Nelle
isole dello Ionio le vicende di Cefalonia sono permeate dalla vicenda degli
eccidi perpretati nel settembre 1943, la cui efferatezza ancora non si spiega.
Questo coinvolge anche i tedeschi che spesso assumono atteggiamenti prudenti e
meno aggressivi.
A
Cefalonia i superstiti della strage perpetrata dai tedeschi della Divisione “Acqui”
diedero vita alla formazione partita Raggruppamento Banditi Acqui, che operò
per tutto il 1944 operò che agirono accanto alle formazioni della resistenza
greca. Si distingue in queste azioni il
cap. Apolloni ed il Cap. Pampaloni, ufficiali che erano stati gli animatori della
resistenza ai tedeschi durante le giornate armistiziali. Il Raggruppamento
operava anche in vista di un eventuale sbarco alleato e si predisponeva per
svolgere azioni a sostegno di questa operazione. Per tutto il 1944 a Cefalonia
il Raggruppamento operò a fianco dei partigiani greci e in collegamento con la
missione alleata[1]
Un
anno esatto dopo l’annunzi dell’armistizio, l’8 settembre 1944 il
Raggruppamento Banditi della Acqui riuscì ad occupare tutte le installazioni
militari di Argostoli ed il cap. Apollonio in presenza dei rappresentanti
alleati e delle formazioni della resistenza greca issò su Argostoli la bandiera
italiana e la bandiera greca. Il mattino successivo furono liberati i
prigioneri politici greci e i sospettati di collaborare con la resistenza egli
ostaggi. Il Raggruppamento Banditi Acqui su ordine del Comando Alleato del
Medio oriente stabilì che tale unità era da considerarsi “cobelligerante e
quindi agli ordini del Comando inglese, mettendolo al riparo di ogni azione da
parte di fazioni della resistenza greca. Il Raggruppamento consisteva in 1286
uomini di cui 17 Ufficiali, 56 sottufficiali e 1286 uomini di truppa. Ed era
riccamente armato, avendo anche a disposizione 4 pezzi da 155/14 e 4 pezzi da
100/17. Le armi, onde evitare che cadessero in mano a elementi greci ostili ai
britannici o fosse oggetto di ulteriori contrasti, furono in gran parte inviate
in Italia Il pomeriggio dell’11 novembre 1944 giungevano a Cefalonia i cacciatorpediniere
“Artigliere “èLegionario” e cinque mezzi da sbarco della Marina britannica che rimpatriarono
i superstiti della “Acqui”. Il 12 novembre 1944 le massime autorità greche
dell’isola di Cefalonia, i comandanti delle formazioni della resistenza greca,
i rappresentanti della Missione Militare Alleata salutarono i soldati italiani
che rientravano in Italia in armi. Al largo dell’isola di Vardiani lanciarono
in mare due corone di fiori in memoria degli ufficiali e dei soldati della
2Acqui” caduti a Cefalonia o che erano naufragati durante il trasferimento in
terra ferma. Accolti con tutti gli onori a Taranto, il “Raggruppamento Banditi
Acqui” era la prima unità della resistenza all’estero che rientrava in Italia.
Aveva operato in una situazione obiettivamente difficile ed irta di pericoli ed
aveva confermato la volontà espressa nei drammatici giorni dell’armistizio di
resistere ai tedeschi; aveva collaborato con lealtà con le organizzazioni della
resistenza ellenica conquistandone la fiducia. La divisione “Acqui” con loro
ritornava in Italina dopo una esperienza che segna la guerra di Liberazione e
la resistenza dei militari italiani all’estero.[2]
[1]
Una descrizione dettagliata
delle azioni del Raggruppamento Banditi Acqui si trova in Giraudi G., La resistenza dei Militari Italiani
all’estero. Grecia continentale e Isole dello Jonio, Roma, Ministero della
Difesa, Commissione per lo studio della Resistenza dei Militari Italiani
all’estero, Rivista Militare, 1999 pag.515 e segg.
[2]
Giraudi G., La resistenza dei Militari Italiani
all’estero. Grecia continentale e Isole dello Jonio, cit., pag 524 e segg.
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