La
conseguenza più importante della conclusione della campagna d’Africa, fu che
essa privò Germania ed Italia della maggior parte delle truppe addestrate ed
esperte di cui disponevano nel teatro del Mediterraneo, truppe che altrimenti
esse avrebbero potuto impiegare per bloccare la prima e cruciale fase di
rientro degli Alleati in Europa. In realtà questo primo rientro in Europa, che
Winston Churchill già vagheggiava a fine 1942 e che aveva per meta la Sicilia,
fu un balzo azzardato, pieno di incertezze, il cui successo deve essere in gran
parte attribuito all’influenza di tutta una serie di fattori. Primo fra tutti
al cieco orgoglio che spinse Hitler e Mussolini a tentare di “salvare la
faccia” in Africa. Poi, ai sentimenti di gelosia e di timore che Mussolini
nutriva verso gli alleati tedeschi e alla sua riluttanza a permettere loro di
svolgere un ruolo preminente nella difesa del territorio italiano;
all’ostinazione del Primo Ministro britannico che vinse le resistenze
americane, sempre vive quando si profilava all’orizzonte il pericolo di lasciarsi
impegnare nel Mediterraneo, a scapito dello sbarco oltre Manica. Infine, la
convinzione di Hitler, non condivisa da Mussolini, che la Sicilia non fosse il
vero obiettivo degli Alleati.
Oggi
sappiamo che la decisione di invadere la Sicilia fu presa nella conferenza di
Casablanca che si tenne fra il 12 ed il 26 gennaio 1943, e che nelle intenzioni
degli Alleati, l'occupazione della maggiore isola italiana doveva rappresentare
il proseguimento delle “operazioni nel Mediterraneo iniziate con lo sbarco in
Africa” e al tempo stesso l’avvio della campagna d’Italia. Di fatto, la
decisione presa dal presidente Franklin Delano Roosevelt e dal primo ministro
britannico Winston Churchill, in accordo con i loro più importanti consiglieri
ed il Combined Chiefs of Staff, dette il via ad una serie di avvenimenti
concatenati che portarono infine all’invasione dell’Italia continentale, al
crollo del regime fascista, alla resa dell’Italia.
Nel
febbraio 1943, tre mesi prima della fine della battaglia di Tunisia, fu costituito
ad Algeri un Ufficio piani, che poi si trasformò in comando del XV Gruppo
d’Armate, col compito di pianificare l’Operazione HUSKY, cioè lo sbarco in
Sicilia. La cuspide sud-orientale dell’isola, con al centro la penisola di
Pachino, fu subito considerata la più favorevole per uno sbarco, ma l’opinione
che fosse indispensabile impadronirsi al più presto di porti, fece prevalere
l’idea di sbarcare fra Avola e Gela (per occupare i porti di Siracusa e
Augusta) e fra Sciacca e Selinunte (per occupare l’aeroporto di Castelvetrano).
Due giorni dopo (D + 2) due divisioni sarebbero sbarcate presso Palermo per
conquistare il porto della città, il giorno successivo (D + 3) due divisioni e
mezza sarebbero sbarcate vicino Catania. Il generale Montgomery si oppose a
tale piano perché la sua 8ª Armata, sarebbe stata diluita su una fronte troppo
vasta; sopravvenne una crisi che fu risolta, perché fu ammesso di poter
rifornire per un certo tempo le truppe anche senza disporre dei porti di
Catania e Palermo. Ormai, più che l’immediato possesso dei porti era importante
l’acquisizione di aeroporti. Il piano che fu concordato il 3 maggio ed
approvato il 13 maggio dallo Stato Maggiore combinato (anglo-americano),
previde la effettuazione contemporanea degli sbarchi nel giorno “D”. L’8ª
armata britannica (gen. Montgomery) doveva attaccare dal golfo di Noto alla
Penisola di Pachino compresa; la 7ª armata americana (gen. Patton) fra
Scoglitti e Licata (¹). Secondo il Morison (²) nessun’altra operazione anfibia
era stata effettuata, né lo fu in seguito, su una fronte così ampia (210 Km.),
e nessuna con tanto numerose forze impiegate inizialmente. Fin dal 13 aprile
era stato deciso di effettuare lo sbarco nella notte dal 9 al 10 luglio, perché
quella era l’unica notte nella quale sarebbe stato possibile conciliare le
esigenze dei paracadutisti, che volevano lanciarsi col chiaro di luna, e delle
forze terrestri che volevano sbarcare nell’oscurità. Infatti la luna sarebbe
tramontata precisamente nel breve intervallo fra le due operazioni.