1. La Campagna d’Italia
La
campagna d'Italia iniziata con lo sbarco in Sicilia il 9 luglio 1943,
per gli alleati significò inizialmente, il controllo delle rotte
mediterranee. Conquistata la Sicilia con l’accettazione
dell’armistizio del settembre 1943 erano riusciti a far uscire
l’Italia dalla coalizione hitleriana. Conquistata Napoli il 1
ottobre 1943, dopo tre settimane dallo sbarco di Salerno, puntarono
decisamente verso nord con gli statunitensi gravitanti sul versante
tirrenico ed i britannici sul versante adriatico. Con l'inizio della
stagione autunnale, le condizioni meteorologiche sempre più avverse,
la natura del terreno particolarmente adatta alla difesa rallentarono
di molto la progressione alleata verso nord. Roma che si auspicava
raggiungere in poche settimane, era sempre più lontana.
1a. Le quattro battaglie
per Cassino, lo sbarco di Anzio
Agli inizi del 1944 il gen.
Eisenhower e il gen. Montgomery fino ad allora assoluti protagonisti
delle operazioni in Italia, vengono chiamati in Gran Bretagna per
occuparsi direttamente della operazione Overlord. E’ un momento
strategico significativo. Ormai il teatro mediterraneo deve lasciare
il passo a quello occidentale, dove ogni risorsa dovrà essere
destinata alla apertura del secondo fronte. Gli uomini che
sostituiscono Eisenhower e Montgomery sono uomini di secondo piano,
come di secondo piano diviene il fronte italiano. Si assisterà ad un
continuo ritiro di forze alleate, destinate in Gran Bretagna, ed ad
un costante rimpiazzo di queste con forze provenienti dai quattro
angoli dell’impero e dal resto del mondo: oltre agli indiani,
arriveranno i polacchi, i brasiliani, i neozelandesi, mentre lasciano
l’Italia, anche perché il loro comportamento non è stato
irreprensibile, anzi molto discutibile e biasimevole, le unità del
Corpo di spedizione francese, composto per la maggior parte da truppe
coloniali. Questa politica strategica, nella seconda metà del 1944
favorirà proprio di Italiani, che, mentre nella prima metà
dell’anno sono visti ancora come nemici vinti e, soprattutto da
parte britannica, da impiegare solo nel settore logistico, con
l’operazione Anvil - Dragoon e tenendo presente il favorevole
sviluppo delle operazioni in Francia, nella seconda metà dell’anno
saranno chiamati a dare consistenti forze combattenti per tenere il
fronte italiano. Sarà la trasformazione del Corpo Italiano di
Liberazione, ritirato dalla linea nel settembre del 1944, quando
aveva raggiunto il Metauro, nei Gruppi di Combattimento, ovvero unità
combattenti a livello divisione che porterà le forze combattenti
italiane a 250.000 mila effettivi.
Gli Alleati erano convinti che
la risalita della penisola italiana fosse relativamente agevole, ma
la battaglia di Ortona nel dicembre 1943 dimostrò che i tedeschi,
con la tattica dell’arresto momentaneo su posizioni prestabilite,
reazioni dinamiche immediate e sganciamento preventivo dopo che
l’attacco alleato era stato montato su posizioni arretrate già
organizzate a difesa, potevano mantenere il loro potenziale di
difesa, senza impiegare ulteriori forze. La speranza alleata di
alleggerire il fronte orientale si dimostrò vana, tanto che il
Maresciallo Stalin non considerò mai il fronte italiano come il
secondo fronte in Europa, anche se i tedeschi dovettero impegnare
circa 30 divisioni tra il fronte e le retrovie, che però nel
bilancio generale della guerra ebbero poco peso.
All’inizio del 1944. Gli
Alleati, nella loro progressione verso nord, il due gennaio diedero
inizio a quella che poi fu chiamata la battaglia di Cassino, che
sviluppatesi in quattro fasi, si concluderà il 24 maggio: Cassino
era il perno della difesa, sovrastata dalla maestosa ed imponente
abbazia benedettina, che però dal punto di vista militare non aveva
alcun valore e praticamente insignificante. Il suo valore, più che
altro deterrente, era di caratteri piscologico e morale. Il terreno
era quanto mai difficile ed adatta più alla difesa che all’attaco;
non era possibile impegare le forze corazzate a massa, mentre la
artiglieria aveva buon gioco più nella difesa che nell’attacco.
L’aviazione tattica era limitata sia dalle postazioni in caverna o
al riparo della difesa che dalla identificazione degli obiettivi
difficilmente individuabili e perseguibili. Gli alvei dei fiumi
Liri, Rapido e Garignano rappresentavano punti critici per
l’attaccante, e appigli tattici abbastanza buoni per il difensore;
i sistemi montuosi degli Aurunci e di monte Trocchio erano
altrettanti pilastri di difesa che, a posteriori, permettono di dire
che la loro difesa bloccò l’avanzata alleata, data da tutti certa
e sicura, fu bloccata per cinque mesi.
Le forze contrapposte vedevano
da una parte i tedeschi, al saldo e preciso comando del gen.
Kesserling, che disponeva di 10 divisioni, non tutte al massimo della
efficienza, ma con personale deciso, di sicuro affidamento e di
grande esperienza. Gran parte di queste forze erano ordinate nella X
Armata al comando del gen. Wietingoff, che aveva la diretta
responsabilità del fronte tirrenico. Di fronte gli alleati
schieravano il II C.d.A. del gen. Keyes, inquadrato nella V Armata al
comando del gen. Clark.
Nel momento in cui furono
investite le posizioni tedesche, le zone di protezione e di frenaggio
furono facilmente superate. Il 15 gennaio fu investita la posizione
di resistenza e l’azione, protrattasi per giorni, con attacchi sul
Garigliano e sul Rapido, con la protezione sul fianco del Corpo di
Spedizione Francese, doveva essere aiutata dalla azione concorrente
della operazione “Schingle”. Il 22 gennaio 1944 il VI C.D.A. che
comprendeva anche forze britanniche, sbarcava a sud di Roma, nel
litorale laziale con l’obiettivo di tagliare ogni alimentazione e
quindi accerchiare le forze tedesche schierate sulla linea Gustav.
Cassino quindi doveva cadere dalle azioni combinate di attacco da sud
e aggiramento mediante lo sbarco ad Anzio. Entro in azione anche il X
C.d.A. britannico al comando del generale Mc Creery, che superò il
Garigliano, e conquistò la località di Minturno.
Nella prima metà di febbraio
il Comando alleato constatò che lo sbarco ad Anzio era stato
bloccato e le offensive contro la linea Gustav non avevano dato i
risultati sperati. Kesserling, peraltro, fu costretto a chiamare in
Italia tre divisioni, per sostenere il fronte di Cassino, ed altre
due, poi tre per bloccare e cercare di eliminare o bloccare la testa
di ponte di Anzio.
Convinti che l’Abazia di
Monte Cassino fosse utilizzata dai tedeschi, in violazione agli
accordi internazionali di neutralità) era considerato territorio del
Vaticano, Stato neutrale) gli alleati decisero di bombardarla. Fu un
grave errore tattico e piscologico. I tedeschi si installarono subito
fra le rovine, ed ebbero ulteriori osservatori sul campo di
battaglia. L’attaco lanciato in contemporanea al bombardamento dai
neozelandesi, il cui comandante gen. Freyberg aveva insistentemente
voluto il bombardamento della abbazia, fu respinto.
Un lungo periodo di maltempo
bloccò ogni operazione sul fronte di Cassino per diverse settimane.
Il 15 marzo l’attaco fu di nuovo tentato. Iniziò con un potente
bombardamento aereo (oltre 1000 tonnellate di bombe furono lanciate)
seguito da un fuoco di sbarramento di artiglieria, finito il quale la
fanteria iniziò ad avanzare, appoggiata dai mezzi corazzati. Le
unità impiegate erano sempre neozelandesi, affiancate dalle truppe
indiane del generale Turker. Alla fine della giornata metà della
cittadina di Cassino era in mano alleata: il giorno successivo i
paracadutisti tedeschi della 1° Divisione passarono al contrattacco
e ristabilirono le posizioni. Ancona una volta gli alleati erano
stati fermati.
All’inizio di maggio venne
messo allo studio un nuovo piano di attacco per superare le difese
tedesche di Cassino. Attacco frontale che doveva essere sostenuto da
azioni concorrenti, come quella di puntare al di là del Garigliano
ed avere come obiettivo Valmontone. Gli alleati schierarono se
divisioni, di cui 12 (inglesi, 4 francesi, 2 americane, e 2 polacche
per l’attaco frontale) e le altre 4 per che dovevano bloccare le
divisioni tedesche per aggiramento ed impedire loro di raggiungere le
posizioni arretrate) contro le sette divisioni tedesche, che
comprendevano oltre a quelle della X Armata anche quelle della XIV
Armata. L’11 maggio inizio il fuoco dell’artiglieria con oltre
2000 pezzi, a cui si sovrappose i bombardamenti della aviazione
tattica. Le sorti della battaglia rimasero incerte per oltre tre
giorni. Il 14 maggio le divisioni francesi conquistarono il monte
Faito ed il Monte Maio, raggiungendo Ausonia. Il 15 gli attacchi
americani lungo il litorale tirreno ebbero esito favorevole, ed il
XIII C.d.A. prese Pignataro, che con la sua ala destra potè dare un
valido contributo alla azione del Corpo Polacco, la cui progressione
verso l’area della Abazia si sviluppo nei giorni successivi. Ormai
le difese tedesche erano ovunque attaccate e si cominciarono a
sgretolarsi. Dopo un ulteriore sforzo, il 18 maggio i Polacchi
piantarono la loro bandiera sulle rovine dell’Abazia, e la
situazione si sbloccò sull’intero fronte. La battaglia per Cassino
era termina