giovedì 24 ottobre 2013
C.I.L. Gli Stati Maggiori
Il 10 settembre ’43, il maresciallo Badoglio, allora capo del Governo,
dopo aver confermato che erano stati trasmessi alle forze armate dipendenti gli
ordini “per agire con vigore contro
aggressioni tedesche”, indirizzava una missiva al generale Eisenhower,
comandante in capo delle forze alleate nel Mediterraneo, al fine di mettere in
rilievo la necessità che si provvedesse al coordinamento delle azioni da
svolgere di concerto.
Il giorno seguente, il Comando Supremo, giunto a conoscenza delle
aggressioni perpetrate dalle forze tedesche diede immediato ordine a tutte le
forze armate italiane di considerare i tedeschi come dei nemici.
“ occorre ….. raggruppare le forze
a nostra disposizione allo scopo di:
opporsi innanzitutto
all’eventuale espansione delle forze avversarie;
-procedere quindi in
cooperazione con le forze anglo-americane all’azione offensiva per la
liberazione di tutto il territorio nazionale”.
Il Corpo Italiano di Liberazione (CIL) rappresentò una sorta di
“continuazione” del primo raggruppamento motorizzato italiano. Il CIL,
costituito esclusivamente con armi e
mezzi italiani, seppe distinguersi per “energia,
volontà e valore” meritando, infine, anche il plauso dei comandi
alleati, nonostante le immense
difficoltà incontrate durante le azioni intraprese dall’esercito italiano
(appena ricostituito dopo la dichiarazione dell’armistizio dell’8 settembre).
Le forze armate costituirono un insieme eterogeneo, proveniente, in
massima parte, da reparti reclutati nell’Italia meridionale, nelle isole o all’estero, il più delle volte composto da
individui sfuggiti alla deportazione messa in atto dalle truppe tedesche.
Insomma, gli Stati Maggiori dovettero affrontare una situazione assai
complessa. Secondo le fonti l’esercito fu composto da : “ una massa la quale è buona e potrà fare bene, magari, benissimo, ma che
– per ragioni d’ordine generale che è inutile analizzare- è ancora molto
irrequieta, suscettibile di oscillazioni spirituali di depressioni subitanee e
quindi costituisce uno strumento di guerra molto delicato, tanto più in
mancanza di una severa opera repressiva contro coloro che cercano di sottrarsi
all’adempimento dei propri doveri.
Si tratta in sostanza, di una
massa con la quale occorre agire con cautela, pur senza discostarsi da
quell’energia necessaria quando il caso lo richiede; di truppa alla quale si
deve andare incontro quanto più possibile senza indugiare, perché l’indugio può
essere pericoloso”.
Ad ogni modo, gli Stati Maggiori dell’epoca seppero condurre con perizia
e professionalità le operazioni militari , assolvendo, allo stesso modo, pure all’alto compito “di risollevare lo spirito ed il morale delle truppe”. Anche
l’inserimento del nuovo esercito italiano all’interno del comparto alleato
richiese una seria mediazione. Nonostante le resistenze opposte dalla
componente britannica, che avrebbe teso ad impiegare le forze italiane nei soli
servizi di “bassa manovalanza nelle retrovie”, mortificando, nei fatti, lo
slancio degli italiani i quali avrebbero voluto partecipare attivamente alla
liberazione della propria Patria, gli Stati Maggiori riuscirono, infine, ad
ottenere un aumento delle truppe.
“Il 23 novembre, il maresciallo
Messe, in occasione della sua nomina a S.M. generale in sostituzione del
Generale Ambrosio, ebbe un colloquio con il generale Joice, Capo della missione
alleata di controllo, nel quale espresse il suo intendimento che le forze
armate italiane dessero agli Anglo-americani una collaborazione attiva e completa
nel campo operativo oltre che nelle retrovie”.
Di fatto, negli intendimenti il CIL non avrebbe dovuto superare la forza
dei 14.000 uomini. Tuttavia, grazie alla costante opera di convincimento
esercitata da Messe e Berardi, il 26 maggio s’addivenne all’autorizzazione
operata dalle forze anglo-americane ad aumentare il numero delle forze.
“in seguito a tale provvedimento il
CIL acquisì la fisionomia che il Comando Supremo e lo Stato Maggiore
dell’esercito avevano progettato sin dai primi di aprile”.
Secondo le fonti, inizialmente, il Corpo Italiano di Liberazione
costituì un semplice “cambio di
denominazione” del I Raggruppamento
Motorizzato, composto di 1400 unità.
Il Corpo Italiano di Liberazione si componeva di un reggimento fanteria
(il 68° con 1.800 uomini), un reggimento bersaglieri (il 4° su due distinti
battaglioni XXIX e XXXIII con 1.250 uomini), un reggimento artiglieria (l’11°
su tre gruppi con una forza di circa 600 uomini), un battaglione paracadutisti
il CLXXXV su tre compagni (450 unità) e un battaglione alpini (ovvero il
“Piemonte” che ebbe poi il compito di occupare Monte Marrone), un battaglione
arditi (IX reparto d’assalto con una forza di 600 uomini), un’unità
carabinieri, genio e Servizi.
Fu solo grazie alle proposte avanzate dal Generale Utili che le Forze
Alleate autorizzarono, anche sulla scorta dei successi riportati, il
potenziamento delle truppe del CIL che
portò gli effettivi del CIL ad un organico di circa 25000 uomini. Si impose però a quel punto una
riorganizzazione dell’intero organico considerando anche la successiva esigenza
di disporre un riordino ed un’eventuale costituzione di comandi intermedi e
raggruppamenti di forze con
responsabilità operativa diretta. Per la prima volta l’intera schiera delle
unità Ialine si ritrovò unita in un unico settore sotto comando italiano. Il
CIL venne così organizzato prevedendo due Brigate (la prima costituita dal 4°
reggimento bersaglieri, dal 3° reggimento alpini coi battaglioni Piemonte e
Granero, dal 185° Reparto paracadutisti, dal 4° Gruppo Artiglieria someggiato;
la seconda Brigata era, invece, costituita dal 68° Reggimento fanteria, dal IX
Reparto d’assalto, da rgt. Marina S. Marco), una Divisione (Nembo che avrebbe
mantenuto la propria costituzione iniziale su due reggimenti paracadutisti ed
un reggimento artiglieria) ed un Comando Artiglieria (che inquadrava il
glorioso 11° di Monte Lungo)
Il 1°giugno '44 il C.I.L. venne
quindi organizzato su due Brigate, una Divisione ed un Comando artiglieria:
-
la I Brigata (Col. Fucci) era costituita dal 4°
Rgt. bersaglieri, dal 3° Rgt. alpini, con i battaglioni "Piemonte" e
"M. Granero", dal 185° Reparto paracadutisti, dal IV° Gruppo
artiglieria someggiato;
-
la II^ Brigata (Col. Moggi) era costituita dal
glorioso 68° Rgt. Fanteria, che combatté a Monte Lungo, dal IX Reparto
d'assalto ( gli arditi di Boschetti), dal Rgt. Marina "San Marco"
(battaglioni Marina "Bafile" e "Grado", dallo squadrone
volontari "Guide", dal V Gruppo artiglieria someggiato;
-
la Divisione "Nembo"” (Gen.Morigi).
sbarcata dalla Sardegna su due Reggimenti paracadutisti (183° e 18°) ed un
Reggimento artiglieria; il Comando di artiglieria (Gen. Moro) che inquadrava
prevalentemente il glorioso 11° di Monte Lungo.
(ad eccezion fatta per qualche variazione organica di poco
conto, il CIL mantenne tale ordinamento fino al ripiegamento dal fronte e al
suo definitivo scioglimento).
Il 2 giugno, infine, durante un colloquio fra
il nostro Capo di Stato Maggiore dell’esercito con il comandante del V Corpo
d’armata britannico, fu concordato che “venisse
costituita, nel territorio del V Corpo, una Delegazione dello Stato Maggiore
italiano allo scopo di dirimere, mediante intese dirette fra gli enti
interessati, gli eventuali inconvenienti e rappresentare nel contempo un organo
regolatore e coordinatore delle attività disciplinari, logistiche ed
amministrative delle unità del CIL, a capo di tale Delegazione venne posto, in
data 4 giugno, il generale De Stefanis, già comandante del LI corpo d’armata”.
(ricerca23@libero.it)
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