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venerdì 7 agosto 2020

La crisi armistiziale del 1943 I Parte


Gli ex alleati tedeschi
di


Osvaldo Biribicchi


All’indomani del 25 luglio, iniziò tra tedeschi e italiani un gioco ambiguo che avrebbe portato sia la popolazione che le forze armate italiane verso una delle peggiori tragedie della loro storia. I primi cominciarono a far affluire nella penisola numerose unità per concorrere, apparentemente, a difenderla dagli angloamericani sbarcati in Sicilia il 10 luglio (in realtà per premunirsi dall’imminente cambio di schieramento del governo Badoglio); i secondi iniziarono in segreto febbrili trattative con gli Alleati per uscire dalla guerra continuando però, apparentemente, a mostrarsi amici della Germania. Mentre i tedeschi portavano a termine il posizionamento dei propri reparti, il generale Castellano, a Cassibile in Sicilia, il 3 settembre 1943 firmava il cosiddetto armistizio corto che, nelle intenzioni degli italiani, avrebbe dovuto essere reso di pubblico dominio il 12 settembre.                 In realtà, il Generale Eisenhower decise unilateralmente di annunciare l’armistizio, da radio Algeri, l’8 settembre alle ore diciotto e trenta ed il Maresciallo Badoglio, colto di sorpresa, fu costretto ad annunciarlo subito dopo, alle diciannove e quarantacinque. Nell’annuncio radiofonico, Badoglio disse: «ogni atto di ostilità contro le forze angloamericane deve cessare da parte delle forze italiane in ogni luogo. Esse però reagiranno ad eventuali attacchi da qualsiasi altra provenienza».        Se i reparti italiani, in patria ed all’estero, la sera dell’8 settembre furono colti di sorpresa non lo furono quelli germanici i quali sapevano già cosa fare, come muoversi e dove attaccare avendo ricevuto ordini esecutivi chiari.                                                                                                           

 Per gli ex alleati degli italiani iniziò la campagna del fronte meridionale, che aveva l’obiettivo strategico di tenere il più possibile a sud, lontano dal confine meridionale del Reich, il nemico angloamericano, nella convinzione che la guerra si sarebbe decisa contro l’Unione Sovietica sul fronte orientale e soprattutto impedendo uno sbarco in Europa di forze angloamericane provenienti dalle isole britanniche. Le forze armate italiane, lasciate senza ordini o con ordini del tutto generici e demoralizzate, si sbandarono. Decine di migliaia di soldati, completamente ignari dell’avvenuto armistizio, all’alba del 9 settembre 1943 furono sistematicamente attaccati e fatti prigionieri dalle truppe tedesche. La sorpresa per i soldati italiani fu dunque totale, in un attimo si ritrovarono, sotto la minaccia delle armi dei vecchi alleati, a dover decidere se continuare a combattere con loro oppure essere internati in Germania. Coloro che lasciarono le proprie unità per tornare a casa od unirsi alle formazioni partigiane, quando scoperti, furono fucilati senza processo in quanto considerati volgari banditi. Fuori dai confini nazionali, in Corsica, in Albania, nell’Egeo, in Grecia, in Francia in Jugoslavia alcuni reparti riuscirono ad unirsi alle forze partigiane locali che combattevano contro i tedeschi, altri opposero a questi una strenua resistenza. Alla data dell’armistizio, i cittadini in armi erano circa 4 600 000. Una massa enorme che nel giro di poche ore avrebbe perso la già ridotta capacità di combattimento. Nei vari teatri operativi fuori dai confini nazionali stazionavano circa 900 mila uomini: 260 mila in Grecia e nelle isole dell’Egeo, 300 mila in Croazia, Slovenia, Dalmazia, Montenegro e Bocche di Cattaro, 230 mila uomini in Francia e Corsica, più di 100 mila in Albania. Una forza apparentemente formidabile, in realtà terribilmente debole, senza direttive da parte del capo del governo Badoglio, del generale Ambrosio, capo di stato maggiore generale e del generale Mario Roatta capo di stato maggiore dell’esercito. Quel che rimaneva della marina e dell’aeronautica si consegnò agli angloamericani in applicazione delle clausole armistiziali, mentre il Re, il maresciallo Badoglio e le più alte autorità civili e militari abbandonarono immediatamente Roma e si rifugiarono a Brindisi lasciata dalle truppe tedesche e subito occupata dalle forze alleate. Nel momento in cui il Re e Badoglio sbarcarono a Brindisi nacque il cosiddetto Regno del Sud allo scopo di garantire formalmente la continuità, la sovranità dello Stato italiano. In realtà con la firma, il 29 settembre 1943, dell’armistizio lungo, l’atto nel quale vennero precisate le condizioni della resa senza condizioni già contenute genericamente nell’armistizio di Cassibile (armistizio corto), l’Italia fu costretta a fornire ai liberatori angloamericani tutto ciò che rimaneva delle proprie risorse finanziarie ed infrastrutturali. L’attività amministrativa del governo Badoglio fu sottoposta al diretto controllo degli Alleati.                                                                                                                                              
(continua con post in data 14 agosto 2020)





[1] Carlo Cigliana, Le cinque settimane più controverse della Guerra d’Italia, in La Guerra di Liberazione-Scritti del Trentennale, Stato Maggiore dell’Esercito-Ufficio Storico, 1976, pp. 61-62.
[2] Leandro Giaccone, Considerazioni sull’armistizio, in Otto settembre 1943 – L’armistizio italiano 40 anni dopo, Atti del Convegno Internazionale (Milano 7-8 settembre 1983), Ministero della Difesa-Comitato Storico «Forze Armate e Guerra di Liberazione», Roma, 1985, pp. 421-428.
[3] Carlo Vallauri, Soldati-Le forze armate italiane dall’armistizio alla Liberazione, UTET Libreria, Torino, 2003, p. 64.
[4] Filippo Stefani, Storia della dottrina e degli ordinamenti dell’esercito italiano, Roma, Ministero della Difesa Stato Maggiore dell’Esercito-Ufficio Storico, 1984-1987, vol. IV, p.
[5] Ivi, p.

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