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domenica 30 giugno 2019

domenica 16 giugno 2019

domenica 2 giugno 2019

.Via Rasella La Rappresaglia. Le Fosse Ardeatine 1944


IL SACRARIO DELLE FOSSE ARDEATINE





A perenne ricordo del crudele massacro, perpetrato dai nazisti a Roma il 24 marzo 1944 nelle cave di pozzolana della Via Ardeatina, è stato creato,il Sacrario delle Fosse Ardeatine, solennemente inaugurato nel 1949 in occasione del quinto anniversario della strage.
Il grandioso monumento, pur nelle semiplicità ed austerità della sua linea architettonica, è straordinariamente eloquente. Esso abbraccia in un solo complesso: le grotte, nelle quali venne consumato l'eccidio; il Mausoleo, ove sono raccolte le salme; il gruppo scultoreo, che sintetizza espressivamente la tragedia dei 335 martiri.
La sistemazione monumentale delle Fosse Ardeatine è stata realizzata dagli architetti Giuseppe Perugini, Nello Aprile e Mario Fiorentini, nonchè dagli scultori Mirko Basaldella e Francesco Coccia.

IL PIAZZALE D'ACCESSO
Si entra alle Fosse Ardeatine attraverso una monumentale cancellata in bronzo dello scultore Mirko Basaldella, capolavoro di spiccato espressionismo, in cui l'avviluppo contorto degli elementi documenta figurativamente l'orrore umano di quella spaventevole tragedia.
Il piazzale d'accesso, dedicato alle vittime della strage di Marzabotto, è delimitato di fronte ed a destra dalla collina ove si stagliano le pareti verticali della vecchia cava ardeatina; a sinistra, quasi in prosecuzione della collina, il Mausoleo con l'immensa pietra posata sulla Cripta ove sono raccolte le 335 tombe. Vicino all'ingresso campeggia il gruppo scultoreo in travertino di Francesco Coccia, eretto sul basamento di materiale lapideo tufaceo proveniente dalle cave di Montecompatri. In alto ed al centro spiccano, tra il verde, la croce di Cristo e la stella di David.
A sinistra dell'ingresso alle Grotte, una lapide riporta il lungo elenco delle Città decorate di Medaglia d'Oro al valor militare, con le motivazioni raccolte nello schedario a libro.
Sull'altra grande lapide è scolpita una solenne epigrafe.

LE GROTTE DELLA STRAGE
Dal complesso delle gallerie originarie della vecchia cava di pozzolana, sono stati isolati i rami principali e le grotte ove le S.S. naziste, al comando del Ten. Col. Kappler, perpetrarono il feroce massacro ed occultarono le vittime.
Esteriormente le grotte sono rimaste nel loro aspetto originario, salvo i pilastri eretti all'interno delle gallerie a sostegno dei due grandi squarci, creati dalle esplosioni disposte dalle S.S. per ostruire l'accesso al luogo ove erano stati ammucchiati i cadaveri dei Martiri.
Le gallerie hanno un tracciato ad U con l'ingresso nel Piazzale e lo sbocco nel Mausoleo; nel tratto di fondo, isolato da due artistiche cancellate in bronzo dello scultore Mirko Basaldella, si trova la grotta ove, tre mesi dopo il massacro, furono rinvenute le salme ammucchiate su cinque strati sovrapposti. Una fiaccola illumina il tumulo ove sono custoditi i resti non identificati appartenenti ad alcune salme dei martiri.
A lato di una cancellata, una lapide di marmo nero reca scolpito il nobile messaggio:
«Fummo trucidati in questo luogo perché lottammo contro la tirannide interna per la libertà e contro lo straniero per l'indipendenza della Patria. Sognammo un'Italia libera, giusta, democratica ed il nostro sacrificio ed il nostro Sangue ne siano la sementa ed il monito per le generazioni che verranno».
In fondo alla galleria è stata ristrutturata la parete con scritte significative in lettere di bronzo e vi è posta una lampada votiva, offerta da Papa Paolo VI.
Vicino all'ingresso è stata ricavata una piccola Cappella dove, a cura dell'Associazione Nazionale Famiglie dei Martiri, vengono celebrati periodicamente riti religiosi in memoria dei Caduti.
IL MAUSOLEO
Le salme dei 335 trucidati sono state collocate in un vasto sepolcreto, interrato, di metri 50x25; esso è coperto nella parte superiore da una grande pietra tombale che rievoca simbolicamente l'oppressione e l'occultamento delle vittime.
L'oscurità dell'ambiente è appena mitigata dalla luce che filtra dalle fenditure orizzontali, create tra il masso di copertura e le pareti del sepolcreto.
Le tombe, tutte uguali, di granito, sono riunite in 7 doppi filari paralleli; le generalità delle 323 salme identificate sono scolpite sulla lastra superiore di ogni sarcofago.
Le tombe delle 12 salme rimaste sconosciute portano solo l'indicazione: "Ignoto". La collocazione delle salme è stata disposta secondo l'ordine di esumazione dalle grotte; l'indicazione del posto nel sepolcreto può essere desunta dalle tabelle in bronzo, raccolte a libro, ove i Caduti sono elencati in ordine alfabetico.
La prima tomba è dedicata simbolicamente a tutti i Caduti per la Patria e per la Libertà.

I CADUTI
Dopo lungo ed accurato esame è stato possibile riconoscere solo 322 salme. Le vittime, che facevano parte di tutte le categorie professionali e di tutte le condizioni sociali della popolazione italiana, erano costituiti da: 68 militari (tra cui 42 ufficiali dei vari gradi, 9 sottufficiali e 17 soldati), 255 delle varie categorie civili (9 agricoltori, 41 artigiani, 9 artisti, 71 commercianti, 1diplomatico, 32 professionisti, 37 impiegati, 47 operai o appartenenti a professioni varie, 1 sacerdote, 6 studenti), tutti uomini di età variabile dai 75 anni ai 14. Tra i trucidati 73 erano israeliti.
Fra i martiri vi furono figure della Resistenza romana; altri erano solo sospettati, altri innocenti ed inconsapevoli, rastrellati per caso o per errore, altri colpevoli soltanto di essere ebrei: tutti certamente estranei all'azione partigiana contro il reparto di polizia tedesca a Via Rasella.
A 36 Caduti, sepolti nel Mausoleo (12 civili e 24 militari), è stata concessa la Medaglia d'Oro al Valor Militare, alla memoria.

Roma dall'8 settembre 1943 al 4 giugno 1944
PREMESSA
Le gravi sconfitte, subite in Africa ed in Sicilia, nonché il crollo del regime  fascista determinarono il definitivo distacco dell'Italia dalla pesante alleanza con la Germania hitleriana: l'armistizio con gli anglo-americani venne proclamato alle 19,45 dell'8 settembre 1943.
Ma i tedeschi non volevano rassegnarsi all' ineluttabile svolta italiana e sin dal 25 luglio 1943 fecero convergere nella Penisola numerose forze; alla notizia del nostro armistizio fecero scattare il piano per l'occupazione dell'Italia, il disarmo e l'internamento di quanti volevano opporsi.
Purtroppo, in quella terribile situazione, particolari circostanze avverse determinarono gravi incertezze e confusioni nella direzione politica e militare del Paese, che facilitarono il crollo dell'apparato militare italiano nella Penisola e nella zona balcanica.

LA DIFESA DI ROMA
Nonostante l'incertezza degli ordini, che favorirono la sorpresa e la penetrazione tedesca verso Roma, i reparti delle Divisioni sistemate a difesa attorno alla città contrastarono e respinsero, nella notte del 9 settembre 1943 e nella mattina successiva, i reiterati attacchi germanici infliggendo notevoli perdite, come a Manziana e Monterosi (Div. "Ariete"), Monterotondo (Div. "Piave"), alla Cecchignola e alla Magliana (Div. "Granatieri di Sardegna").
L'ordine di ripiegamento generale verso Tivoli aumentò la confusione e lo sbandamento; i reparti di retroguardia continuarono però a combattere disperatamente per contrastare l'avanzata nemica: in totale 414 militari caddero tra il 9 e il 10 settembre; ai 10 più valorosi venne concessa la Medaglia d'Oro al Valor Militare alla memoria.
Nei combattimenti di queste due giornate ed in altri episodi isolati nella zona di Roma parteciparono giovani ardimentosi, vecchi combattenti ed invalidi: in quei giorni ben 183 volontari civili rimasero uccisi.
La sera del 10 settembre 1943 la battaglia per la difesa di Roma era perduta ed i tedeschi accettarono la capitolazione limitandosi al disarmo dei militari.
Molti militari e civili non desistettero però dalla lotta contro l'invasore e costituirono
spontaneamente i primi nuclei di resistenza che agirono in Roma e nei dintorni durante i nove mesi di occupazione nemica.
Nel pomeriggio del 9 settembre i rappresentanti dei partiti antifascisti deliberarono:
«Nel momento in cui il nazismo tenta di restaurare in Roma ed in Italia il suo alleato fascista, i partiti antifascisti si costituiscono in "Comitato di Liberazione Nazionale", per chiamare gli italiani alla lotta e alla resistenza e per riconquistare all'Italia il posto che le compete nel consesso delle libere nazioni».


L'OCCUPAZIONE TEDESCA
Nei primi 15 giorni Roma potè godere di una parvenza di governo autonomo come "Città aperta" che consentì però ai tedeschi di guadagnare tempo per fronteggiare l'avanzata anglo-americana e restaurare il fascismo con Mussolini; questi, dal Quartier Generale di Hitler, il 15 settembre emanava i decreti di costituzione della Repubblica Sociale Italiana (R.S.I.), voluta dalla Germania per facilitare il controllo dell'Italia occupata.
Dal 23 settembre i tedeschi assunsero il diretto e completo controllo della Capitale e, validamente aiutati dagli appartenenti alle forze armate della R.S.I., iniziarono perquisizioni ed arresti dei presunti resistenti rastrellamenti nei quartieri e retate nelle strade per catturare gli ebrei ed obbligare i giovani al "Servizio del lavoro".
Un crescente terrore poliziesco con vessazioni, soprusi e violenze gravava sulla città, già

angustiata dalle gravi difficoltà di alimentazione e dai bombardamenti alleati.

LA RESISTENZA ROMANA
I partiti antifascisti dovettero disperdersi ed agire nella clandestinità e nella cospirazione. A Roma, la reazione all'oppressione nazifascista era così articolata:

·                Resistenza passiva di tutta la popolazione romana, sopportata con grande dignità e fierezza in un diffuso spirito di solidarietà fra tutti gli strati della cittadinanza.
·                Resistenza attiva attuata dal "Fronte Clandestino Militare" (F.C.M.), con il compito di riprendere le armi ed assicurare l'ordinato trapasso dei poteri dopo la ritirata tedesca. Fuori di Roma il F.C.M. coordinava l'attività, ben più aggressiva e spericolata, delle "Bande esterne" che operavano nel Lazio e nell'Abruzzo, con frequenti attacchi e sabotaggi alle retrovie germaniche. Gran parte degli esponenti del F.C.M. della Capitale furono scoperti, arrestati e torturati; di questi: 67 caddero alle Fosse Ardeatine, 22 furono fucilati al Forte Bravetta e 5 in località "La Storta".
·                Resistenza armata attuata da gruppi di pochi giovani, audaci, spericolati, pronti a tutto osare per colpire il nemico e rispondere alle provocazioni. Particolarmente attivi furono i "Gruppi di Azione Patriottica" (G.A.P.), diretti dal P.C.I., che svolsero sabotaggi, attentati ed attacchi armati in pieno centro cittadino.
Altri gruppi di germinazione spontanea e popolare, non inquadrati nel C.L.N., ebbero larga diffusione nei quartieri periferici della città e nelle zone circostanti con azioni audaci e spericolate guidati da capi leggendari che furono poi quasi tutti fucilati. Il Gruppo “Bandiera Rossa" lasciò sul terreno 128 Caduti, 53 rimasero feriti e 15 furono arrestati e deportati.
In concomitanza con lo sbarco alleato di Anzio, dal 23 al 25 gennaio 1944 venivano arrestati e torturati nelle prigioni di Via Tasso i capi più attivi del "Fronte Militare"; poco dopo, a titolo di monito, venivano fucilati a Forte Bravetta 20 tra i più intrepidi e valorosi partigiani romani.

-Resistenza nelle scuole e nelle università che fu particolarmente viva con dimostrazioni, diffusione di volantini e giornali. Parecchi docenti e studenti vennero arrestati; 5 professori e 6 studenti finirono fucilati alle Fosse Ardeatine.

L'AZIONE DI VIA RASELLA
Il 23 marzo 1944, alle ore 15 circa, un gruppo di 16 partigiani appartenenti ai G.A.P. attuò, in pieno giorno, un clamoroso attentato contro un reparto armato di 160 S.S. in marcia lungo Via Rasella. Una carica esplosiva, nascosta in un carretto, veniva fatta esplodere al centro della colonna tedesca, mentre altri partigiani lanciavano bombe e sparavano raffiche di mitra verso la coda del reparto, causando 33 morti tra i tedeschi (di cui 26 deceduti all'istante, 6 morti in ospedale nella notte del 23 marzo, ed 1deceduto parimenti in ospedale nella mattinata del 24 marzo), oltre a numerosi feriti. Con l'arrivo dei rinforzi la reazione fu immediata e rabbiosa con sparatorie, rastrellamenti e saccheggi delle case circostanti. Ma i nazisti vollero attuare subito una spaventosa rappresaglia per punire e terrorizzare tutta la città; da Hitler veniva intimata la fucilazione, entro le 24 ore, di dieci italiani per ogni tedesco ucciso.

IL MASSACRO DELLE CAVE ARDEATINE
Nell'elenco delle vittime vennero compresi 270 prigionieri della polizia tedesca rinchiusi nella sede del comando delle S.S. in Via Tasso e nel carcere di "Regina Coeli”. Altri 50, tratti pure dagli incarcerati a "Regina Coeli", furono designati dal Questore di Roma. Alla notizia della morte di un altro dei feriti, Kappler aggiornò la lista con altri 10 ostaggi e aggiungendovene 5 in soprannumero.
L'orrenda carneficina venne effettuata di nascosto entro le cave di Via Ardeatina, nel pomeriggio del 24 marzo, dalle S.S. di Roma sotto il diretto controllo di Kappler.
Le salme vennero poi occultate con lo scoppio di mine che provocarono il franamento della volta della cava; l'elenco dei trucidati non fu reso noto.
La notizia dell'attentato apparve sulla stampa solo il 25 marzo dopo il comunicato dell'agenzia giornalistica "Stefani", diramato alle ore 22,45 del 24 marzo: «...32 uomini della Polizia tedesca sono stati uccisi e parecchi feriti... il comando tedesco perciò ha ordinato che per ogni tedesco assassinato dieci criminali comunisti badogliani saranno fucilati. Quest‘ordine è stato già eseguito».
Kappler veniva poi condannato all'ergastolo anche per aver fatto fucilare 5 persone in più delle 330 previste dalla rappresaglia e con l'aggravante di aver agito con crudeltà verso le vittime. Peraltro la rappresaglia veniva giudicata illegittima per l'enorme sproporzione dei condannati e per le modalità adottate, contrarie ad ogni norma di guerra.
DOPO LE FOSSE ARDEATINE
La resistenza dei gruppi più attivi si manifestò sin verso la metà di aprile del 1944 con attentati e scontri a fuoco; poi l'attività armata in città decrebbe in conseguenza dei numerosi arresti fra gli elementi più audaci. Invece nelle zone intorno alla Capitale continuò la lotta delle Bande esterne che inflissero ai tedeschi perdite ingenti in uomini e materiali; però, è stato pesante il loro tributo di sangue nei nove mesi di lotta: 1.046 Caduti (di cui 427 fucilati), 74 dispersi e 326 fefiti.
Sino alla liberazione le polizie nazi-fasciste continuarono ad infierire sulla popolazione romana con arresti, soprusi e vessazioni; persino nel lasciare la Capitale le S.S. si portarono al seguito 14 prigionieri, scelti tra gli arrestati di Via Tasso, che furono fucilati in località "La Storta" il 4 giugno 1944.
Alle 18,30 del 4 giugno 1944 le avanguardie alleate venivano accolte trionfalmente a Porta S.Giovanni mentre, alla stessa ora, le retroguardie germaniche ripiegavano da Ponte Milvio.

IL MUSEO DELLE FOSSE ARDEATINE

Si trova alle spalle del Mausoleo in apposita costruzione, a pianta ottagonale, progettata e riordinata sotto l'attenta guida dell'architetto Prof.  Perugini.
Vi sono raccolte: documentazioni, cimeli e fotografie che illustrano e sintetizzano, in ordine cronologico le tragiche giornate vissute nella Capitale; dall'aggressione tedesca dell'8 settembre 1943 alla liberazione del 4 giugno 1944.

Tre vetrine in particolare sono dedicate ai seguenti soggetti:

·                Le centrali di inquisizione e tortura (Via Tasso - Sede della Banda Koch in Via Romagna - “Regina Coeli" - Palazzo Braschi, ecc.) con descrizioni, segni e ricordi lasciati da alcuni martiri;
·                Il martirio delle Fosse Ardeatine, con la descrizione dell'atroce misfatto ed i nomi dei martiri ai quali è stata concessa la Medaglia d'Oro al V.M.
·                Le fucilazioni di Forte Bravetta, con il ricordo di Don Morosini ed il commovente testamento spirituale lasciato dall'operaio Tigrino Sabatini: «Non sfruttate la nostra morte e non dimenticate perchè siamo morti» .
Nella vetrina del grande tavolo centrale sono raccolti esemplari dei principali giornali, stampati e diffusi clandestinamente, oltre ad essere ricordati i giornalisti che hanno pagato con la vita il loro amore per la libertà.
Sulle pareti, sopra le vetrine, spiccano le grandi opere create e donate da tre artisti in omaggio agli amici e compagni caduti durante la Resistenza romana:
·                Corrado Cagli: dipinto che raffigura il terrore dell'oppressione nazi-fascista;
·                Renato Guttuso: scultura dorata che rievoca la raccapricciante visione dell'ammasso confuso dei Martiri delle Fosse Ardeatine all'atto dell'esumazione; .
·                Carlo Levi: dipinto ispirato al soggetto della liberazione finale dopo i nove mesi di oppressione e di terrore.
Nell'appendice esterna al Museo è stato ricavato un locale ove sono raccolte le principali pubblicazioni che trattano delle Fosse Ardeatine. Alle pareti sono riportati i progetti ed i disegni delle opere più significative, create, nel complesso del Sacrario, dall'architetto Giuseppe Perugini e dallo scultore Mirko Basaldella.