venerdì 22 novembre 2013
C.I.L: . Gli Equipaggiamenti
Il presente elaborato si prefigge
di analizzare lo stato degli equipaggiamenti in dotazione alle truppe del Corpo
Italiano di Liberazione (C.I.L.) durante la 2^ Guerra Mondiale nella cosiddetta
“Campagna d’Italia”. Per quanto riguarda gli equipaggiamenti, per definizione
ci riferiamo alle divise, compresi fregi, mostrine e gradi, alle calzature,
alle buffetterie e cinturoni, all’elmetto e agli zaini.
Come
premessa, va ricordato che il C.I.L. opera nell’Italia centrale tra l’aprile e
il luglio 1944, al fianco delle truppe alleate impegnate sulla linea “Gustav” e
in seguito fino alla linea “Gotica”, nella campagna militare per la liberazione
dell’Italia, dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943. La sua costituzione segue
le azioni del I Raggruppamento Motorizzato Italiano che, nato già a fine
settembre del ’43, dopo i primi combattimenti di Montelungo, nel Marzo ‘44 si
era distinto sul Monte Marrone, prima conquistando e poi mantenendo, nonostante
la controffensiva tedesca, la vetta con il battaglione alpino “Piemonte” e il
185° battaglione paracadutisti “Nembo”. I comandi alleati, sotto la spinta non
solo tattica quanto morale, dei risultati ottenuti, autorizzano quindi la
creazione del C.I.L. che passa dai 5000 uomini del Raggruppamento Motorizzato,
prima a 9000-10000 fino a 25.000 unità, sotto il comando italiano del Gen.
Utili. Ambiente operativo in cui i soldati italiani sono chiamati ad operare è
quello dei monti del basso Lazio prima (Mainarde) e poi, nel settore adriatico,
del Molise e dell’Abruzzo, in una stagione ancora invernale, caratterizzata in
quota da neve e temperature rigide, ma che nel proseguo delle operazioni, che
si protrarranno in primavera ed estate, migliorerà dal punto di vista climatico.
Lo Stato
Maggiore italiano, nell’ottobre 1943, ha la necessità di approntare rapidamente
queste unità combattenti, poiché incombono le esigenze operative che
coinvolgeranno le truppe italiane al fianco degli alleati. Supportare
logisticamente il I Raggruppamento Motorizzato e poi, nell’Aprile ’44, una
forza ancor più consistente di soldati che compone il C.I.L., è subito impresa piuttosto ardua per il
comando italiano, considerando che le truppe vengono da più di tre anni di
conflitto su altri fronti ed un periodo di sbandamento seguito all’8 settembre,
in cui molti materiali di equipaggiamento sono andati perduti. I magazzini
presenti sul territorio italiano del sud liberato sono svuotati dagli alleati
per rifornire i partigiani di Tito in Jugoslavia, poiché ancora non ha preso
piede l’idea di creare un corpo italiano da affiancare alle truppe alleate,
risorto sulle ceneri dell’ex-esercito nemico. L'Intendenza della 7^ Armata,
l'unico grande comando ancora efficiente nell'Italia occupata dagli Alleati, si
ritrova con un enorme numero di tenute coloniali complete nei magazzini di
Napoli. Proprio con queste uniformi vengono riforniti gli uomini del
Raggruppamento Motorizzato, che ancora indossano le lise divise grigioverde e
gli equipaggiamenti in dotazione durante gli eventi bellici della prima parte
del secondo conflitto mondiale. Inizialmente viene cucito al petto lo scudo
sabaudo, che inviso alle popolazioni locali, sarà motivo di polemiche
sull’opportunità di adottarlo, mentre sono mantenute le mostreggiature e le
spalline coi gradi. Il completo
estivo si compone di un camiciotto sahariano ed ampi pantaloni da serrare sotto
il ginocchio con le fasce mollettiere. La sahariana, che era stata utilizzata
in Africa, ha un colletto ampio guarnito con le mostreggiature, è dotata di
quattro tasche ed è aperta fino allo sterno. Tre bottoni, il primo dei quali
sempre slacciato, chiudono la giubba. Sotto il camiciotto di tela, i militari
mettono spesso la camicia grigioverde che a dicembre non deve rappresentare
proprio la soluzione perfetta. In relazione agli equipaggiamenti e al
vestiario, i soldati del C.I.L. hanno quelli ereditati dal I Raggruppamento e
il problema degli equipaggiamenti resterà, per tutto il periodo in cui il
C.I.L. opera, ancora insoluto. Taluni come i paracadutisti del Nembo, hanno la
divisa estiva caki, mentre gli altri battaglioni conservano la divisa invernale
grigioverde con il pastrano. Per quanto riguarda le calzature, molti hanno solo un paio di scarpe ed altri
neanche quelle (Fig.1). Alpini e bersaglieri mantengono il copricapo
tradizionale, mentre l’elmetto utilizzato è il tipo M33 in dotazione alle
truppe del Regio Esercito (Fig.2) e il
tipo M42 per i paracadutisti. A testimonianza della scarsità degli
equipaggiamenti, riportiamo una richiesta che il Comando Italiano inoltra a
fine Novembre 1943, agli organi superiori, in cui si richiedevano mantelle
anti-pioggia (gabbani impermeabili) per
le sentinelle di guardia.[1]
Sia il
Raggruppamento prima che in seguito i reparti del C.I.L conducono quindi le
operazioni che abbiamo ricordato, utilizzando gli equipaggiamenti italiani
originari. Tale materiale all’inizio delle operazioni è in realtà già usurato,
venendo, come detto, da un periodo di guerra e poi di mancato reintegro, e appare
da subito insufficiente sia ai comandi italiani che agli osservatori alleati;
prima dell’inserimento in linea, le truppe alleate, con l’intento di testare la
capacità operativa del Raggruppamento, effettuano il 2 novembre 1943 una
esercitazione, i cui esiti dimostreranno, come riportato nei commenti dei
vertici di comando, che il morale delle truppe italiane è molto buono ma i
materiali in dotazione particolarmente scarsi.[2]
Nonostante
questa carenza, il CIL porta a termine, inquadrato nello schieramento alleato,
brillanti operazioni militari e, sorprendentemente, avanza nella liberazione
del territorio abruzzese , in pochi mesi, fino alle Marche.
Dopo la
battaglia di Filottrano e la liberazione di Ancona (Fig.3,4), il C.I.L. appare
però stremato e logorato negli uomini e nei mezzi, tanto da richiedere una
riorganizzazione ordinativa che vedrà la nascita dei Gruppi di Combattimento.
che riceveranno dagli alleati nuovi equipaggiamenti. Infatti i soldati italiani
che fanno parte di queste unità , oltre alle armi in dotazione all’esercito
inglese, avranno, come nuovo equipaggiamento, il classico elmetto a padella,
buffetteria in canapa e le divise inglesi, su cui potranno apporre fregi, gradi
e mostrine italiane. Ovviamente si tratta di un supporto logistico in
armamenti, equipaggiamenti e mezzi che risulta indispensabile per poter
proseguire le operazione delle Grandi Unità italiane, ma che snatura la
caratteristica di nucleo del nuovo esercito italiano che si era avuto con il
C.I.L.: infatti, da una parte, i soldati costituenti i Gruppi di Combattimento
si trovano ad agire indossando divise non del proprio Paese, pur combattendo
sul territorio della propria nazione, e questo incide certamente sul morale e
sulla motivazione degli uomini; d’altro canto, va comunque considerato che,
nelle attività operative, il buono stato dell’equipaggiamento del singolo
riveste una importanza fondamentale sia dal punto di vista strettamente
tattico, per la conduzione delle operazioni, quanto dal punto di vista del
morale del soldato , che combatte meglio se posto nelle migliori condizioni
possibili.
In
conclusione, giova ricordare, per meglio inquadrare il ruolo rivestito dal C.I.L. nelle operazioni militari sul fronte
alleato in Italia, che questa prima Grande Unità, embrione del ricostituito
Esercito Italiano, si trova ad operare
ricca di entusiasmo, per il ruolo che deve ricoprire nella lotta di liberazione
del proprio Paese, ma con equipaggiamenti, come abbiamo in precedenza descritto,
particolarmente scarsi rispetto alle dotazioni degli alleati che è chiamata ad
affiancare. Il fattore numerico, un
corpo di molte migliaia di soldati, solleva notevoli problemi di natura
logistica ai nostri Comandi. Gli alleati probabilmente non tengono in gran
conto l’apporto delle truppe italiane all’offensiva portata avanti sul fronte italiano, non
vedono di buon occhio una sua particolare affermazione sul campo e quindi
privilegiano i rifornimenti verso truppe partigiane, che agiscono sul fronte
oltre le linee nemiche. Gioca qui sicuramente anche la diffidenza verso un
esercito che fino a pochi mesi prima era nemico. Lo Stato Maggiore italiano
altresì chiede ai comandi alleati supporti per reintegrare i materiali ma
preferisce, per dimostrare che ancora possiede capacità operative e nell’intento
di riaffermare i valori nazionali, cercare di sfruttare al meglio materiali e
mezzi di cui dispone, sottraendoli ai vari reparti inoperosi.
Le lacune nell’equipaggiamento, che si sommano ad
altre maggiori deficienze nei mezzi e negli armamenti[3], non
impediscono al C.I.L. di combattere e ottenere risultati sul campo, nonostante
le avverse condizioni ambientali, probabilmente perché composto da soldati
motivati e spinti da un senso di rivalsa, al fine di dimostrare il proprio
valore ed onore ai vecchi nemici, ora alleati.
NOTE
IRM 28 nov. ‘43 n. 527 “Promemoria per il
maggiore Boscardi”, cit . in Conti
G. “ Il
primo raggruppamento motorizzato”
Stato maggiore esercito, ufficio storico, p.84, Roma 1984.
2
Ricchezza A. “Gli alleati guardano,
osse4rvano, si scambiano qualche occhiata ew alla fine concludono che le
possibilità italiane di battersi sono piuttosto modeste. Il molrale è buono,
dicono, ma il materiale, oltre ad essere insufficiente, fa pietà” cit. in
Conti G. “ Il primo raggruppamento
motorizzato” Stato maggiore
esercito, ufficio storico, p.63, Roma 1984.
3 Coltrinari M. “Le lacune maggiori,il CIL le aveva per la cronica deficienza di
automezzi, la scarsità delle artiglierie e la assoluta mancanza dimezzi
corazzati e motorizzati per il combattimento, oltre alla deficienza delle
dotazioni d’armamento, sia individualiche di reparto, e nell’equipaggiamento”.
da “ Il corpo Italiano di liberazione :
da Monte Marrone al Metauro.” su sito web www.anpi.it/patria_2004/04-04/36-37_Coltrinari.pdf
giovedì 14 novembre 2013
C.I.L. I Capi. Comandanti e Sottordini
Dopo l’8 settembre, il vertice politico vede, ancora, quale Capo del
Governo, il maresciallo Pietro Badoglio. Si avvicenderanno, invece, nella
carica di Ministro della Guerra, il generale Antonio Sorice (fino al 15
febbraio 1944), il generale Taddeo Orlando (fino al 17 giugno del 1944) e
l’onorevole Alessandro Cassati (fino al 20giugno 1945). Si avvertiva un “vuoto”
generale di tutela e di sicurezza, nonché di un totale disorientamento fra le
fila dell’esercito, ormai disintegrato sia sul piano organizzativo che morale
(comandanti e soldati erano in balìa di se stessi, e cercarono di rientrare
alle proprie famiglie).
Dai primi giorni successivi all’armistizio, pertanto, sia il Governo
sia i vertici militari italiani, cercarono di convincere gli Alleati
dell’opportunità di affiancare alle forze sbarcate in Italia i nuovi reparti
italiani in via di costituzione. Gli Alleati, infatti, nutrivano ancora
diffidenza e rancore verso gli ex nemici. Non erano pertanto, favorevoli alla
collaborazione con le forze militari italiane, per due ordini di ragioni: una
di natura politica, perché un’eventuale partecipazione militare sul campo di
battaglia avrebbe potuto dare adito a richieste di revisione e di
alleggerimento delle clausole stabilite dall’armistizio; l’altra di natura
pregiudiziale, legata strettamente alla riserva mentale sull’efficienza e
sull’affidabilità delle “nostre truppe” in guerra.Toccava perciò al soldato
italiano rimuovere quello scetticismo, affermare il suo effettivo impegno in battaglia,
e dimostrare di essere ancora in grado di battersi per un ideale.
L’invito fu infine raccolto e la prova del fuoco giunse poco dopo su
Monte Marrone. La sorpresa del Comando Alleato fu pari all’ammirazione.
Fioccarono gli elogi e fu il definitivo convincimento per ammettere gli
italiani al rango di “cobelligeranti”. Tale successo fu reso possibile anche
grazie al carisma di un comandante, il generale Umberto Utili. Egli fu
determinante per la riorganizzazione del I Raggruppamento, del quale assunse il
comando alla fine del gennaio 1944, ma, soprattutto, per la costituzione, nel
successivo mese di marzo, del Corpo Italiano di Liberazione.
Questo elaborato, che si pone l’obiettivo di “passare in rassegna” i capi militari italiani che si distinsero
nei momenti tormentosi conseguenti all’armistizio, non poteva, pertanto, che
riservare al generale Utili, una posizione di primissimo piano. Tale
considerazione non è frutto di patriottismo, ma delle eccellenti qualità umane
e professionali unanimemente riconosciutegli.
Come diceva di lui il generale Antonio Ricchezza, capo ufficio
operazioni del C.I.L. e suo stretto collaboratore: <<…Il generale
Utili, un uomo assolutamente invulnerabile alle atmosfere depresse, prese in
mano le truppe, si dette da fare perché ogni giorno ci fosse un po’più di luce
che nel precedente…era l’uomo più adatto a farlo in tutto l’Esercito italiano
di allora…>>. Utili era un uomo dalla tempra forte e dal carattere
non arrendevole, capace di trasmettere sentimenti alti ai suoi collaboratori.
Seppe infondere fiducia e galvanizzare tutti per la nuova impresa che avrebbe
onorato le armi italiane.
Il generale, nell’assumere il comando, si rivolse così ai suoi
commilitoni: <<…Sono fiero di essere stato destinato a comandarvi…voi
avete dato l’esempio generoso ed avete versato il vostro sangue, che è sempre
qualcosa di più prezioso delle chiacchiere…Ragazzi in piedi, perché questa è
l’Aurora di un giorno migliore…>>. Egli possedeva un intimo senso del
dovere e spiccava nel sapersi assumere le sue responsabilità. Erano innati in
lui i sani principi dell’onore militare, della disciplina e dello spirito di
sacrificio. <<Il generale Utili - come scriveva il generale Paolo
Berardi (Capo di Stato Maggiore dell’Esercito ) - superava per intelligenza,
fantasia e volontà la media dei nostri generali. Sapeva di valere, era
ipercritico, si prendeva libertà molto spinte di apprezzamenti, e non era
“inferiore comodo…>>. L’espressione “eufemistica” del superiore
sottolinea l’abitudine del generale a rispondere in modo tranciante agli ordini
che non lo persuadevano. Direi che è raro imbattersi in una personalità con il
coraggio di dire la sua in un contesto molto poco libero, come quello
dell’epoca allo studio. Era un uomo che si reggeva da sé, che si faceva ben
volere dai dipendenti, che sapeva imporsi con dignità anche agli Alleati1. Monte Marrone, doveva essere l’emblema della
riscossa italiana.
Il generale Utili si avvalse di questo simbolo con la perspicacia e
l’intuito tipici dei grandi comandanti. Egli seppe attribuire un grande valore
morale a quel fatto d’arme, le cui truppe protagoniste, così valorosamente
distintesi, erano in parte ancora ai suoi ordini. Questo degno soldato italiano
aveva solo 48 anni, ma un’esperienza incomparabile in combattimento. Era,
infatti, insignito di tre medaglie d’argento al valore militare, guadagnate sui
fronti dell’Africa orientale, della Grecia e della Russia. L’atteggiamento di
“inferiore non di comodo” gli era praticamente costato la carriera: nel 1934
era stato espulso dallo Stato Maggiore, per certe sue critiche sull’avanzamento
degli ufficiali.
Questo era Utili: uomo e generale, che per quanto autonomo ed
imprevedibile, sentì sempre sul collo le ultime parole rivolte dal Capo di
Stato Maggiore Generale Messe ai soldati italiani: <<…Vi affido ad un
uomo che sarà avaro del vostro sangue; certo lo spenderà quando sarà
necessario, ma mai invano e mai leggermente…>>.
Non meno prezioso, nella “Guerra di Liberazione”, fu il contributo
fornito dal Battaglione “Piemonte” degli alpini, al comando del maggiore
Alberto Briatore, il quale condusse con lucida strategia, fermezza e
determinazione i suoi uomini alla vittoria. Grazie alla sua consumata
esperienza di comando, aveva letteralmente rovesciato la situazione materiale e
morale del “Piemonte”, portandolo ad un’impresa di guerra di montagna di
assoluto valore. Mostrò così palese a tutti (Alleati compresi), la preparazione
ed il vigore d’esecuzione del suo reparto in battaglia. Briatore sapeva
esaltare il comportamento dei suoi uomini.
Mi piace ricordare, in questo contesto, il memorabile, vibrante elogio,
segnalato con un ordine del giorno, inviato all’indomani della battaglia di
Monte Marrone : <<…Infliggendo all’orgoglioso nemico una lezione
durissima…non vi siete lasciati fiaccare dall’eccezionale sforzo fisico dei
trasporti a spalla sul lungo e penoso percorso…ma avete organizzato e vigilato
la posizione…>>.
La gloria ed il valore non mancarono neanche a Filottrano, dove il 183°
Reggimento paracadutisti, articolato su
due battaglioni, il XV e il XVI , segnò
un’altra epica pagina contro l’occupazione nazista.
L’azione confermò pienamente l’indiscusso valore e la netta ripresa
dei combattenti italiani, esaltando
l’eroico comportamento dei paracadutisti, i cui risultati andarono al di là di
qualsiasi aspettativa. Al comando del colonnello Giuseppe Quaroni, indiscusso leader
carismatico, i parà inflissero al nemico, impaurito e sorpreso dall’inaspettata
“apparizione”, perdite gravissime.
Attento non solo alla
preparazione ed alla formazione militare dei suoi “ragazzi”, ai quali era
portato a rivolgersi con parole che scaldavano il cuore prima che la mente, il
colonnello Quaroni seppe trasmettere a ciascuno il proprio coraggio ed il suo
spirito garibaldino, con lo slancio e la tenacia che ne caratterizzavano
la forte personalità. Il suo Reparto,
come tipico della tradizione alpina, seppe immedesimarsi alla personalità
trainante del suo comandante, mostrando ancora quel valore che ha sempre
distinto le nostre truppe di montagna, uomini abituati ad agire in condizioni
estreme (in questo caso non solo per l’ambiente).
Questi comandanti, insieme ai soldati di ogni grado, che hanno
sacrificato e rischiato la loro vita nella “Guerra di Liberazione”, ci hanno
restituito “l’Aurora”, il nostro giorno migliore, donando al nostro Paese la
dignità degli uomini liberi, quella libertà di cui , tutti noi godiamo da più
di sessant’anni.
Per i comandanti di oggi, questi Ufficiali sono degli esempi di
comportamento. Soldati che hanno saputo essere d’esempio in un clima di
assoluto abbandono e di crollo improvviso dei valori nei quali si era creduto
per lustri. Lo spirito d’iniziativa ed il coraggio sono caratteristiche
necessarie dei militari.
Io ritengo che gli Uomini di cui ho parlato abbiano interpretato il
loro dovere con dignità e valore. Quel dovere di fedeltà non alle Istituzioni
formali, che non avevano retto all’urto dei tempi, ma a quel Popolo di cui
erano figli, a quegli Italiani di cui sono giustamente divenuti un modello,
nello spirito dell’Italia risorta.
lunedì 4 novembre 2013
C.I.L.: Il Corpo di Spedizione Francese in Italia. Inquadramento del I Raggruppamento Motorizzato e del C.I.L:
Costituito in Africa settentrionale nell'anno 1943, il C.E.F.I era composto da militari
provenienti da differenti aree regionali e anche da differenti religioni .
La grande
maggioranza dei combattenti della C.E.F.I. era di origine musulmana,
" truppe di primo ordine, particolarmente
adatti per eccellenza al combattimento in montagna “ (De Gaulle).
Il comando ne fu
affidato al Generale d’Armata
Alphonse JUIN (1888-1967), Maresciallo
della Francia.
Le Grandi Unità
francesi del C.E.F.I sbarcate in Italia tra il 1943 - 44 furono:
-
1
D.M.I (Divisione di Marcia di fanteria), chiamata anche 1 D.F.L, Divisione
francese Libero, generale Brosset.
-
2
D.I.M (Divion di fanteria marocchina), generale Dody,
-
3
D.I.A (Divisione di fanteria algerina), generale di Montsabert,
-
4
D.M.M, Divisione marocchina di Montagna, generale Sevez,
-
Raggruppamento
dei Tabors marocchini, generale Guillaume,
-
Unità
organiche dell esercito.
Posta sotto il comando alleato del
maresciallo britannico Alexander, la campagna esordisce per le operazioni della
Sicilia (10-07 – 43) e lo sbarco al sud
di Napoli (9-9-43). L'obiettivo degli Alleati anglo-americani è Roma.
Ma, lungo la linea Gustav (10 e 14
Luglio) l esercito tedesco del maresciallo Kesselring che taglia l'Italia
attraverso il massiccio degli Abruzzi, blocca ogni attivita delle truppe alleate.
Il C.E.F.I, sbarcanto a partire da novembre 44, è impegnato nei
combattimenti in due fasi la seconda delle quali con il significativo
contributo del C.I.L.
v 1 campagna (inverno 44), battaglia dello Monto
Cassino (25-01-44), contrassegnata per la conquista del Belvédère, chiave di volta della linea
Gustav, dove si immlò il 4 Rgt di Esploratori tunisini che perse il 1/3 dei
suoi effettivi di cui quasi tutti i suoi ufficiali. Si riusci a bucare la linea Gustav ma non a
romperla.
v 2 campagna (primavera 44), battaglia del Garigliano,
dove lo scontro più violento fu a Pico. I francesi consegnano agli alleati la
strada di Roma.
Il giorno 08 Febbraio
1944 avvenne il passaggio ufficiale del Raggruppamento alle dipendenze del
Corps Expeditionnaire Francais, quando dal Comando della Divisione Marocchina
giunse l’ordine di operazione nr.1 con il quale si comunicava che il Raggruppamento era messo a
disposizione per l’impiego del Generale di Brigata Guillaume , Comandante il
Gruppo Nord della Seconda divisione Marocchina.
Il Generale Francese commentava molto positivamente l’ingresso del
Raggruppamento, atteso che era necessario rafforzare al massimo l’occupazione
dei monti che si estendevano lungo la linea di resistenza
In particolare il settore occupato dagli Italiani costituisce l’estrema
ala destra della V° Armata a saldatura con l’VIII° Armata, al fine di
proteggere un’ importante via di arroccamento ed assicurare il fianco destro
delle truppe francesi. Il terreno è veramente impervio le quote delle posizioni
da raggiungere e l’inclemenza della stagione costituisce un duro collaudo dello
spirito di sacrificio delle truppe italiane. In particolare al Raggruppamento, che sostituisce il 4°
gruppo Tabor Marocchino, viene dato il compito di proteggere la strada di
arroccamento a COLLI-SCAPOLI –CERASUOLO ed assicurare il collegamento a CASTEL
S. VINCENZO con la Divisione polacca.
Tale attività era ritenuta
necessaria al fine di disimpegnare unità francesi per il successivo reimpiego
in altri settori. Agli inizi di Febbraio provenienti dalla Sardegna giungono
altri reparti Italiani ( 1° Battaglione Arditi- 2° Battaglione Fanteria del 68°
Reggimento) tanto che il
- 1 -
Comandante Utili in considerazione della consistenza organica raggiunta
crea un comando della Fanteria a decorrere dal 14 Febbraio al quale viene
preposto il Col. Fucci. Un mese più tardi a
completare il dispiegamento organico giungerà il Battaglione alpini, in
tempo per partecipare alle operazioni di occupazione di Monte Marrone.
Successivamente a seguito dei ricambi delle aree di
operazione il Raggruppamento italiano trasformatosi in C.I.L. passerà alle
dipendenze della V° Divisione Polacca in data 27 Marzo 1944 rimanendo a
presidio delle aree in cui già are impiegato. I rapporti tra il corpo di
spedizione francese ed il 1° Raggruppamento risultarono invece ottimi,
improntati a cordialità e rispetto reciproco, con i Generali francesi Juin e
Guillaume che ebbero un atteggiamento di grande disponibilità e che valorizzarono il contributo italiano allo
sforzo bellico comune. In particolare il Generale Guillame , come riportato dal
Generale Utili nelle sue memorie, si impegnò per aiutare materialmente le
truppe italiane ed espresse, una volta sancito il passaggio del 1°
Raggruppamento Motorizzato alle sue dipendenze nel settore Nord della 2^ divisione marocchina, la sua
profonda soddisfazione di avere ai suoi ordini truppe italiane ed inneggiò
anche alla fratellanza delle armi delle due nazioni.[i]
Durante la campagna di Italia
tra 1943 e 1944, le truppe coloniali del corpo di spedizione francese furono
responsabili di numerosi atti di violenze contro la popolazione civile
italiana. I voli, gli attacchi a mano armata, i saccheggi e gli stupri furono
soprattutto molto frequenti. Furono inizialmente, solamente degli atti isolati,
commesso per gli individui soli, e puniti dalle autorità alleate, francesi come
anglo-americane. Durante l'offensiva vittoriosa dell'estate 1944 che permise di
superare il linea Gustav, le truppe francesi hanno ottenuto da parte dei loro
superiori una relativa libertà di azione, trascinando degli stupri di massa.
All'inizio degli anni 1950,
l 'Unione Dà Italiane, ha censito circa dodicimila
vittime di violenze sessuali.
Al termine delle operazioni, il
C.E.F.I (120.000 u), conta circa 7.000 militari caduti , 30.000 feriti, 4.200
scomparsi, possiamo dire un terzo dei suoi effettivi.
Tale bilancio
costituisce una delle piu elevate perdite che i reparti francesi abbiano mai
riportato durante la guerra moderna.
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