Pur
spingendosi nell’entroterra per circa 3 chilometri con la loro avanguardia, gli
inglesi subirono molte perdite e non riuscirono ad assicurarsi gli importanti
obiettivi fissati per il D-Day: il porto di Salerno, il campo di aviazione di
Montecorvino e i nodi stradali di Battipaglia ed Eboli. Inoltre, alla fine
della giornata, c’era ancora un varco di oltre 11 chilometri tra il fianco
destro inglese a nord del fiume Sele ed il fianco sinistro americano a sud del
fiume. Gli sbarchi americani ebbero luogo su quattro spiagge vicino ai famosi
templi greci di Paestum. Fu una prova durissima per le truppe della 36ª
divisione, per le quali si trattava del battesimo del fuoco: già sottoposte,
mentre si avvicinavano alla costa, al massiccio fuoco dei difensori senza avere
alcun appoggio dalle proprie unità, dopo lo sbarco dovettero attraversare
un’altra fitta cortina di fuoco e subire infine il martellamento di tutta una
serie di attacchi aerei tedeschi. Per fortuna, quando ormai la situazione stava
facendosi critica, in appoggio alla forza da sbarco intervennero i cannoni
delle unità navali. Prezioso si dimostrò, in particolare, l’appoggio fornito,
sia qui sia nel settore inglese, dai cacciatorpediniere che avventurandosi
attraverso i campi minati per portarsi sottocosta, contribuirono in maniera
rilevante a neutralizzare i contrattacchi di piccoli gruppi di carri armati
tedeschi che, per gli invasori, rappresentavano la minaccia più grave. Le
truppe furono costrette a scavare in tutta fretta buche nella sabbia, nelle
quali ripararsi per cercare di sottrarsi al fuoco intenso, carri armati
tedeschi si avvicinarono in alcuni punti fino a 200 metri dalla spiaggia,
sparando sui mezzi da sbarco che stavano accostandosi. Nel settore inglese i
combattimenti furono fin dall’inizio anche più duri che in quello americano; i
battaglioni Hampshire, che erano sbarcati sulla spiaggia sbagliata, dovettero
spostarsi di quasi due chilometri verso nord, in un terreno in cui si
rivelavano mitragliatrici, cannoni, carri armati, contro i quali non
disponevano ancora di armi adeguate. Sulla spiaggia la confusione era al colmo:
genieri stendevano reti metalliche per agevolare il transito degli automezzi
sulla sabbia, altri cercavano le mine, dovunque vi erano cataste di materiali e
uomini ammassati. Non si può asserire che tutto andasse per il meglio; fra il
materiale giunto sulla spiaggia c’era anche un pianoforte; automezzi e carri
armati sbarcavano con appese intorno ceste di galline e in una gabbia vi era un
grosso maiale allevato per una mensa ufficiali. I palloni da sbarramento,
innalzati poco dopo i primi sbarchi, avevano già disturbato gli aerei tedeschi
nelle loro incursioni lungo le spiagge; dopo l’alba questi si limitarono a
fugaci apparizioni perché gli aerei imbarcati sulle portaerei avevano
provveduto a mettere in atto “l’ombrello aereo”. Per quanto in quella prima
giornata fossero stati raggiunti gli obiettivi indicati dal “piano”, e
l’avanzata, specialmente sulla fronte del X corpo britannico, fosse stata
limitata a una profondità di pochi chilometri, regnava nei Comandi alleati un
certo ottimismo. La più grave preoccupazione era causata da quel vuoto di 11
chilometri fra i due corpi d’armata, che nessuno di essi era in grado di
riempire, impegnati come erano sulla propria fronte. Se avessero avuto appena
cognizione di ciò che Kesselring stava preparando, l’ottimismo sarebbe stato
alquanto attenuato. Mentre la divisione “Goering” stava già entrando in azione
contro le punte dei Rangers e dei commandos sui monti alla base della penisola
di Sorrento, affluivano verso il campo di battaglia la 29ª divisione dalla
Calabria, la 15ª dalla zona di Gaeta e successivamente la 3ª corazzata.
L’ordine di Hitler era di “spazzare” gli anglo-americani dalla spiaggia di
Salerno, ma la richiesta di Kesselring di ricevere rinforzi dal Gruppo Rommel,
che era nell’Italia settentrionale, impegnato a catturare ed inviare in
Germania le truppe italiane, non fu accolta. Hitler antepose “la punizione”
dell’esercito ex alleato alla vittoria a Salerno, che forse Kesselring avrebbe
potuto ottenere se il 13 e 14 settembre avesse avuto altre due divisioni a sua
disposizione. Il secondo giorno, 10 settembre, la situazione si fece assai più
calma nel settore americano in quanto la 16ª divisione corazzata aveva trasferito
quasi tutte le sue poche forze verso il settore inglese, più a nord (proprio da
qui infatti veniva la più grave minaccia strategica per il settore di Salerno).
Gli americani approfittarono del momento di pausa per allargare la loro testa
di ponte e per sbarcare il grosso della 45ª divisione, la loro riserva
“galleggiante”.
Intanto la
56ª divisione inglese aveva occupato nella prima mattinata il campo di
aviazione di Montecorvino e il centro di Battipaglia, da dove però dovette poi
ritirarsi sotto l’incalzare di un energico contrattacco portato da due
battaglioni di fanteria motorizzata tedeschi affiancati da alcuni carri armati,
la cui apparizione provocò fenomeni di vero e proprio panico. I servizi segreti
alleati avevano avuto notizia che l’aviazione tedesca possedeva un’arma nuova e
micidiale: una bomba volante, guidata con onde radio e ne avevano informato le
navi. Una fonte anonima aveva avuto l’idea che gli impulsi radio avrebbero
potuto essere disturbati facendo funzionare rasoi elettrici, quando vi fosse
stato motivo di sospettare che un aereo stava lanciando uno di quei ordigni.
Non si sa se per effetto dei rasoi elettrici ma più probabilmente a causa di
errori commessi da chi doveva “guidare” la bomba, la prima che fu lanciata,
alle ore 19.30 del 10, andò a finire in acqua e non fece alcun danno.
L’indomani mattina l’esito fu alquanto diverso: l’incrociatore “Savannah” fu
colpito in pieno su una torretta. La bomba esplose nell’interno della nave,
uccidendo un centinaio di uomini, aprì un largo foro sul fondo e sconquassò le
giunture, facendo imbarcare tanta acqua che l’incrociatore si inclinò di prua.
Le squadre di riparazione riuscirono però a turare le falle e l’imbarcazione
poté essere rimorchiata a Malta. Il giorno precedente, con la stessa arma, essi
avevano assestato un bel colpo alla flotta principale degli ex alleati
italiani, quando questa era appena salpata da La Spezia per raggiungere le
marine da guerra alleate, affondando la nave ammiraglia, la Roma.
La notte
del 10 la 56a divisione sferrò un attacco con 3 brigate per impadronirsi del
massiccio dominante di monte Eboli, ma realizzò solo esigui progressi (tra i
quali il rientro a Battipaglia). La 46a divisione occupò Salerno, ma non fu
possibile usufruire del porto per parecchi giorni perché l’artiglieria e i
mitraglieri tedeschi lo tenevano sotto il loro fuoco; riuscì invece ad inviare
una sua brigata a rilevare i commandos, ma non sviluppò una tempestiva azione
verso nord. Commandos e rangers stavano intanto sostenendo una dura lotta sui
monti, contro una parte della divisione “Goering”, riuscendo a conservare più o
meno le posizioni raggiunte, sebbene a costo di forti perdite. Nel settore
americano, la 45ª divisione, fresca di sbarco, risalì per circa 15 chilometri
lungo la sponda orientale del Sele, passando per Persano e arrivando fin quasi
al centro stradale di Ponte Sele: l’apice della linea che, secondo i piani, la
testa di sbarco avrebbe dovuto raggiungere. Ma a questo punto un battaglione di
fanteria motorizzata tedesco e 8 carri armati, riportati al di là del fiume dal
settore inglese, sferrarono un contrattacco che costrinse gli americani
dapprima a fermarsi e poi a ripiegare. Pertanto alla fine del terzo giorno le
quattro divisioni e le unità supplementari, equivalenti ad una quinta
divisione, sbarcate nel golfo di Salerno erano ancora confinate in due teste di
sbarco poco profonde e separate, mentre i tedeschi avevano in mano sia le
alture circostanti sia le vie d’accesso alla fascia costiera pianeggiante. Le speranze di raggiungere
Napoli entro il terzo giorno erano svanite. La 16ª divisione corazzata, la cui
forza in unità da combattimento era appena la metà di quella di una divisione
alleata, era riuscita ad arginare l’invasione e a guadagnare tempo in vista
dell’arrivo di consistenti rinforzi tedeschi. I primi ad arrivare furono la 29ª
Panzer Grenadier che stava già rientrando dalla Calabria, e un gruppo da
combattimento (consistente in 2 battaglioni di fanteria e in circa 20 carri
armati) che la rabberciata divisione Hërmann Goering era riuscita a mettere
insieme. Questo gruppo da combattimento, proveniente dal settore di Napoli,
contrattaccò e sfondò la linea inglese al di là del Passo di La Molina,
spingendosi fin nei pressi di Vietri prima di essere fermato, il 13 settembre,
dal rientro in scena dei commandos. Il Passo, comunque, era tornato saldamente
in mano tedesca. Ormai era anche troppo chiaro che il X corpo inglese era
virtualmente bloccato nella strettissima fascia costiera nei pressi di Salerno,
con i tedeschi appostati al sicuro sulle alture circostanti. Nel frattempo
l’iniziale fiducia del generale Clark veniva scossa da colpi ancora più duri
nel settore meridionale, dove la 21ª divisione Panzer Grenadier, affiancata da
una parte della 16ª corazzata aveva attaccato con decisione in corrispondenza
della cerniera tra inglesi ed americani. La sera del 12 settembre l’ala destra
inglese fu di nuovo ricacciata da Battipaglia e subì ingenti perdite,
specialmente in prigionieri.
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