La scelta di non aderire alle proposte di collaborazione al nazifascismo da parte degli Internati Militari Italiani fu una sorpresa sia per i tedeschi che per Mussolini. Sia i tedeschi, come mano d’opera volontaria, sia Mussolini, come soldati delle forze Armate repubblicane, molto avevano contato su questa massa di giovani che nella sostanza era stata educata dal fascismo, nelle fila della Gioventù Italiana del Littorio. Il loro massiccio rifiuto fu la certificazione del fallimento del fascismo come regime, e per la Repubblica Sociale, una ennesima dimostrazione di debolezza agli occhi dei tedeschi. A tutto questo si cercò di porre rimedio con una operazione di vertice, ovvero trasformando lo status di Internato Militare in quello di “lavoratore civile”, accordo tra Hitler e Mussolini del 20 luglio 1944, firmato in circostanze drammatiche proprio nel giorno dell’attentato di von Stauffenberg alla Tana del Lupo. Nella sostanza poco cambiava: gli Internati, a prescindere da come era il loro status continuarono ad essere trattati dai tedeschi come schiavi, mentre quelli che avevano aderito avevano condizioni poco migliori dei non aderenti, ma sempre lavoratori coatti. Questo ennesimo tentativo di mascherare la non adesione sottolinea il significato di una decisione che rappresenta una delle scelte più difficili della Guerra di Liberazione. Cercare di minimizzare, o mascherare questa scelta è stata la caratteristica di questo fronte nel 1944, a cui si risposte da parte degli Internati Militari, in un contesto di disperata solitudine, con coerenza e determinazione a continuare nelle scelte iniziali.
giovedì 29 febbraio 2024
Il 1944 in Italia. La Guerra di Liberazione. Il Terzo fronte. Combattere dietro il filo spinato Il Fallimento del fascismo con le nuove generazioni
La scelta di non aderire alle proposte di collaborazione al nazifascismo da parte degli Internati Militari Italiani fu una sorpresa sia per i tedeschi che per Mussolini. Sia i tedeschi, come mano d’opera volontaria, sia Mussolini, come soldati delle forze Armate repubblicane, molto avevano contato su questa massa di giovani che nella sostanza era stata educata dal fascismo, nelle fila della Gioventù Italiana del Littorio. Il loro massiccio rifiuto fu la certificazione del fallimento del fascismo come regime, e per la Repubblica Sociale, una ennesima dimostrazione di debolezza agli occhi dei tedeschi. A tutto questo si cercò di porre rimedio con una operazione di vertice, ovvero trasformando lo status di Internato Militare in quello di “lavoratore civile”, accordo tra Hitler e Mussolini del 20 luglio 1944, firmato in circostanze drammatiche proprio nel giorno dell’attentato di von Stauffenberg alla Tana del Lupo. Nella sostanza poco cambiava: gli Internati, a prescindere da come era il loro status continuarono ad essere trattati dai tedeschi come schiavi, mentre quelli che avevano aderito avevano condizioni poco migliori dei non aderenti, ma sempre lavoratori coatti. Questo ennesimo tentativo di mascherare la non adesione sottolinea il significato di una decisione che rappresenta una delle scelte più difficili della Guerra di Liberazione. Cercare di minimizzare, o mascherare questa scelta è stata la caratteristica di questo fronte nel 1944, a cui si risposte da parte degli Internati Militari, in un contesto di disperata solitudine, con coerenza e determinazione a continuare nelle scelte iniziali.
martedì 20 febbraio 2024
Il 1944 in Italia. La Guerra di Liberazione. Il Secondo Fronte. Andare in montagna e combattere
Il II Fronte. I Ribelli, l’unità come regola
base.
Il 1944 per il II
fronte, il movimento ribellistico nasceva dalle ceneri dei disastri dei mesi
precedenti. Si era compreso che la rivolta armata non poteva essere condotta
con i criteri della guerra classica. Occorreva adottare nuove tattiche, per
evitare di essere sempre soccombenti di fronte ad un nemico agguerrito e più
forte, con un armamento più potente ed adeguato. Inoltre occorreva provvedere ad una logistica
partigiana più accorta, meno labile, dipendente dal caso e dalla
improvvisazione. Basilare la ristrutturazione del settore informativo, con
contrasto efficace alle spie, ai delatori, agli opportunisti e ai
doppiogiochisti. Dal punto di vista
militare le bande si organizzarono in modo tale da evitare lo scontro diretto,
la difesa ancorata e soprattutto di attaccare in massa il nemico. Inizia una
progressione di qualità militare che porterà le formazioni ribellistiche ad
essere sempre più agguerrite. Oggi si direbbe la strategia del debole verso il
forte, in cui non solo la guerriglia ma anche gli atti singoli, detti di
terrorismo, furono adottati. Sulle montagne prese quindi sempre più forme
dirette di guerriglia, mentre nelle città, i GAP e le SAP adottarono le
tecniche terroristiche, con attentati e colpi di mano diretti a personalità e
simboli della Repubblica Sociale italiana e dei tedeschi. Fu una progressione
di miglioramento costante, mese dopo mese. La reazione delle forze avversarie fu
sostanzialmente inefficace e improduttiva, tutto basato sulla rappresaglia e
sulla violenza incontrollata verso la popolazione, che sostanzialmente
conquistare la quale era il vero obiettivo del movimento ribellistico che fu
realizzato sul finire del 1944.
Per i responsabili della Resistenza, risolto
il problema militare, rimaneva quello principale, ovvero mantenere unite le
forze che avevano deciso di ribellarsi.
I tedeschi fecero ogni sforzo per dividere le varie componenti del
movimento ribellistico, soprattutto quelle di democrazia liberale, monarchica,
cattolica e in genere, centrista. Ogni sforzo fu sventato e l’unità del fronte
ribellistico fu mantenuta integra. Paradossalmente il vero colpo mortale al
movimento fu portato, a metà novembre, da chi meno lo si aspettava: gli
Alleati. Il proclama di Alexander del 20 novembre che invitava i ribelli a
smobilitare e a tornarsene a casa per l’inverno fu in sostanza interpretato da
amici e nemici come un invito ad abbandonare la lotta armata. Fu un momento
molto difficile, che diede vigore agli avversari e metteva in discussione tutta
l’architettura della Resistenza. Il 1944 fu un anno di crescita, di successi,
di speranza che tutto si concludesse entro l’inverno ma che si concluse con una
momentanea botta d’arresto, soprattutto politica e morale.
sabato 10 febbraio 2024
Il 1944 in Italia. La Guerra di Liberazione. Il Primo Fronte. La Monarchia alla ricerca di credibilità
Il I Fronte. La lunga lotta per
esistere
Il primo fronte
deve combattere una sua propria battaglia per esistere. Dopo il ritiro dalle
posizioni di Montelungo, sconfitti e con il morale bassissimo, la possibilità
di avere truppe combattenti italiane stava per scemare. I Britannici
insistevano per non concederle ed impiegare i soldati italiani solo nelle
Divisioni Logistiche dette “Ausiliare”, mentre il solo sostegno statunitense poteva
non bastare se le truppe ed i quadri mostravano le carenze disciplinari
mostrate fino ad allora. Le diserzioni, ovvero l’assenza arbitraria e momentanea
alle bandiere come si usava dire allora avevano caratterizzato la compagine
combattente italiana. La rivolta di oltre 190 Allievi Ufficiali dei bersaglieri
rimase significativa. Ci volle tutta la abilità del gen. Utili, e la
sensibilità del gen. Messe per riuscire a controllare la situazione che stava
degenerando in modo incontrollabile. La situazione migliorò nel mese di marzo
con l’arrivo di unità integre dalla Sardegna. La felice azione di Monte Marrone
fu la svolta che salvò la situazione: gli americani e quindi tutti gli altri
alleati si convinsero che gli Italiani potevano ritornare utili nel prosieguo
della guerra. Assegnati al settore adriatico, come divisone del Corpo d’Armata
polacco, la bella prova di Filottrano a luglio, fece sì che gli Alleanti,
compresi i britannici, anche per le esigenze ormai pressanti di “Anvil”,
decisero non solo di accettare truppe combattenti italiane, ma anche di
elevarne il numero da 25.000, e portarle a 40. /50.000 giugno luglio, e a
settembre, a 250.000 con la creazione dei Gruppi di Combattimento. Intanto il
numero delle unità logistiche, dette “Ausiliare” avevano raggiunto i 200.000
uomini.
La battaglia per
l’esistenza come combattenti era stata vinta. Il Regio Esercito, e le altre Forze
Armate partecipavano alla guerra, combattendo non solo come contributo alle
esigenze logistiche. Per l’Italia si poteva sperare in un futuro migliore.