Operazione
“Avalanche”.
Nel
luminoso e multicolore crepuscolo dell’8 settembre 1943 circa 700 natanti, tra navi e mezzi da
sbarco, solcavano le acque del mar Tirreno e di lì a qualche ora sarebbero
state inghiottite dall’oscurità notturna. Tali mezzi trasportavano 55 mila
soldati per lo sbarco iniziale e altri 115 mila per gli sviluppi successivi
dell’operazione. Lo sbarco doveva essere effettuato dalla 36ª divisione di
fanteria americana sulla destra (zona di Paestum) e dalle divisioni inglesi 46ª
e 56ª sulla sinistra, mentre parte della 45ª divisione di fanteria americana
sarebbe rimasta in riserva. Queste divisioni furono raggruppate rispettivamente
nel VI corpo d’armata americano (generale Dawley) e nel X corpo d’armata
inglese (generale R.L. McCreery).
Quest’ultimo
sarebbe sbarcato su un tratto di circa 11 Km. delle spiagge situate appena a
sud di Salerno, con il compito di raggiungere l’aeroporto di Montecorvino e
Battipaglia, nei pressi della principale strada per Napoli, strada che
attraversa l’attaccatura della montagnosa penisola sorrentina passando per il
varco di Cava, un valico non molto alto ma disagevole. Era quindi di importanza
vitale che tale grande unità riportasse un rapido successo, sia per aprire la
via d’accesso più diretta al grande porto di Napoli sia per impedire l’arrivo
di rinforzi tedeschi da nord. Proprio per facilitarne il compito, 2 unità
commandos inglesi e 3 battaglioni di Rangers americani avrebbero dovuto
impadronirsi con la massima tempestività di questa strettoia e del valico di
Chiunzi, su una strada vicina. Fra X e VI corpo esisteva un “vuoto” di 13
chilometri in corrispondenza del corso del fiume Sele. Il principale convoglio
inglese salpò da Tripoli il 6 settembre e quello americano da Orano la sera
precedente. Altri convogli minori salparono da Algeri, Biserta e dai porti di
Palermo e Termini Imerese. In tutto 30 mila britannici e 24 mila americani
stavano per sbarcare su una fronte, da Maiori a Paestum, di circa 40 Km. dove
erano già schierati 20 mila tedeschi e dove potevano giungerne in un paio di
giorni altri 50 mila. Imponente era lo schieramento delle forze navali ed
aeree: due “Forze d’attacco”, una settentrionale (appoggio al X corpo) e
l’altro meridionale (appoggio al VI corpo); le navi di appoggio a rangers e
commandos; cinque portaerei inglesi di scorta per la protezione aerea del
convoglio e delle spiagge, due incrociatori e dieci cacciatorpediniere al
comando dell’ammiraglio Vian. Vi era poi la “Forza H”, al comando
dell’ammiraglio Willis, costituita da 4 corazzate, 2 portaerei (“Illustrious” e
“Formidable”), 4 incrociatori e 20 cacciatorpediniere, che aveva il compito di
“protezione” del complesso. L’imponente schieramento delle forze aeree era
costituito da oltre 2.700 aerei da combattimento (di cui una metà erano
bombardieri pesanti e l’altra metà caccia e caccia-bombardieri) e circa 400 da
trasporto.
In Sicilia
sette divisioni di fanteria erano sbarcate su 210 chilometri di fronte mentre a
Salerno 4 divisioni dovevano sbarcare su una fronte di circa 40 chilometri.
Sembrerebbe che il comando anglo-americano, con la concentrazione dello sforzo
su una fronte ristretta, si fosse assicurato un elemento di successo, favorì
invece il nemico perché gli consentì di fronteggiare le forze anfibie su una
fronte continua, costringendole ad effettuare attacchi frontali in un terreno
dominato dal difensore. Il comando alleato non aveva apprezzato abbastanza il
vantaggio che si era assicurato in Sicilia sbarcando su una fronte amplissima,
che aveva impedito ai difensori di costituire una linea di difesa continua, se
non ripiegando nell’interno dell’isola, tanto più che le forze mobili
disponibili nei primi tre giorni in Sicilia erano inferiori di numero e di
consistenza a quelle che il maresciallo Kesselring poté raccogliere nei primi
tre giorni sul campo di battaglia di Salerno. Inoltre, mentre le forze aeree
anglo-americane non avevano trovato in Sicilia un efficace contrasto, per
l’impossibilità di far agire sull’isola l’aviazione da caccia italo - tedesca,
causa l’impraticabilità dei campi, gli aerei tedeschi ebbero a Salerno
possibilità di intervento e anche con una certa efficacia. E ancora: mentre lo
stretto di Messina impedì di inviare in Sicilia i rinforzi che sarebbero stati
necessari per fronteggiare l’imponente schieramento avversario, divisioni
tedesche poterono agevolmente raggiungere la zona di Salerno, fino a determinare
un soddisfacente equilibrio fra gli avversari. E’ quindi evidente che il
maresciallo Kesselring impegnò e condusse la battaglia per Salerno in
condizioni alquanto più vantaggiose di quelle nelle quali si era trovato il
Comando delle Forze Armate della Sicilia, il quale aveva dovuto sostenere la
lotta in condizioni di schiacciante inferiorità. Ciò malgrado, in meno giorni
di quanti furono necessari agli anglo-americani per giungere a Messina, la 5ª
armata del generale Clark giunse al Volturno. Nel primo pomeriggio del stesso
giorno il passaggio dei convogli al largo delle coste occidentali e
settentrionali della Sicilia fu avvistato e segnalato al quartier generale
tedesco che entro le 15.30 mise in stato di allarme le proprie truppe, dando
istruzioni affinché si tenessero pronte a fronteggiare il previsto sbarco.
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