martedì 31 dicembre 2019
Corsica. Le operazioni 1
IV FRONTE DELLA GUERRA DI LIBERAZIONE
Settembre 1943
Il 14 settembre era iniziato lo sbarco di elementi della
Francia Libera, tra cui la 4° Divisione motorizzata marocchina disposti a
collaborare con le forze italiane, al comando del generale Henri Giraud, a quel
tempo copresidente insieme al gen. De Gaulle del Comitato di Liberazione
Francese e comandante in capo delle forze armate francesi unificate. Furono
decise due azioni: una diretta contro Bastia con avvolgimento da sud e da nord,
affidata ad un raggruppamento tattico di truppe italiane e francesi, l’altra da
nord affidata esclusivamente a truppe italiane, poste alle dipendenze del
comandante la 225° divisione costiera diretta lungo la valle del Golo per
impedire l’afflusso di forze tedesche.
Dopo le azioni preliminari dei giorni 29 e 30 settembre
ebbero inizio nei giorni 1 e 2 ottobre le operazioni che condussero il giorno 4
alla completa conquista di Bastia.
I tedeschi, peraltro, avevano rinunciato a difendere la
Corsica e cercarono, come visto, di trasportare il maggior numero di mezzi e
materiali sul continente, in Italia centrale.
Le truppe italiane furono dopo la presa di Bastia
raggruppate in un Corpo di Spedizione italiano in Corsica e quindi trasferite
via via in Sardegna, movimento che iniziò nella prima decade di ottobre e si
concluse il 25 novembre successivo. In Corsica rimasero alcuni reparti e servizi,
per una forza complessiva di 7000 uomini.
mercoledì 25 dicembre 2019
Corsica. La crisi armistiziale
IL IV FRONTE DELLA GUERRA DI LIBERAZIONE
Settembre 1943
Come la Francia
meridionale, anche la Corsica fu occupata dalle truppe italiane a seguito degli
sbarchi anglo-americani in Marocco ed in Nord Africa. L’importanza della
Corsica era sicuramente inferiore a quello della Sardegna, ma dopo i citati
sbarchi, il suo ruolo strategico non poteva essere sottovalutato. Occupava la
Corsica il VII Corpo d’Armata, al comando del gen. Giovanni Magli, che aveva
assunto il comando nel marzo del 1943, con sede a Corte. Il Corpo d’Armata
aveva alle dipendenze due divisioni costiere, le divisioni di fanteria Friuli e
Cremona, il 10° Raggruppamento celere, il 175° Reggimento alpini, ed inquadrava
forze navali, nei porti di Ajaccio, Portovecchio e Bastia, e aeree dislocate
negli aeroporti di Borgo, Ghisonaccia, Ajaccio, Campo dell’Oro, Portovecchio.
In totale vi erano 74.000 soldati italiani più 2000 tra avieri e marinai. I
tedeschi avevano forze di circa 4000 uomini, ovvero della brigata d’assalto
“Reichfuhre-SS, inviata nel luglio 1943. Il comandante tedesco era il gen. Von
Senger und Etterling, che si distinguerà per il suo equilibrio nei giorni della
battaglia di Cassino.
All’annuncio dell’armistizio, il Comando italiano fu colto
completamente di sorpresa. La nota memoria 44 emanata dal gen. Roatta giunse in
Corsica solamente il 10 settembre quando i combattimenti con i tedeschi erano
in corso da 48 ore, Dati i rapporti intercorrenti con i tedeschi, Magli,
sentito Il Comando Supremo a Roma, accoglieva la richiesta di far transitare in
Corsica la 90° Divisione leggera tedesca e le altre truppe provenienti dalla
Sardegna. Magli indicava anche l’itinerario da seguire.
Nonostante gli accordi tra Magli e Von Senger sulla
evacuazione tedesca dell’isola, nella notte tra lì8 ed il 9 settembre la
guarnigione tedesca di bastia attaccò le truppe italiane, soprattutto nel
porto. Qui gli scontri assunsero aspetti violenti, in cui intervennero anche le
unità navali. Al termine, dopo che gli italiani ripreso il controllo alla
mattina del 9 si ebbero a terra 5 morti tra gli italiani, mentre tra i marinai,
soprattutto tra l’equipaggio di nave Ardito, si ebbero 80 morti e un centinaio
di feriti. I tedeschi contarono oltre 500 morti ed altrettanto feriti,
soprattutto fra gli equipaggi e personale imbarcato delle motozattere che
avevano tentato di prendere il largo ed affrontate dallo stesso Ardito e fatte
bersaglio dalle postazioni di artiglieria della difesa costiera.
Con l’afflusso delle forze tedesche dalla Sardegna la situazione
assunse aspetti diversi. Ricevuto da Roma la comunicazione che le truppe
tedesche dovevano considerarsi nemiche il gen. Magli impartì gli ordini
relativi e fu scontro aperto. La prima fase di questi scontri iniziò il 12
settembre. Si combatte il giorno 12 a Casamozza, Bastia e Vezzani, il giorno
successivo di nuovo a Bastia con violenti combattimenti che provocarono perdite
rilevanti alla divisione Friuli; lo stesso giorno elementi della Cremona si
scontrarono con truppe tedesche a Zonza costringendole a ritirarsi su Quenza.
In queste circostanze entrarono anche in combattimento le forze della
resistenza locale al comando di Paolo Colonna d’Istria e furono particolarmente
utili nel settore delle informazioni e in quello dei collegamenti; i partigiani
corsi compirono diversi attacchi “mordi e fuggi” contro elementi tedeschi
isolati. I tedeschi erano superiori in termini di mezzi corazzati e motorizzati
e quindi fu riordinato lo schieramento delle forze italiane. La Friuli si
scierò sulla fascia costiera, un raggruppamento di cinque battaglioni e otto
batterie nella valle di Golo, il comando del 182° battaglione costiero nella
zona di Morosaglia; nella zona centrale dell’isola, un raggruppamento della
Cremona si schierò nella conca di Corte, un raggruppamento di bersaglieri e di
alpini nella zona del colle di Sorba-Vezzani, mentre la 226° divisione costiera
si schierò nella zona occidentale.
Il 14 settembre venne respinto un attacco tedesco nella
zona attorno a La Barchetta; il giorno 17 nella zona di Morosaglia fu prima
rallentata poi definitivamente fermata una puntata tedesca di mezzi corazzati e
motorizzati; nello stesso giorno nella zona centrale si combatte nella zona di
Ghisoni, ed il giorno successivo un attacco tedesco venne stroncato sul nascere
nella valle Trevignano.
Nella zona
meridionale le forze italiane il giorno 15 attaccarono, con azione convergente
partito da Acellene, la cittadina di Zonza, annientandone il presidio tedesco;
il giorno 16 un attacco tedesco lanciato nella zona di Lieve fu respinto. Il
risultato di queste operazioni fu che i tedeschi, nonostante numerosi
tentativi, non riuscivano a penetrare all’interno dell’isola, oltre al fatto
che era definitivamente tramontata l’idea di disarmare le truppe italiane che
reagivano nella loro totalità.
venerdì 20 dicembre 2019
domenica 15 dicembre 2019
Il gen. Vercellino e la 4a Armata
IL IV FRONTE DELLA GUERRA DI LIBERAZIONE
settembre 1943
Generale Vercellino |
Il
gen. Vercellino in questa circostanza non dette buona prova d sé. La 4a Armata
era una unità ben equipaggiata e solida, in collegamento costante con lo Stato
Maggiore a Roma. Aveva alle dipendenze solidi reparti, di provata efficienza.
Rispetto alle altre unità fuori del territorio nazionale godeva anche di
operare i territori prossimi al confine ed in territorio metropolitano.
Vercellino riuscì a raggiungere Torino, poi trasferì il Comando a Cuneo dove
incontrò il gen. Bancale ed il gen. Operti, e poi fu raggiunto dal gen.
Trabucchi. La sera dell'11 settembre, constata la situazione, sciolse la 11
Armata, lasciando libero ogni dal servizio.
martedì 10 dicembre 2019
1943. Il Valore Militare Settembre 1943
Medaglie d'Oro della Guerra di Liberazione. I fronte settembre 1943
Gonzaga del Vodice Ferrante, | Generale
|
i |
giovedì 5 dicembre 2019
Atteggiamento tedesco verso i soldati italiani. Aspetti criminali
IV FRONTE DELLA GUERRA DI LIBERAZIONE
settembre 1943
Il
Comando del Gruppo Armate D, gen. Von Rundstedt, alla notizia dell’insuccesso delle forze tedesche conto il battaglione alpino che difendeva il Moncenisio (12 settembre 1943) fece comunicare che tutti i difensori sarebbero stati trattati come franchi
tiratori e fucilati sul posto, dando 12
ore, poi ridotte a due, per arrendersi. La giustificazione di questo
atteggiamento da parte dei tedeschi è che non esisteva una dichiarazione di
guerra tra l’Italia e la Germania.
Scrive
Gerard Schreiber:
“Una valutazione decisamente assurda.
Evidentemente però Rundstedt non voleva annettere che da un punto di vista
obiettivo, pur riconoscendo le sue esigenze, stava agendo ancora una volta da
aggressore, mentre gli italiani non facevano altro che difendersi. Uno stato di
necessità che anche la Wehrmacht sembrò loro riconoscere fino al 10 settembre.
Non appena si trovarono in difficoltà, i tedeschi cercarono di intimidire il
nemico minacciando provvedimenti punitivi di carattere criminale. La Wehrmacht
li accusava di essere franchi tiratori, ma il comportamento degli appartenenti
al Regio Esercito italiano proprio con questi non aveva nulla a che fare.
Questi infatti…., fecero una sola cosa, eseguirono gli ordini legittimi del
loro Governo.”[1]
Questo
atteggiamento dei tedeschi sarà una costante ed è un elemento caratterizzante
il IV Fronte della Guerra di Liberazione. Peraltro se i soldati dovevano
eseguire gli ordini legittimi del Governo, questi aveva l’obbligo ed il dovere
di dare ordini, ed anche questa è un elemento caratterizzante questo fronte.
[1] Gerard Schreiber, I Militari italiani internati nei campi di concentramento del III Reich, Roma Ministero della Difesa, Stato Maggiore dell'Esercito, ufficio Storico, 1992
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