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venerdì 14 agosto 2020

La crisi armistiziale del 1943 2a Parte

  

Gli ex alleati tedeschi
di



Osvaldo Biribicchi


Ma torniamo alle ore che seguirono la proclamazione dell’armistizio, quelle più delicate in cui le truppe sul terreno avrebbero dovuto ricevere ordini operativi chiari e comprensibili, che sono ben altra cosa degli annunci radiofonici, dai rispettivi comandi superiori per poi agire di conseguenza.  Eloquente al riguardo quanto riportato dal generale di corpo d’armata Carlo Cigliana nel suo scritto Le cinque settimane più controverse della guerra d’Italia: «Alle 2,30 del 9 settembre, il Comando Supremo, dopo aver constatato (con rammarico) che il “Promemoria n. 2” non era giunto al Comano Gruppo Armate Est né al Comando dell’Egeo (per un complesso di 14 Divisioni), inviò ai Comandi dipendenti un lungo telegramma cifrato nel quale, dopo aver riportato gli ordini principali del “Promemoria n. 2”, confermava il comunicato Badoglio. Ma anche questo ordine, in realtà un pò sibillino perché si poteva ormai uscire dall’equivoco, arrivò troppo tardi, quando cioè molte unità, all’alba del giorno 9, attaccate dai reparti motorizzati tedeschi, abbondantemente appoggiati dagli Stukas, erano già state travolte di sorpresa o stavano difendendosi disperatamente. In Italia, nonostante la “Memoria 45”, giunta a destinazione il 7 settembre, i vari Comandi, per mancanza di successivi ordini esecutivi, si trovarono all’ultimo momento nella necessità di agire di iniziativa; peraltro il contenuto del proclama Badoglio, che prescriveva solo di reagire ad “eventuali attacchi da qualsiasi altra provenienza”, creò indecisioni che ebbero tragiche conseguenze […] Erano così cominciate a giungere a Roma richieste urgenti di chiarimenti, che si erano poi intrecciate con l’annuncio ufficiale del proclama Badoglio, tanto che Roatta, nella notte, fece trasmettere a tutti i Comandi dipendenti l’ordine di reagire con la forza ad ogni violenza tedesca.                                  Ma non si usciva ancora dall’equivoco perché questi ordini erano sempre una conferma del proclama Badoglio ed erano comunque tardivi perché molti reparti più staccati non fecero neppure in tempo a ricevere disposizioni prima di essere attaccati dalle truppe tedesche che avevano anch’esse udito il proclama Badoglio ed avevano già ricevuto l’ordine esecutivo di attacco, da tempo predisposto»[1].   Leandro Giaccone in Considerazioni sull’armistizio fa una osservazione che ci aiuta ulteriormente ad inquadrare quell’evento nel contesto del tempo: «L’otto settembre 1943 gli angloamericani proclamarono improvvisamente al mondo la resa incondizionata che l’Italia cinque giorni prima aveva segretamente firmato a Cassibile. Prima di noi, nel corso della seconda guerra mondiale, si erano già arrese una dozzina di nazioni: Finlandia Estonia Lituania Polonia, Norvegia Danimarca Olanda Belgio, Francia Jugoslavia e Grecia; infine si arrenderà anche la Germania. Sono tutti eguali i macroscopici fenomeni militari e gli infiniti drammi umani che si verificarono, come da noi, così in tutte le altre nazioni all’atto dell’armistizio imposto dal vincitore. Una differenza fondamentale distingue però l’otto settembre italiano, il settembre nero, dalla disfatta di tutti gli altri Stati europei. Tutti gli altri non scelsero il momento della loro resa; la subirono quando vi furono materialmente obbligati dalla invasione armata del proprio territorio. Solo l’Italia scelse liberamente il momento della sua resa, rompendo un’alleanza che la Germania nazista aveva trasformato in sudditanza, per riprendere la sua antica collocazione tra le democrazie occidentali europee. 

(continua con post in data 21 agosto 2020)

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