venerdì 20 marzo 2020
Lo sbarco di Salerno 10 Conclusioni
Lo sbarco
di Salerno non ha beneficiato dell’ampio risalto dato, ad esempio, a quello di
Anzio. È un po’ come lo sbarco in Provenza rispetto a quello in Normandia. Pur
trattandosi di operazioni su vasta scala, talune grandi battaglie combattute
sulle spiagge europee sono state stranamente ritenute secondarie rispetto ad
altri eventi. Così, se oggi chiediamo informazioni sull’Operazione “Avalanche”
abbiamo serie difficoltà nell’ottenere una risposta da un pubblico non tecnico
o non composto da appassionati di storia militare. Eppure, l’evento in
argomento ha avuto un notevole rilievo nella vita delle popolazioni calabresi,
lucane e pugliesi, se non altro perché ha, di fatto, contribuito in modo
determinante allo spostamento del fronte italiano verso il centro della
penisola risparmiando al profondo meridione ulteriori sofferenze e lutti.
Gli
Alleati maturarono, dall’operazione “Avalanche” ulteriore indubbia esperienza
che, se comunque non si rivelerà particolarmente proficua per quanto concerne
lo sbarco di Anzio-Nettuno, lo sarà senz’altro per quello in Normandia. Dopo i
(relativamente) facili sbarchi operati in Sicilia essi ebbero modo di rendersi
conto della grande capacità che i tedeschi avevano di operare, spesso con
esigue unità, in settori molto ampi. Non si trattava solo dei frutti di
un’esperienza maturata in anni di guerra su diversi fronti ma, più
propriamente, di attitudine alla manovra estremamente dinamica ed incentrata,
alla bisogna, sull’iniziativa. Ove per tale termine non si deve intendere
l’agire di testa propria ma il saper prendere decisioni (assumendosene la
responsabilità) tenendo sempre a riferimento gli obiettivi (End State) del
Comando sovraordinato. La capacità di concentrare mezzi e uomini in ristretti
settori d’intervento preservandone sempre, per quanto possibile, l’efficienza e
rifuggendo l’inutile difesa ad oltranza fecero il resto. Ciò presuppose
disciplina e reciproca fiducia a tutti i livelli della catena di comando, unica
garanzia per la rapida e fedele esecuzione degli ordini. Questo è ciò che i
tedeschi, pur perdendo la battaglia di Salerno, ci insegnano. Gli alleati, pur
vincendola, furono sottoposti, durante la maggior parte della fasi della
stessa, a dura prova e corsero il rischio, lo stesso incontrato ad Anzio, di
doversi reimbarcare. Essi risolsero l’imbarazzante situazione con la potenza di
fuoco navale ed aerea di cui disponevano riuscendo a conseguire, nel contempo:
la ritirata tedesca dalle regioni più a meridione d’Italia senza dover
affrontare ben più duri combattimenti, l’avvicinamento a città come Napoli e
Roma la cui conquista costituì un grande risultato dal punto di vista mediatico
e non solo militare, il logoramento di unità (alcune delle quali d’elite)
nemiche difficilmente ripianabili in termini di personale e mezzi, l’afflusso
nel settore di Salerno di unità nemiche distolte dal loro originario compito
per far fronte alla minaccia portata in tale area. Se i tedeschi si dimostrano
eccellenti tattici non risultarono essere, almeno nella campagna d’Italia,
altrettanto bravi pianificatori a livello operativo e strategico. Infatti,
l’aver rinunciato al piano di Rommel (resistenza in corrispondenza
dell’Appennino tosco-emiliano o addirittura sulle Alpi) comportò l’impiego di
molte unità altrimenti impiegabili nella difesa del territorio tedesco dalle
armate sovietiche avanzanti da est e da quelle alleate provenienti da ovest.
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