Ora che certi valori e certe memorie tornano ad essere presi in esame, mi sia permesso di esporre una testimonianza, un semplice ricordo di uno che c'era.
Giovane sottotenente di prima nomina (complemento), mi presentavo al IX Regg. Genio di Trani, dove arrivavo il 6 Settembre 1943, per essere assegnato poi ad un Btg mobilitato che si trovava a Bari. Tale reparto, dipendente dal 51° C.d.A., aveva il compito di distruggere, prima dell'arrivo dell'allora nemico, i porti di Bari (I e III Compagnia) e Manfredonia (II Compagnia). Venivo preso in forza il 9 Settembre, proprio mentre le Compagnie nel porto erano sotto l'attacco di truppe tedesche, entratevi probabilmente per anticiparne la distruzione. Nella difesa compiuta anche dai miei commilitoni, moriva tra gli altri il sottoten. Michele Chicchi (è nota in questo frangente l'azione compiuta, per coordinare la difesa, dal Gen. Bellomo, proposto per una decorazione).
Assistemmo da lì agli eventi di quei duri giorni.
Le truppe tedesche dislocate in Puglia inizialmente si allontanarono dirette a Nord (una parte attraversò la penisola per fronteggiare lo sbarco alleato a Salerno), ma dato lo sfaldamento dell'Esercito Italiano, ritornarono in breve a Sud e si attestarono a Trani (nel combattimento del 12 Settembre furono travolti i Comandi del IX Genio e del IX Artiglieria). Gli Inglesi erano intanto sbarcati a Taranto e lì si fermarono per organizzarsi e valutare il da farsi.
La situazione per alcuni giorni fu dunque questa: a Taranto (100 Km da Bari) gli Inglesi a Trani (40 Km da Bari) i Tedeschi, a Bari, ovvero in mezzo, gli Italiani; non più nemici i primi, non più àlleati i secondi, ma sicuramente temuti tutti e due, visto che non se ne conoscevano gli intenti. In questo contesto, per non saper nè leggere nè scrivere, l'artiglieria antiaerea di Bari prendeva a cannonate tutti gli aerei che arrivavano: ricognitori inglesi, tedeschi .... e persino quelli italiani che fuggivano dalla Balcania.
Al comando del magg. Podestà, il mio Btg. era accantonato fuori città, vicino a Carbonara di Bari; occupavamo un settore scorporato di un campo di concentramento di prigionieri di guerra slavi.
Per alcuni giorni, in questa terra di nessuno, la truppa continuò a recarsi al porto per riordinare e recuperare gli attrezzi e gli strumenti impiegati nell'opera di minamento (compressori, martelli perforatori, gruppi elettrogeni, ecc.), ma verso il 20 Settembre il battaglione si imbarcò su un treno e raggiunse Trani. E questo è il punto che mi parve curioso: non avevo ancora visto a Bari gli Inglesi, che sembravano ancora un pò indecisi a Taranto e noi.... ci andavamo in treno! Sembrava una normalità, che però evidentemente gli Inglesi non avevano preso in esame. (Anche con Trani d'altra parte funzionavano le ferrovie, tanto che alcuni ufficiali del IX Regg.to, sbandati dopo il disfacimento del Comando, arrivarono a Bari appunto in treno, per presentarsi al mio Btg., il 501).
Evidentemente il Comando britannico aveva chiesto a quello italiano la disponibilità di genieri e noi fummo immediatamente impiegati, cosa che mi fa ritenere che il mio reparto sia stato il primo gruppo organico italiano ad essere messo a disposizione dell'VIlI Armata.
A Taranto ci era stato assegnato il compito di allargare una strada secondaria che aggirava il Mar Piccolo e che consentiva perciò, da un lato, di unire le due parti della città evitando la strettoia del Ponte Girevole e dall'altro di avvicinare notevolmente l'aeroporto di Grottaglie, essenziale per l'attività aerea.
A fine Settembre, da Taranto raggiungemmo Foggia e da li risalimmo pian piano la penisola, sempre alle dirette dipendenze del Genio dell'VIlI Armata britannica. E i rapporti col Comando inglese si modificarono rapidamente; a mano a mano che migliorava la reciproca conoscenza, aumentavano la fiducia e la stima, tanto che a Natale '43 le relazioni personali e collettive erano di autentica alleanza.
Tale collaborazione continuò per tutta la durata della campagna. Insieme ad un altro Btg. si formò un primo Raggruppamento Italiano del Genio (al comando del Col.Tuzi) il quale, alle dirette dipendenze (quanto a impiego) del Comando Genio dell'VIlI Armata, risalì tutta la penisola, svolgendo i compiti tipici del Genio (lavori di ampliamento stradale, riattamento e ricostruzione ponti, sminamento, ecc.), a ridosso delle prime linee.
Eravamo con le nostre divise, con le nostre armi e con i nostri mezzi, praticamente alleati fin dal Dicembre '43, quando ci trovavamo tra Campobasso e Isernia; dipendevamo dall'VIlI Armata quanto a impiego e vettovagliamento (era stata inventata anche la "tabella italiana" per farci avere pasta, frutta e vino, ignoti agli inglesi e ai Polacchi con i quali fummo a contatto di gomito).
Mi sono dilungato nella descrizione della nostra situazione formale perché mi sembra sia stata piuttosto singolare. Non facemmo infatti mai parte del Corpo Italiano di Liberazione e successivamente non fummo incorporati nei Gruppi di Combattimento (che furono le due fasi della cobelligeranza), così come non fummo inquadrati nelle Divisioni Ausiliarie. Ho ritenuto quindi utile illustrare un tipo di cooperazione sfuggita ad ogni relazione, tanto piu' che sulle nostre vicende di "badogliani" è stato calato il più tenebroso silenzio, durato per decenni.
Nessuno di noi peraltro può dimenticare il dramma di quei mesi e non tanto per i pericoli e i disagi, che potevano essere superati con l'entusiasmo dei vent'anni e l'eccitazione di sentirsi partecipi di un evento epocale, quanto per le sofferenze morali derivanti da una guerra perduta, dalla nazione occupata, dalla guerra civile, dalla lontananza dalle famiglie con le quali era impossibile comunicare, dal timore per i pericoli (bombardamenti o ritorsioni politiche) che correvano i familiari.
Questi i sentimenti che accompagnarono quel periodo sicuramente irripetibile.
Io lasciai il servizio a fine Aprile '44 perchè ferito nelle vicinanze di Isernia.
Mi è sembrato giusto descrivere qualche particolare della mia esperienza di cui sono ovviamente fiero.
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