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giovedì 5 dicembre 2019

Atteggiamento tedesco verso i soldati italiani. Aspetti criminali

IV FRONTE DELLA GUERRA DI LIBERAZIONE
 settembre 1943


Il Comando del Gruppo Armate D, gen. Von Rundstedt, alla notizia dell’insuccesso delle forze tedesche conto il battaglione  alpino che difendeva il Moncenisio (12 settembre 1943) fece comunicare che tutti i difensori sarebbero stati trattati come franchi tiratori e fucilati sul posto, dando  12 ore, poi ridotte a due, per arrendersi. La giustificazione di questo atteggiamento da parte dei tedeschi è che non esisteva una dichiarazione di guerra tra l’Italia e la Germania.
Scrive Gerard Schreiber:

“Una valutazione decisamente assurda. Evidentemente però Rundstedt non voleva annettere che da un punto di vista obiettivo, pur riconoscendo le sue esigenze, stava agendo ancora una volta da aggressore, mentre gli italiani non facevano altro che difendersi. Uno stato di necessità che anche la Wehrmacht sembrò loro riconoscere fino al 10 settembre. Non appena si trovarono in difficoltà, i tedeschi cercarono di intimidire il nemico minacciando provvedimenti punitivi di carattere criminale. La Wehrmacht li accusava di essere franchi tiratori, ma il comportamento degli appartenenti al Regio Esercito italiano proprio con questi non aveva nulla a che fare. Questi infatti…., fecero una sola cosa, eseguirono gli ordini legittimi del loro Governo.”[1]

Questo atteggiamento dei tedeschi sarà una costante ed è un elemento caratterizzante il IV Fronte della Guerra di Liberazione. Peraltro se i soldati dovevano eseguire gli ordini legittimi del Governo, questi aveva l’obbligo ed il dovere di dare ordini, ed anche questa è un elemento caratterizzante questo fronte.


[1] Gerard Schreiber, I Militari italiani internati nei campi di concentramento del III Reich, Roma Ministero della Difesa, Stato Maggiore dell'Esercito, ufficio Storico, 1992

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