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lunedì 31 maggio 2021

I Gruppi di combattimento. La riunione del 31 luglio 1944. La dimensione globale

 


Nella riunione si sottolineò che, in base alle risposte dei Governi alleati, soprattutto quello britannico, che se venivano concessi equipaggiamenti e materiali ulteriori, si sarebbe provveduto a costituire altri Gruppi di combattimento. Per il momento bisognava accontentarsi che vi fosse la possibilità di costituire soltanto i primi due Gruppi.

 “Pur tenendo conto di tutte le riserve e di tutte le cautele con cui veniva circondata la concessione, limitandola intanto a soli due Gruppi di combattimento, era tuttavia evidente che con ciò l'Alto Comando alleato veniva a dimostrare una disposizione e un atteggiamento favorevoli ad un ampliamento del contributo operativo delle nostre forze armate.”

 Questo fatto, importante anche dal lato politico, rappresentava:

a) il frutto della lunga, metodica e silenziosa azione svolta dalle nostre supreme autorità per ottenere il massimo potenziamento dello sforzo bellico dell'Italia a fianco delle Nazioni Unite;

b) il riconoscimento ufficiale, da parte alleata, del valore del combattente italiano dopo le prove date dai nostr1 soldati del I Raggruppamento motorizzato e del Corpo italiano di liberazione.”[1]

 La valutazione della riunione del 23 luglio era nella sostanza positiva. Emergevano però due elementi che ricordava a tutti che gli Italiani erano ancora sotto controllo della Commissione Alleata di Controllo: la presenza di ufficiali alleati a fianco del comandante italiano, e la costituzione di divisioni di fanteria, non di divisioni corazzate. Nel 1944 era evidente per tutti che sul campo di battaglia le truppe che decidevano la manovra erano i corazzati, ovviamente in appoggio con l’aviazione tattica. Le sole divisioni di fanteria non avrebbero ami prevalso sulla difesa in operazioni offensive. Gli alleati mostravano con questo che gli italiano si dovevano partecipare alle operazioni, ma erano sempre degli ex-nemici e dei vinti

 Una settimana dopo nell’Ufficio del Capo di Stato Maggiore dell’Esercito si tenne un incntro  tra Berardi e da un rappresentante della commissione alleata di controllo. Era una riunione tecnica, condotta da Berardi tenendo conto le esigenze e le necessita italiane

Si convenne per prima sulla necessità di iniziare al più presto il corso di addestramento per gli istruttori delle due divisioni, “Cremona” e “Friuli”, scegliendo uomini “capaci di imparare ed insegnare rapidamente e bene”. Allo scopo poi di utilizzare i reparti granatieri, si stabilì, d'accordo col rappresentante alleato, di inserire due battaglioni granatieri nella divisione “Friuli”.

 

Come località per il concentramento e addestramento, il rappresentante alleato comunicò che si stava pensando al trasporto delle due divisioni, “Cremona” e “Friuli” nella zona di S.  Giorgio del Sannio. Berardi, inoltre, colse l'occasione per insistere sulla necessità che le divisioni venissero addestrate in zona montuosa, ed era indicato l’Abruzzo, in relazione al loro prevedibile impiego, anche se il rappresentante alleato rispose che ciò sarebbe stato tenuto presente precisando  tuttavia  che,  per  economia  di  trasporti, ovvero la vicinanza  ai porti di Bari e Napoli, sarebbe stata scelta, come località adatta per lo svolgimento dell'istruzione individuale, la zona di Benevento, salvo a scegliere successivamente, per l'addestramento tattico, un'altra zona.

 Il 31 luglio 1944 gli Italiani videro un ulteriore estensione delle offerte alleate, ma con una precisazione che non fu gradita dai generali italiani.  

 “Il rappresentante alleato precisava infatti che le divisioni in linea chiamate a collaborare con gli Alleati in un campo strettamente operativo, non potevano, per ragioni politiche, esser chiamate divisioni, ma semplicemente Gruppi di combattimento. Era questa una notizia negativa, destinata ad amareggiare intimamente, per ragioni morali, l'animo degli Italiani per la immeritata umiliazione con cui la concessione della collaborazione era accompagnata.” Fu fatto notare che nella Repubblica Sociale italiana i tedeschi avevano addestrato quattro divisioni con soldati forniti dalla Repubblica e non esitarono a chiamarle Divisioni. Di contro i tedeschi vietarono l’impiego di queste divisioni sul fronte principale di Cassino in ogni caso contro gli alleati. Gli alleati, di contro, per ragioni politiche non chiamavano le unità italiane “divisioni” ma gruppi di combattimento; e questo per ragioni politiche.”

 Nelle memorie dei protagonisti non emerge, invece, con il dovuto risalto, il fatto che questi unità, chiamate “gruppi di combattimento” non erano dotate di forze corazzate, il nerbo delle forze operative terrestri del tempo. Questo avrebbe significato, come visto, che non avrebbero mai partecipato ad una manovra risolutiva.

 C'era in compenso la notizia positiva, e questa era che i Gruppi di combattimento da approntare non sarebbero stati due, come era stato detto nella riunione del 23 luglio, ma sei, e per essi si facevano i nomi   seguenti; “1 Raggruppamento   motorizzato “, “Nembo”, “Cremona”, “Friuli “, “Mantova “,” Piceno “.

I primi due Gruppi di combattimento - ”1 raggruppamento motorizzato” e” Nembo “ era logico che

sarebbero stati, evidentemente, formati con le truppe del Corpo Italiano di Liberazione in quanto vi facevano già parte. In seguito questi due Gruppi assunsero i nomi delle unità che li formavano. Il I Raggruppamento motorizzato, che era nato nel 1943 con le uniàa della divisone “Legnano”, prese il nome della divisone di provenienza, “Legnano”, mentre il Gruppo di combattimento “Nembo”, composto per la gran parte da paracadutisti, assunse il nome della prima divisone costituita, cioè la Folgore, e quindi divenne il Gruppo di combattimento “Folgore”, unità di fanteria.

 Con l'approntamento dei sei Gruppi di combattimento sorgeva la questione del loro raggruppamento per il comando. Il rappresentante alleato soggiunse in proposito di non sapere come il Comando in capo alleato volesse raggruppare i Gruppi di combattimento, per i quali, ad ogni buon conto, i sistemi avrebbero potuto essere tre:

-        intercalare i Gruppi di combattimento italiani fra le divisioni alleate;

-        costituire un Corpo unico, tutto di Gruppi italiani;

-        adottare un sistema misto; e cioè, con parte dei Gruppi costituire un Corpo italiano; gli altri intercalati fra le divisioni alleate, almeno per i primi tempi.

 Il nostro Capo di S. M. dell'Esercito sottolineò subito, con calde parole, il vivissimo desiderio delle autorità italiane che venisse adottato il secondo sistema, che rispondeva ad una ben viva aspirazione degli Italiani tutti. Se ciò non fosse stato possibile fare sin dall'inizio, che almeno si fosse ottenuto di non disseminare i Gruppi di combattimento italiani, ma di ordinarli in raggruppamenti di due o tre Gruppi, in modo che si potesse, successivamente, tendere a raggrupparli in un unico Corpo italiano al quale affidare in proprio un settore del fronte.

Anche in seguito, le nostre autorità tornarono più volte, e con insistenza, a sollevare l'importante questione dell'inquadramento e del comando delle nostre unità combattenti, per vedere di ottenere la soluzione a noi favorevole; ma purtroppo non riuscirono a ottenere nulla.

 Nella riunione del 31 si volle trattare anche l'argomento delle divisioni di sicurezza interna. Il rappresentante alleato precisò al riguardo che sarebbero bastati 45.000 uomini; il che avrebbe consentito di avere 5 divisioni, della forza di circa 9.500 uomini ciascuna e, come i Gruppi di combattimento, su 2 reggimenti di fanteria di 3 battaglioni ciascuno. Questo fatto rivestiva la sua importanza perché -    soggiungeva il rappresentante alleato - avrebbe facilitato” eventuali trasformazioni organiche e utilizzazione di dette divisioni quali combattenti “. Era quanto dire di infondere nelle nostre autorità la speranza che la nostra partecipazione alle operazioni attive potesse, in seguito, venire richiesta su scala ancora più ampia, senza limitarla solo ai 6 Gruppi di combattimento. [2]



[1] Ibidem

[2] Ibidem

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