giovedì 21 marzo 2019
Una concezione di ricerca
La Guerra di
Liberazione 1943-1945
Una guerra su
cinque fronti
La lotta che il
popolo italiano intraprese, all'indomani dell'armistizio dell'8 settembre 1943 a fianco delle Nazioni
Unite può essere intesa come un tutto uno, ovvero una opposizione armata al
nazifascismo ed adesione alla coalizione antihitleriana. Scopo di questa nota è
indivduare i fronti di questa guerra in cui si combatté in nome di una Italia
diversa e partecipativa.
I fronti individuati sono i seguenti:
- Quello dell'Italia
libera, ove gli Alleati tengono il fronte e permettono al Governo del Re
d'Italia di esercitare le sue prerogative, seppure con limitazioni anche
naturali per esigenze belliche. Il Governo del Re è il Governo legittimo
d'Italia che gli Alleati, compresa l'URSS., riconoscono.
- Quello dell'Italia
occupata dai tedeschi. Qui il fronte è clandestino e la lotta politica è
condotta dal C.L.N., composti questi dai risorti partiti antifascisti. E' il
grande movimento partigiano dei nord Italia.
- Quello della
resistenza dei militari italiani all'estero. E' un fronte questo non
conosciuto, dimenticato, caduto presto nell'oblio. E' la lotta dei nostri
soldati che si sono inseriti nelle formazioni
partigiane locali per condurre la lotta ai tedeschi (Jugoslavia, Grecia,
Albania).
- Quello della Resistenza degli Internati
Militari Italiani, che opposero un deciso
rifiuto di aderire alla R.S.I., di fatto delegittimandola.
- Quello della della
Prigionia Militare Italiana della seconda guerra mondiale.
Se vediamo il singolo
militare, il singolo cittadino atto alle armi vediamo che alla guerra
parteciparono per vare vie, spesso seguendo scelte le più disparate: chi come
rifiuto di consegnarsi ai tedeschi; chi, catturato, finì nei campi di concentramento in Germania e
in Polonia; chi entrò nelle file partigiane
e prese le armi; chi rientrò in Italia del Sud e nella stragrande maggioranza
entrò nelle file dell'Esercito dei
Re; chi visse, senza cedere, sui monti in Italia e all'Estero per non consegnarsi ai ai tedeschi e non
collaborare, chi nei campi di Prigionia degli ex-Nemici, ora alleati, accettò
di collaborare in nome del contributo che l'Italia doveva dare per un domani
migliore.
L'approccio adottato
permette di poter sviluppare le ricerche in queste cinque direzioni al fine di
vedere quanti e quali italiani portarono, come dice Luciano Bolis il loro
"granello di sabbia", oltre a quella che vide coinvolti quelli che
rimasero fedeli alla vecchia Alleanza che ha permesso di riportare alla luce
tanti episodi ormai avvolti nel buio, ma che deve essere ulteriormente
integrato.
Il Primo Fronte: L'Italia del Sud
Qui ricomincia a
funzionare il vecchio stato, ma accanto si sivluppa la dialettica dei partiti.
Partecipano alla guerra prima il I Raggruppamento Motorizzato, poi il C.I.L.,
poi i Gruppi di Combattimento. Sono, in nuce, i soldati del futuro esercito
italiano, che operano secondo le regole classiche della guerra. E' indubbio che
combatto contro i tedeschi, anche se il rapporto con gli Alleati è sempre di
sudditanza. Con la liberazione di Roma e l'avanzata nell'Italia centrale la lotta al nazifascismo non è disgiunta da
una appassionata discussione sul futuro politico dell'Italia e sulle
prospettive di vero rinnovamento democratico. Le forze partigiane e dei partiti
antifascisti coesistono, oltre che con l'organizzazione militare del Regno,
anche con la Chiesa
Cattolica , fattori entrambi che condizionano in senso
moderato l'attivita antifascista.
Il Secondo Fronte: L'Italia del Nord
Al momento dell'Armitizio,
l'Italia fu tagliata in due. Al nord i tedeschi impongono la Repubblica Sociale. Qui
si ha la forma più compiuta di resistenza. Si hanno le formazioni ribellistiche
( il termine partigiano si affermerà nel dopoguerra) organizzate dai partiti
antifascisti in montagna, mentre nelle pianura e nelle città si organizzano i
GAPe le SAP. Le formazioni ribellistiche sono di espressione socialista,
cristiana, liberale, monachica, comunista e del partito d’Azione, denomiate
“Giustiza e Libertà” (gielliste). Oltre a ciò la popolazione civile partecipa
alla guerra collaborando con il movimento aprtigiano in mille forme, e subendo
terribili e inumane rappresaglie; inoltre gli operai con i loro scioperi e la
loro resistenza passiva contribuiscono a rallentare lo sforzo bellico
dell'occupamnte e a minare anche la propria sicurezza. Si ha il coinvolgimento
di ampi strati della popolazione nella guerra al nazifasismo, che si integra
con il particolare profilo delle bande in montagna, che non sono solo gruppi di
combattenti ma anche luoghi di dibattito e di formazione politica.
Il Terzo Fronte: L'Internamento
Nei mesi di settembre
ed ottobre l'Esercito tedesco fa prigionieri ed interna in Germania oltre
600.000 militari italiani, dando origine al fenomeno dell'Internamento Militare
Italiano nella seconda guerra mondiale. Questi militari non hanno lo statu di
prigionieri, ma di internati, ovvero nella scala del mondo concentrazionario
tedesco, sono sullo stesso livello dei prigioneri sovietici ( La URSS non aveva
firmato la convenzione di Ginevra del 1929) e poco al di sorpra deli ebrei.
Ovvero il loro trattamento era durissimo. In queste circostanze per uscire da
sueto inferomo ci si sarebbe aspettato una adesione plebiscitaria alle proposte
di collaborazione sia dei Nazisti sia degli espopenti della R.S.I. Invece la
quasi totalità degli Internati oppose il rifiuto ad una qualsiasi forma di
collaborazione, subendone le più terribili conseguenze. Fu un fronte di
resistenza passivo, ma determinato, che nella realtà dei fatti deligittimo sul
piano interno ma anche agli occhi dei germanici la Repubblica Sociale.
Infatti una desione in massa degli Internati ai fascisti di
Salò avrebbe permesso alla R.S.I. di avvalorare le tesi della propaganda, che
era l'unica rappresentate della vera Italia. In realtà questa non adesione, in
sistema con la lotta ribellistica, isolò Mussolini relegandolo a semplice
rappresentate di se stesso e del suo movimento.
Il Quarto Fronte: La Resistenza dei Militari Italiani all'Estero
Se nel nord italia si sviluppò
il movimento ribellistico attraverso bande armate, all'estero, i militari
italiani sopresi dall'armistizio dlel'8 sottembre e sottrattisi alla cattura
tedesca si opposero ai tedeschi in armi, inizialmente, poi dando vita, in
armonia con i movimenti di resistenza locali a vere e proprie formazioni
armate. Per la resistenza di formazioni organiche sono noti i fatti di Lero e
di Cefalonia. Meno noti tanti altri fatti in cui unità militari italiane
organiche resistettero ai tedeschi fino al limite della capacità operativa. Un
esmepio per tutte: La Divisione "Peruigia", stanziata nel sud
dell'Albania tenne in armi il porto di
Santi Quaranta fino al 3 ottobre 1943, in attesa di un aiuto da parte italiana
ed alleata. Una divisione di oltre 10.000 uomini, che dominava un area abbatanza vasta e che avrebbe potuto dare un
forte aiuto ad un intervento alleato dall'altra parte dell'Adriatico. 10.000
militari italiani che rimasero compatti per tre settimane oltr el'armistizio,
in armi e che pagaraono duramente questa loro resistenza. Infatti tutti gli
Ufficiali della Perugia furono fucilati, e gli uomini iternati in Polonia.
Per le unità che passarono in montagnae si unirono ai movimenti partigiani
locali, noti sono gli avvenimento della divisione "Venezia" e
"Taurinenze", che diedero vita alla Divisione Partigiana Garibaldi;
meno note le vicende della divisione "Firenze" ed "Arezzo"
in Albania e delle diviosioni italiane stanziate in Grecia. Militari Italiani
diedero vita alla divisione "Italia" in Jugoslavia. Oltre che nei
Balcani, militari italiani parteciparono ai fronti di resistenza locali. Così
in Corsica, ove oltre 700 militari caddero per la liberazione di Aiaccio, cosi
nella Provenza, in centro Europa la presenza di militari italiani è certa.
Il Quinto Fronte: La Prigionia
Vi erano, al momento
dell’Armistizio, circa 600.000 prigionieri nelle mani delle Nazioni Unite.
Soldati per lo più caduti nelle mani del nemico a seguito dell’offensiva in
Nord Africa (1940-’41) alla resa in Tunisia ed al tracollo del luglio agosto 1943 in Sicilia. Per lo
più, tranne i 10-12.000 soldati in mano all’URSS, erano in mano
anglo-americana. Questi soldati, questi italiani all’annuncio dell’Armistizio
dovettero, come tutti, fare delle scelte. La stragrande maggioranza scelse di
cooperare con gli ex-nemici, contribuendo anche loro a costruire un futuro
migliore. Una aliquota molto bassa non volle cooperare, non solo perché fedeli
alla vecchia alleanza, ma per variegate motivazioni.
Ad esempio a Hereford
(USA) vie erano circa 4.000 italiani che gli americani consideravano "sout
court" fascisti. In realtà, fra questi non cooperatori vi erano sì
fascisti, ed anche prigionieri delle Forze della R.S.I., ma anche monarchici,
liberali, moderati, repubblicani, socialisti, comunisti o laici in senso
stretto che avevano fatto una scelta personale.
I prigionieri in mano
agli Angloamericani furono organizzati in ISU, Italiana Service Units,
compagnie di 150 uomini addetti ad un aprticolare lavoro. Il loro contributo si
esplicò negli Stati Uniti e in Gran Bretagna con l'impegno nei grandi arsenali
o nelle basi, oppure in Nord Africa e quindi in Italia, parte integrante della
organizzazione logistica alleata. Anche loro, con il loro lavoro, portarono il
contributo alla vittoria finale. Soprattutto i prigionieri che operarono in
Italia nelc ampo delle comunicazioni, dei trasporti e frl grmio, confluirono
poi nelle unità del nuovo esercito italiano, gestendo il materiale di guerra
americano
Ovvero, anche il prigioniero che, in un contesto
particolare, combatte, ovvero un combattente disarmato che combatte la sua
guerra con altre armi.
A tutti i fronti si
accede perchè volontari. Si hanno diverse figure giuridiche, che già
descriviamo, come il ribelle, il patriota, il prigioniero, l'internato,
l'ostaggio, il deportato, tutte figure che si delineano a seconda del fronte
con cui si combatte. Un fronte che rimane unitario, nonostante i tentativi
tedeschi di dividrlo con lusinghe, propose, minacce, nella volontà ferma di
sconfiggere il nazifascismo.
Non può esistere il
concetto di guerra se non vi è il nemico
Questo il quadro
generale di ricerca che si propone, in una visione storico-scientifica
unitaria, al fine di consegnare alle nuove generazioni un approfondimento,
oltre che una conoscenza, di fatti che generarono gli anni della vicenda
repubblicana la cui matricenon si può non conoscere se si vogliono affrontare i
problemi che abbiamo di fronte.
martedì 5 marzo 2019
Iscriviti a:
Post (Atom)