. Le scelte di campo sono terminate
Il
trauma della crisi armistiziale del settembre 1943 produsse i suoi effetti per
anche nel mese di ottobre, di novembre e di dicembre. Con la fine dell’anno era
ormai chiaro a tutti che l’Italia era divisa in due, che eserciti stranieri si
combattevano sul suolo nazionale e che vi era una parte di italiani che
operavano a favore di una coalizione ed una parte che operava per l’altra. Nel
mezzo la massa di coloro che cercavano solo di sopravvivere. Molti di loro
adottarono una forma di attesa, per vedere chi avesse prevalso, altri si
adattavano alle circostanze e cercavano di approfittarne per migliore la
propria posizione, altri sopravvivevano e basta, nelle tantissime difficoltà
che la situazione presentava. Erano giorni tristi, difficili e in qualcuno si
fece strada che il peggio doveva ancora avvenire. Le popolazioni meridionali
erano leggermente avvantaggiate, in quanto il regime alleato era più
tollerante. Il mercato nero fioriva, i vincoli sociali si stavano allentando, e
l’autorità statale era molto labile, ma nella sostanza si sopravviveva senza
patemi d’animo e apprensioni. Nel centro e nel nord Italia la popolazione era
presa tra l’azione tedesca di occupazione e repressione e l’azione dei
repubblichini di Salò animati da una grande voglia di ricostruire un fascismo
che tutti, in un modo o nell’altro, anche inconsciamente, ritenevano che avesse
fallito. Era iniziata la caccia ai “traditori”, a qualcuno a cui dare la colpa
di tanti disastri e punirlo; nel contempo cercare di agire in modo tale che
l’idea fascista, pura e scintillante, potesse essere finalmente realizzata.
Tutti erano chiamati a vivere “pericolosamente”, ma nella realtà erano
estremisti più velleitari che reali, in quanto tutto dipendeva dai tedeschi e
dall’andamento della guerra, che peraltro non si sarebbe decisa in Italia.
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