone di “Savoia Cavalleria” . Vi rimase per due anni e nel 1926 promosso maggiore passo all’Ispettorato di cavalleria. Nel 1929 fu promosso Tenente Colonnello ed inviato a Praga come Addetto Militare, ove fu accolto con entusiasmo perché il suo nome rievocava la fraternità d’armo italo cecoslovacca durante la prima guerra mondiale. . Nel 1934 rientro in Italia e venne assegnato al reggimento Lancieri di Firenze che aveva stanza a Ferrara.

Sono anni che videro Cadorna attento analista della situazione. Lo scoppio della guerra d’Etiopia, per Cadorna significò che quel conflitto avrebbe avviato una serie di reazioni che si sarebbero concluse con una guerra generale.. Sono questi gli anni che permettono a Cadorna di avvicinare esponenti di quella cultura che non era favorevole al “regime”, esponenti che Luigi Alberini, allontanato dalla direzione del Corriere della Sera per il suo inflessibile antifascismo e Tommaso Gallarati-Scotti, esponente del liberalismo lombardo che non aveva ceduto alle suggestioni autoritarie.

Nel 1937, Cadorna, promosso Colonnello. Ha il Comando del Reggimento “Savoia Cavalleria “ A Milano. ‘ una attività che Cadorna prevalentemente verso l’interno della organizzazione militare. Nelle carte di archivio per questo periodo, emerge, leggendole, come Cadorna ponga in luce tutte le manchevolezze e deficienze del regime nella preparazione dello strumento militare. Interventi sconclusionati che irretiscono il personale, non danno una visione omogenea della dottrina di impiego, incertezze e pressappochismo, che poi, al momento dell’impiego si rileveranno in tutta la loro erroneità

Fu un periodo, per Padrona, veramente impegnativo, tutto rivolto a formare in senso vero e non apparente i quadri. Questa sua attività darà i suoi frutti.

Come noto il reggimento "Savoia Cavalleria” oltre a partecipare lodevolmente alle varie campagne, l’8 settembre 1943 rimarrà unito. Passerà intatto il confine svizzero, pur di non farsi disarmare dai tedeschi prefrendo l’internamento in Svizzera che lo scioglimento. Il 25 aprile 1945, di nuovo intatto rientrerà a Milano e sarà a disposizione proprio del suo antico comandante per le necessità di ordine pubblico e polizia.

Nel febbraio del 1941 Con suo grande rammarico, Raffaele Cadorna deve lasciare il Comando del reggimento per assumere quello della Scuola di Applicazione di Cavalleria a Pinerolo; poco dopo fu promosso generale di Brigata.

Durante il suo Comando la scuola di Pinerolo di cavalleria vide accentuare il processo di motorizzazione della cavalleria, reso improcrastinabile dalle esigenze belliche riscontrate nei primi mesi di guerra. Cadorna non esita a impegnarsi nella diatriba della trasformazione della Cavalleria e della destinazione dottrinale di quest’arma, che molti ritenevano e ritengono, con il tramonto dell’impiego del cavallo, ormai non più necessaria ed utilizzabile per scopi di guerra. Cadorna era per una trasformazione dell’Arma di cavalleria con altri messi rispetto al cavallo, ma con gli stessi compiti e soprattutto con le sue tradizione, le sue motivazioni la sua disciplina il suo stile, retaggio di secoli di storia, che non possono essere mai trascurati in un organismo militare, pena l’inefficienza.

Il Comando de della Divisione “Ariete” – Settembre 1943 e gli avvenimenti conseguenti la crisi armistiziale

Nella primavera del 1943 lo Stato Maggiore dell’Esercitò ordinò la ricostruzione della Divisione corazzata “Ariete” che si era immolata nell’autunno precedente ad El Alamein. Nel marzo del 1943 Cadorna fu nominato Comandante della costituenda divisione. Essa comprendeva reparti che poi saranno protagonisti degli eventi armistiziali. Il Raggruppamento Esplorante Corazzato “Lancieri di Montebello”, il Reggimento corazzato “lancieri Vittorio Emanuele II”, Il reggimento motorizzato “Cavalleggeri di Lucca” il 135° Reggimento di artiglieria divisionale. Il 235° reggimento artiglieria controcarro e semoventi il CXXXV battaglione controcarro.

Per Cadorna questo ordinamento delle forze per la divisione era più adatto ad un impiego su terreno pianeggiante e senza ostacoli che su un terreno mosso e rotto come quello italiano; quindi suggeriva la costituzione di un reggimento di fanteria che avrebbe dovuto dare sostegno ai carri. Queste osservazioni di Cadorna dimostrano come egli sia stato attento a tutte le novità che la guerra poneva in evidenza e che, nonostante attaccato alle tradizioni in modo esemplare, era all’avanguardia nei criteri di impiego tattici della sua arma. In pratica Cadorna, anche per i, nome che portava, non era schiacciato o ingessato nelle tradizioni; anzi queste gli permettevano di esaltarsi verso il nuovo e verso soluzioni aderenti alla realtà

In questi periodo, tarda privare del 43, non tralascia i suoi contatti con il mondo esterno. Accentua legami esistenti con l’avv. Colangrade, sostituto Procuratore del re a Ferrara e vicino al partito d’azione, con Ciro Macelli repubblicano e con Concetto Marchesi, comunista.

Secondo le memorie di Marcello Soleri, tra la fine del 1942 e l’inizio del 1943 anche tra gli avversari della monarchia si fece strada la convinzione che solo un intervento del Sovrano avrebbe potuto portare fuori dalla guerra l’Italia con il minor danno possibile. Secondo De Felice, è estremamente significativo, in questo approccio, cioè di opposizione alla guerra e come uscire dalla medesima, “l’atteggiamento di un generale, indubbiamente contrario al regime fascista ed alla continuazione della guerra, come Raffaele Cadorna, di fronte alle esortazioni, nell’aprile maggio 1943, di vari esponenti antifascisti a sostenere con le sue truppe un’azione popolare: anche se avversi al regime ed alla continuazione della guerra, rispose loro, i comandi militari avrebbero preso iniziative concrete solo dietro ordini del Re.

La risposta più dettagliata che rileva la posizione di Cadorna in questa fase è chiara. Nella ipotesi che si sia creato un movimento inteso a provocare la caduta del fascismo e le sue conseguente, quale sarebbe stato il comportamento dell’Esercito. La risposta di Cadorna anticipa poi i suoi comportamenti nella guerra di liberazione. La caduta del fascismo significava che l’ordinamento delle Forze Armate doveva rimanere integro e un eventuale impiego delle predette contro la Germania doveva essere guidato dalla Corona, possibilmente dal principe ereditario.

In questi incontro, Cadorna fece presente a Concetto Marchesi, quanto fosse deleteria la propaganda comunista fra le truppe, che non avrebbe ottenuto, se continuata, che minare la disciplina e rendere quindi inefficiente l’Esercito per qualunque impiego, anche quello di essere utilizzato per combattere i tedeschi.

All’atto dell’annuncio della caduta del Fascismo Cadorna non nascondeva la sua delusione per la dichiarazione di continuazione della guerra, con tutti i pericoli che tale ambigua situazione comportava.

INCONTRANDOSI CON MONTEZEMOLO, COSÌ APPUNTA IL CONTENUTO DEL COLLOQUIO

“MI VIENE A TROVARE IL COL. MONTEZEMOLO, ATTUALE C.TE GENIO DEL C.A., E GIÀ ADDETTO PER TRE ANNI AL COMANDO SUPREMO. LO FACCIO PARLARE. CONSENTE CHE LA STRATEGIA DELLA GUERRA È STATA CONDOTTA DA CAPI INCAPACI MA SOPRATTUTTO DISONESTI E CIOÈ PORTATI A COMPAICERE IL DUCE E A TRARRE VANTAGGI PERSONALI. EMMETTE CHE IL 25 LUGLIO POTEVANO CON UN ATTO DI AUDACIA, SGANCIARE IL PAESE DALLA GERMANIA. COSÌ NON FU FATTO PERCHÉ BADOGLIO SI ILLUSE CHE GLI INGLESI, LIETI DEL MUTATO REGIME INTERNO NON CI AVREBBERO BOMBARDATO. QUESTO APPUNTO È DATATO 26 AGOSTO 1943, REDATTO A CAMPAGNANO.

Sono affermazioni che molto difficilmente potranno essere provate, ma rilevano come nei quadri medio alti dell’esercito vi erano uomini che erano in contrasto con le alte gerarchie; saranno questi uomini che diventeranno le strutture portanti della guerra di Liberazione. In quei giorni Cadorna ebbe modo di incontrare Emilio Lussu Di lui scrive 2Ottima impressione. Uomo deciso, diritto, asciutto. Ideologicamente concordiamo su ogni punto”.

Si rileva in questi frangenti le idee di Cadorna sul futuro assetto politico del Paese, che saranno nel 1945 alla base della sua azione come Capo di Stato Maggiore dell’Esercito, idee chiare, a fondamento delle quali poneva sempre i concetti di onestà e moralità che egli riteneva indispensabili per il ristabilimento di una vita politica in Italia.

Con la proclamazione dell’armistizio, Cadorna si trova nell’occhi del ciclone. Ha una divisione che seppur in via di formazione può giocare un ruolo determinate se ben condotta con ordini ed obbiettivi chiari. Ha di fronte la 3 Divisione Granatieri Corazzati che ha al suo servizio oltre 35.000 uomini. Dipende dal Gen. Carboni, comandante del Corpo d’Armata Motocorazzato.

Sotto il profilo di comando in questi frangenti, Cadorna mostra il pieno tutto il suo valore. Ha alla mano gli ufficiali e gli uomini e la divisione fino al 15 settembre, cioè fino al momento dell’armistizio con i tedeschi a Roma rimane in armi. Non vi sono sbandamenti fra il personale o diserzioni di sorta.

Sotto il profilo dell’impiego, la Divisone Ariete poteva essere una pedina fondamentale nella difesa di Roma. Impegnata come massa di manovra poteva, una volta fermati i tedeschi a Monterosi e nell’area Bracciano- Manziana, attestarsi compiutamente su Tivoli e qui sul rovescio attaccare i tedeschi che stavano impiegando i Granatieri.

E’ un concetto d’azione che ha come cardine il valore di Roma come obbiettivo tattico renumerativo. Ovvero fino a quando il Re, il vertice politico militare rimane a Roma, Roma deve essere difesa ad ogni costo e tutte le forze . Una volta che il Governo e il re si sposta in altra parte del paese, non vi è più questa esigenza, e quindi ci si deve comportare di conseguenza.

L’atteggiamento e la condotta di Cadorna si ispira a questo principio. Quindi l’Ariete segue gli avvenimenti e quindi rimane passiva fino alla conclusione dell’armistizio tra tedeschi ed italiani e la proclamazione di Roma Città Aperta.

La Divisione dopo questo atto si scoglie. A tutti i militari man mano che venivano posti in libertà, fu rilasciato un documento attestante che fino all’ultimo avevano servito con onore e che venivano posti in licenza per ordini superiori.

Scrive Marziano Brignoli. “L’Ariete costituiva un notevole strumento di guerra. Fu quindi una sventura per le armi italiane che essa non avesse avuto modo di esplicare tutte le sue possibilità in un impiego a massa secondo un criterio ispirato a decisione. Se ciò fosse avvenuto la Divisione avrebbe certamente reso molto di più . Alla Divisone di Cadorna va riconosciuto di aver compiuto il suo dovere in un momento in cui la parola dovere sembrava aver perso ogni significato. Non un reparto della divisione disarmò perché sopraffatto dai tedeschi, ma tutti e soltanto quanto ne ricevettero l’ordine.

Questo sta a significare come il generale Cadorna sia sta un ottimo comandante nelle vicende armistiziali.

La Guerra Clandestina a Roma settembre 1943 – Giugno 1944

Con il disarmo volontario e lo scioglimento della Divisione, Cadorna dovette affrontare come tutti il momento delle scelte. Che fare? Accettare il predomino tedesco, rimanere passivi in attesa degli eventi, oppure prendere una qualsiasi iniziativa volta ad avviare una qualche forma di resistenza?. Il dilemma fu risolto da Cadorna in modo reattivo. Era ovvio che non vi erano i mezzi per una pronta resistenza militare. Quindi occorreva accordarsi con una qualche forma di resistenza politica.

Nel novembre del 1943 Cadorna prese contatto con Manlio Brusio del partito liberale, Riccardo Bauer della Giunta Militare del C.L.N. che a loro volta erano in contatto con il col. Montezemolo. Alla fine del 1943 sotto falso nome intraprende un viaggio al Nord dove prese contatto con Alfredo Pizzoni, Ferruccio Parri e Giuseppe Dozza. Fu un viaggio molto proficuo in quanto riuscì ad avere un quadro quasi completo dell’attività del CLNAI e quindi di tutto il movimento di resistenza partigiano. Intraprese il viaggio, non facile di ritorno a Roma, per collegare il CLNAI con il movimento militare di resistenza a Roma.

Purtroppo questo movimento aveva ricevuto un duro colpo con gli arresti che si susseguirono dal 30 gennaio in poi. Lo sbarco di Anzio e Nettuno aveva illuso molti esponenti della clandestinità e si erano allentare le precauzioni e quindi il lavoro degli informatori e delle spie fu fortemente agevolato. Furono arrestati numerosi esponenti del fronte clandestino, tra cui il col. Montezemolo ed il gen. Fenulli, già vicecomandante dell’Ariete. Molti di loro cadranno alla Fosse Ardeatine nel marzo successivo. Cadorna era attivamente ricercato dalla polizia e tedesca e fascista. Nel maggio del 1944, alla vigilia della liberazione di Roma, il gen. Bencivenga offre a Cadorna l’incarico di Comandante delle Forze Partigiane al Nord, senza specificare su che base e a quali condizioni questo incarico debba essere esplicato. Soprattutto non si chiariscono i punti relativi agli accordi con le formazioni politiche operanti al nord. E’ un atteggiamento molto superficiale da parte del gen. Bencivenga, e Cadorna lascia cadere la proposta nel vuoto.



Con la liberazione di Roma, si aprono delle nuove prospettive. Il nodo da sciogliere è la nomina di un nuovo Governo. Cadorna, nelle discussioni che si succedono fra vari esponenti, tra cui Camillo Casati, Alessandro Casati, Nenni, Bonomi ed altri, Cadorna è fermo nel non voler entrare in un governo presieduto dal m.llo Badoglio, nella convinzione che era necessario dare un taglio netto con il passato.

E’ una posizione chiara, che permette di delineare per lui una offerta quale sottosegretario alla guerra, con Casati Ministro. Ma di questa proposta non se ne fece nulla.

Un incarico più importante però era alle viste: quello di ritornare al Nord e prendere il Comando militare di tutto il movimento partigiano.


Il Comando del Corpo Volontari della Libertà Giugno 1944 – Aprile 1945


Rievocare la figura del gen. Raffaele Cadorna impone una attenta esposizione dell’incarico che svolse come Comandante del Corpo Volontari della Libertà, ovvero a dire il Comando militare esercitato nel Nord Italia tra il giugno del 1944 e l’aprile del 1945 su tutto il movimento partigiano italiano.

L’incarico di Comandante del Corpo Volontari della Libertà venne offerto al gen. Raffaele Cadorna dal Governo Italiano, appena insediatosi dopo la liberazione di Roma,tramite il Capo di Stato Maggiore dell’Esercito gen. Messe, con il consenso degli Alleati, su designazione del C.L.N.A.I., che ne chiedeva esplicita assegnazione in veste di consigliere militare.

Come si vede la missione al Nord trovava concordi tutte le componenti che nella metà del 1944 stavano conducendo con ogni mezzo la Guerra di Liberazione. La componente Politica, con Bonomi e Casati in testa e quindi anche i partiti che si erano ormai ben organizzati per dare vita ad un governo non solo di militari, il vertice militare uscito dall’armistizio, rappresentato dal gen. Messe , gli Alleati, che attraverso il Q.G. di Caserta volevano un uomo anche di loro fiducia per regolare i rifornimenti alle formazioni partigiane, ed gli uomini che al nord erano saliti in montagna, cioè il Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia in tutte le loro espressioni politiche ( comunisti, socialisti, giellisti, moderati, autonomi, liberali, cattolici, monarchici).

Questa precisazione non è fatta per un mero esercizio dialettico ma per sottolineare che nella figura del gen. Raffaele Cadorna si concentra e coagula e riunisce tutte quelle componenti resistenziali italiane, di varie e difforme estrazione che combattono il tedesco invasore ed occupatore, dando nel contempo quella unitarietà al movimento resistenziale che sarà uno ei vanti italiani e che rappresenta la matrice, all’indomani elle vittoria, del nuovo tessuto sociale e politico su cui sorgerà la nuova forma istituzionale.

Non è una semplice constatazione. Basti pensare che altri movimenti di resistenza hanno avuto al loro interni forti contrasti: in Jugoslavia quello fra le forze titine e quelle monarchiche, in Polonia tra quelle nazionali e comuniste, in Albania tra i “ballisti” e le forze comuniste e soprattutto in Grecia, tra i monarchici i comunisti che addirittura sfociò in una prolungata guerra civile.

Cadorna accettò l’incarico dopo che Riccardo Baur, uno dei massimi esponenti del partito d’azione, gli assicurò che tutto il CLNAI aveva votato alla sua andata in modo unitario.

Assistito dalla Special Force n. 1, il reparto inglese che addestrava il personale per la guerra dietro le linee, Cadorna raggiunse la Puglia per un corso intensivo. L’11 agosto fu paracadutato in Val Cavallina, una zona controllata da formazioni delle “Fiammi Verdi”, per poi raggiungere Milano il 17 agosto. Il primo incontro tra Cadorna e il CLNAI riunito al completo, che intanto si era in Comando Generale del Corpo Volontari della Libertà, avvenne il 26 agosto 1944.

In due successive riunioni del CLNAI il 3 e 4 settembre 1944 la posizione di Cadorna venne ufficialmente definita in quella di consigliere militare poiché i partiti comunista, socialista e d’azione si dichiararono contrari a nominarlo Comandante del Corpo Volontari della Libertà. La questione era solo rinviata. Il 27 settembre una ulteriore riunione si concluse con un nulla di fatto. La vicenda si concluse ai primi di novembre, quando ormai tutti si resero conto che la funzione di Cadorna era basilare per avere l’assistenza degli Alleati, che non avrebbero permesso una condotta della guerra partigiana in modo politico e non in armonia con lo sforzo bellico contro la coalizione nazista. Ai primi di novembre la questione del Comando del Corpo Volontari della Libertà fu risolta nel senso di nominare Cadorna Comandate del C.V.L., assistito da due vice-comandanti che sarebbero stati Ferruccio Parri e Luigi Longo.. Cadorna accettò questa soluzione, dopo che il CLNAI lo comunicasse in forma scritta e con la precisa descrizione delle sue funzioni.

Cadorna in questi mesi si era intanto creato un suo piccolo Stato Maggiore, raggruppato attorno al ten. Col. Palombo ed altri ufficiali. Ma la esplicazione della sua attività era molto difficile per ovvi motivi. Da una parte era difficile mantenere il contatto con le formazioni operanti sul terreno, dall’altra era ancora più difficile trasmettere ordini ed indicazioni. In ogni caso riuscì a tenere costantemente informati gli Alleati dell’andamento e dello sviluppo del movimento partigiano, cosa questa che una delle chiavi di vittoria della Resistenza al Nord.

E’ difficile qui descrivere i mesi in cui Cadorna svolse il suo ruolo di comandante nei minuti particolari. La guerra partigiana era dura e completamente diversa da quella classica.

Nel rievocare la figura del generale, qui preme ricordare come la presenza di Cadorna fu un fattore di successo della guerriglia al Nord. Cadorna era stato nominato da Roma e dagli Alleati, e con questa nomina accreditava tutto quello che la resistenza attuava sul campo di battaglia, perché si era battuto contro i tedeschi nella crisi armistiziali, senza esitazioni, perché durante la lotta clandestina aveva mostrato di comprendere con chiarezza di idee come ci si doveva muovere e resistere, come l’azione militare e l’azione politica dovevano necessariamente integrarsi, perchè aveva doti di carattere, di intelletto e di cultura che lo designavano particlarment adatto a questo ruolo di Comandante. E’ una spetto che occorre sottolineare. Un Generale di vecchia famiglia militare che nella guerra di liberazione stava rinverdendo la sua tradizionel secolare di valore e patriottismo, dava credibilità ad un movimento poplare, insurrezionale di variegate forme ed estrazioni politiche ed ideologice, e che permetteva di inserire il valore ed i sacrificidei aprtigiani nell’alveo della lotta generale contro il tedesco. Un ruolo di legittimità che la Resistenza riceveva dall’azione e dall’opera di un uomo che anteponeva ogni interesse di aprte o personali a quelli della Nazione. E per quei tempi era veramente un approccio di eccellenza estremamente necessario, di fronte agli Alleati, per noi Italiani.

Raffaele Cadorna Capo di Stato Maggiore dell’Esercito

La nomimina a Capo di Stato Maggiore dell’Esercito, avvenuta il 5 maggio 1945, non trova entusiasta il nostro protagonista. Nel suoi appunti si legge “Mi cominicano la mia nomina a Capo di S.M. Ricevo un mondo di felicitazioni. Non sono entusiasta. Capisco subito che mi prendono come copertura alla paccottiglia romana. Parlo chiaramente con Chatrian: occorre sciogliere l’Esercito della base.”

Secondo Cadorna occorreva prendere provvedimenti radicali: si doveva a prire una pagina nuova, respingendo ogni compromissione con il passato.

In molti ambienti la nomina era stata interpretata come il tentativo di legare attraverso una persna di prestigio, il vecchio Esercito, o quella parte che si poteva salvare di esso, con le forze uscite dalla esperienza esaltante della guerra partigiana per costruire un nuovo organismo militare sul quale l’Italia potesse avviarsi a costruire le sue nuove Forze Armate.

In altri ambienti, questi all’interno dei partiti politici, qualcuno credeva che la nomina fosse il frutto della volontà di allontanare una figura altamente prestigiosa dal Nord Italia, in modo tale da eliminare un personaggio che sicuramente avrebbe avuto molto spicco sul piano politico, quasi una figura alla “de Gaulle”. Una figura, che però era molto lontana dallo spirito e dalle convinzioni di Cadorna che non accettava la figura del militare politicante e che mai avrebbe utilizzato la carica di Comandante del C.V.L. come trampolino di lancio per una carriera politica che indubbiamente avrebbe riservato qualche successo.

Al di la delle interpretazioni sulla nomia di padrona a Capo dell’Esercito, rimane il fatto che l’Esercito stesso doveaveva avere a capo un uomo a cui tutti facessero riferimento.

L’Esercito che doveva guidare era l’esercito dells confitta. Inutile nascondersi. Salvo il valore dimostrato dalle truppe e dai quadri sul piano personale, l’Esercito Italiano, in quanto organismo predisposto alla guerra, sul piano strettamente operativo non aveva fatto una bella figura nei 39 mesi di guerra. Si possono dare tutte le colpe a Mussolini ed al regime, ma sul piano strettamente tecnico vi furono delle sconfitte inaccettabili. La annosa questione della obsolescenza dei materiali la carenza dei medesimi nasconde una incapacità dei Comandi e dei quadri di utilizzare, nel rapporto costo/efficacia, al meglio le risorse disponibili. La stessa dottrina di impiego non era al pari delle esigenze, e la cosa ancor più grave è stata la capacita di acquisire nuovi elementi dalle lezioni apprese. La campagna di Polonia e la Campagna di Francia dovevano insegnare qualche cosa nel campo tattico ed ordinativo; am poco o nulla si fece per adeguarsi alle esigenze. La tessa difesa del territorio metropolitano appare più una resa morale e motivazionale che una carenza di armi e mezzi. La Marina e la Aeronautica alla prva della guerra hanno fortemente deluso. L’impiego dell’arma subacquea non fu alla alteza delle aspettative, così come l’impiego delle navi di superfice fu mediocre e non tutto può essere addebitato alla mancanza del radar, come la notte di taranto insegna. L’aeronaitic aveva conquistato tutti i records possibili, ma alla prova dei fatti si rilevò alquanto incapace di agire a vasto raggio, a cooperare con le altre armi ad agire, cone si direbbe oggi, con spirito interforze. Il risultato fu che i cieli sopra le nostre navi e le teste dei nostri soldati fu sempre o quasi sempre dominio dell’avversario; inutle poi parlare delle offensive strategiche in profondità teorizzate da Douhet, che non furono nemmeno concepite.

Questa analisi spietata è una “summa” delle idee di Cadorna, che aveva vissuto in prima persona il processo di disfacimento, rispetto al primo conflitto mondiale, delle nostre Forze Armate. La crisi armistiziale aveva praticamente dissolto l’Esercito. Se noi oggi parliamo di Montelungo, come primo atto dell’Esercito Italiano, come rinascita del medesimo, indirettamente ammettiamo che nei tre mesi dall’8 settembre alll’8 dicembre 1943 l’Esercito Italiano non esisteva. E la sua rinascita si deve individuare in quei 5000 uomini che andarono all’assalto a Mignano.

Cadorna reputa che questa situazione è dovuta al cedimento morale e spirituale della classe militare italiana davanti al fascismo. Questo cedimento ha fatto si che ognu anteponesse gli interesi personali, di carriera e di prebente per se e per la sua famiglia, a scapito degli interessi della Forza Armata. Ne discende che le scelte operate non sono adeguare alla realtà ed alla necessita e che la sommatoria di queste ha portato alla serie paurosa di sconfitte nella guerra e poi alla disfatta dell’8 settembrre.

Ne è prova, al contrario, di come le unità al Comando di cdorna, che aveva impostato la sua azione di comando con criteri diametralment opposti, si sono comportati in guerra e nelle vicende del’armistizio. IL 2Savoia Cavalleria”, la Scuola di Pinerolo, la Divisione “Ariete” hanno un atteggiamento degno di lode e gli uomini che furono agli ordini di Cadorna, cresciuti alla sua scuola, ebbero comportamenti d’onore.

L’ordine del giorno che Cadorna indirizza all’Eserecito è estremamente significativo al riguardo. La rigenerazione spirituale e il rigore morale sono i cardini che devono determinare la fermezza del carattere e la onesta, sorpatutto intellettuale oltre che quella materiale, della compagine dell’esercito. Oggi queste parole sembrano retoricoe e danno fastidio. Anche allora davano fastidio e daranno sempre fastigio in quanto contrastano a quel pressappochismo morale ed intelluttale che è la matrice di ogni sconfitta e di ogni tragedia.

Un documento di grande rilevanza, per illuminare la figura di Cadorna in questa chiave è in documento di un discorso, mai pronunciato, in cui si analizza con estrema severità la situazione dell’esercito, nonche le cause remote e prossime della sconfitta. E’ un documento molto severo, che in pratica ho riassunto precdentemente, che nulla concede a commiserazioni o ad indulgenze, nel quale sono chiaramente poste in evidenza le lacune che attanagliano la nostra compagine militare e ove si palesa una forte volontà di rinnovamento attraverso un serio lavoro ed onesto, ispirato ad un alta concezione morale del mestiere delle armi.

Questo è il profilo di Cadorna come capo di quell’Esercito di transizione che prima degli equipaggiamenti e delle armi aveva bisogno di un bagno purificatore, di essere liberato dalla cialtroneria di stampo staraciano che il fascismo gli aveva inculcato.

Sul piano operativo, occorre sottolineare come il lealismo di Cadorna alle istituzioni fu essenziale per un corretto svolgimento del Referendum istituzionale, che vide l’Esercito al servizio della Nazione ed agli ordini del Governo. Soprattutto cadorna ebbe un ruolo non marginale sul conflitto tra la Corona ed il Governo sulla proclamazione dei risultati del “referendum” fatta dalla Cassazione. La partenza per l’esilio di Umberto di Savoia pose fine alle incertezze drammatiche di quei giorni.

Il rigore cadorniano sulle questioni militari fatalmente lo portò alle dimissioni. Nel 1947 molte questioni non erano state risoote, prima fra tutte la questione delle competenze e repasonabilità dei Vertici Militari che si protrarrà fin al 1966. Ma quello che cadorna non accettava era la marea montante di fare un esercito di quantità più che di qualità, un esercito che senza le necessarie risorse finanziarie avrebbe di nuovo fatto non una compagine efficiente ma una accozzaglia, anche ben ordinata e disciplinarmente accettabile, di uomini male istruiti e dotati di pochi mezzi. Si ritornava all’antico.

Non volendo prolungare una situazione di non chiarezza e di incertezz atra poltere politco e potere militareCadorna rassegnò le dimissioni ne febbraio 1947.

Raffaele Cadorna, uomo politico

L’aver lasciato l’esercito non significò per cadorna il termine dell’impegno nella vita pubblica. Si presentò alle elezioni in un seggio senatoriale alle elezioni del 1948. I risultati furono eccellenti: nel collegio Cusio-Ossola ebbe 52810 voti. In Senato, fu componente della Commissione Difesa e questo è facilemtne intuibile. Il suo apporto ai lavori parlamentari fu efficace e qualificato: fu relatore e numeros eleggi che diedero una impostazione programmatica alle Forze armate, come la legge sui sottufficiali ed altre. Curò molto il suo Collegio elettorale, ma la sua mentalità era aliena qualsiasi cosa che fosse “apparto di partito” e quindi si allontanò da coloro che ritengono che i seggi in parlamento sono di pertinenza partitica. La trasformazione in senso sempre più livellatorio, intese come macchine epr raccogliere voti, fecero si che Cadorna uscisse dalla compagine parlamentare e quindi dalla vita pubblica. Non accettò nemmeno la proposta di un seggio senatoriale a vita, come non accettò una decorazione per la sua opera come comandante del Corpo Volontari della Libertà.


Gli anni del raccoglimento

A metà degli anni sessanta si ritirò nella casa di pallanza, attivo sempre negli studi, nella presenza culturale e nella corrispondenza.Nel 1967 curò il volumte “Lettere Familiari”, raccolte delle lettere del Padre. Partecipò alla vita culturale di Milano, vicino alle attività delle associazioni combattentistiche e d’arma, in particllare quella di Cavalleria e fu sempre vicino al suo reggimento “Il Savoia” di cui andò sempre fiero.

Si spense a Pallanza il 20 dicembre 1973. Sulla bara volle i fazzoletti delle Brigate Partigiane e la drappella del 3° Squadrone di 2Savoia Cavalleria” lo squadrone che aveva comandanto da capitano e la tromba che a Isbuscenskji aveva suonato la carica.Erano i simboli di quei valori di Patria e di Libertà cui Raffaele Cadorna si era sempre ispirato per nobilmente servile l’Italia

Meglio di ogni altra parola sono le righe del suo testamento:

“Nel lasciare questo mondo nel quale ho servito con fedeltà ed onore ma soprattutto col massimo disinteresse il mio paese, rivolgo un pensiero grto ai colleghi e dipendenti che condivisero le mie sorti in pace e in guerra. Un pensiero particolarmente affettuoso ai superstiti cavalieri di “Savoia”.

Ai miei figli lascio intatta a tradizione lasciatami dai miei maggiori: quella di vivere con dignità, in piena indipendenza da qualsiasi servitù morale, con la stessa fermezza d’animo nei lieti come nei tristi eventi”
Un testamento degno di nota, che tratteggia l’uomo.
Sulle opere e sui fatti di Cadorna come generale e come uomo politico si sono innestate molte versioni e polemiche. Non è questa la sede per approfondire questi aspetti. Visto da destra, è una sorta di “Traditore” che per varie ragioni non ha dato tutto prima al Governo e poi alla Corona. Sulle vicende armistiziale molte sono le versioni contrastanti, soprattutto nel ruolo che ebbe al comando della divisoni Ariete: Ed anche qui le polemiche non mancano. Visto da Sinistra, era il generale che voleva imbrigliare, per conto delle forze della reazione e del conservatorismo, la idealità partigiana e la spinta progressita e riformista della Resistenza. In pratica una sorta di ostacolo per la realizzazione della sovranità del popolo nelle decisioni fondamentali della nuova Italia.
Una figura di equilibrio, di punto di incontro fra opposti, che ebbe il merntio di far uscire l’Italua dagli estremisti, che sono sempre la matrice di ogni tragedia sociale. Una figura che qui è stata tratteggiata ma che merita ulteriori approfondimenti, cosa che faremo nel corso della nostra attività collaborativa nell’ambito della Associazione

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