venerdì 18 gennaio 2019
La Calda estate del 1943 2° parte
Michele Cuccaro
(continuazione dal post precedente)
Ma
la fiducia era proprio la cosa che più scarseggiava in quei tempi ed i processi
decisionali italiani per troppo tempo incanalati in angusti spazi di manovra
non riuscivano, in così poco tempo, a riprendere l’iniziativa perdendosi in una
moltitudine di valutazioni molto spesso fini a se stesse.
La
ricostruzione fatta da Arrigo Petacco delle trattative sull’Armistizio ne tratteggia
l’atmosfera. Il governo Badoglio pensò, per la durata dei negoziati, di avere
delle carte in mano da giocare, considerazione questa che il Gen. Castellano
che condusse le trattative più volte chiari come effimera. Il Governo
continuava a chiedere di essere difeso dai Tedeschi ed a chiedere uno sbarco
nei pressi di Roma per la difesa della città. Gli Alleati avevano posto i
termini di un armistizio e l’unica cosa che volevano sentire era un si oppure
un no. Avrebbero aviotrasportato una divisione per la difesa di Roma a patto
che gli italiani avessero assicurato il loro appoggio, ma ciò non fu possibile,
le forze italiane non sarebbero state in grado di difendere la capitale e
supportare la divisone americana. Lo stesso Gen. Taylor, vice comandante della
“Airborne”, si recò a Roma per discutere i termini dell’aiuto Alleato alla
difesa della Capitale, ma si trovò di fronte uno strano atteggiamento dei
vertici, lo stesso Badoglio disse che “..Le
nostre truppe non sono in grado di difendere Roma. Non solo ma aggiungo anche
una altra cosa: se l’armistizio viene annunciato ora i tedeschi occuperanno
subito la città e vi insedieranno un regime fascista.” (Arrigo Petacco, “La
seconda guerra mondiale”). Badoglio
stesso chiese un rinvio dell’annuncio dell’armistizio che doveva coincidere con
la sbarco degli Alleati che sarebbe avvenuto a Salerno. Questo nella
convinzione che tutto sarebbe avvenuto il 12 settembre. Ma questa convinzione
da dove nasceva? Probabilmente da considerazione del Gen. Castellano tratte da
sue valutazioni, anche se non deve essere comunque escluso che mai gli Alleati
si fidarono degli italiani e che quindi nulla fu detto in merito allo sbarco ed
alle sue modalità.
Gli
Alleati non si fidavano e quindi tacerono informazioni importanti, gli italiani
tentarono un ultimo disperato doppio gioco chiedendo l’aiuto alleato per la
difesa della capitale, ma siccome non si fidavano, non vollero probabilmente
prendere parte diretta sin dall’inizio all’operazione di difesa, per non scoprirsi
apertamente nei confronti dei tedeschi. Dove finisca la verità e dove inizi la
ricostruzione che, siccome fatta a posteriori, è necessariamente carente, forse
a questo punto non siamo più in grado di dirlo.
I
Tedeschi avevano già spostato la 2° divisione paracadutisti del Gen Student a
Ostia che, assieme alla 3° divisione granatieri avrebbe avuto il compito di
disarmare le forze italiane ed entrare a Roma (Liddle Hart, Storia militare
della seconda guerra mondiale). Ma l’esito avrebbe potuto essere molto
differente se, come dice Hart, “…gli
italiani fossero stati altrettanto abili nell’agire quanto lo erano stati nel
recitare..” dissimulando i loro reali propositi, ma, e questa è la tesi
centrale del libro Coltrinari-Pizzi, per chi era la recita, cosa dovevano
dissimulare, e fin dove, aggiungo, gli attori hanno pensato di arrivare? Forse
si sono spinti altre la soglia in cui chi recita non riesce più a distinguere
tra finzione e realtà fino a divenire prigionieri del proprio ruolo, proprio
come accade a quegli attori che per troppo tempo hanno recitato un solo ruolo
di successo e qualsiasi tentativo di uscirne non si traduce in altro che in un
fallimento. Forse.
Il 3
settembre 1943 gli uomini di Montgomery attraversano lo stretto di Messina, e
gli italiani firmano alle 17.15 l’armistizio a Cassibile.
Alle
18.30 del 8 settembre 1943 la radio di Algeri da notizia dell’armistizio,
messaggio ripetuto dalla BBC alle 19.20. Alle 19.45 Badoglio alla radio
annuncia la capitolazione. Alle ore 04.00 della mattina del 9 settembre un
corteo di auto con targa diplomatica lascia Roma. E’ interessante notare che,
secondo la ricostruzione di Arrigo Petacco, ancora il 5 settembre 1943 il piano
era quello di difendere il Ministero della Guerra dove si sarebbero recati
Badoglio ed il re in caso di attacco, ma che già il 6 settembre tutto fu
superato perché era stato deciso di recarsi fuori Roma. Importante sottolineare
che il Gen. Taylor svolse il suo sopralluogo per l’avio sbarco a Roma il 7 settembre. Quindi, stando a questo
dati, sembrerebbe che quando giunse a Roma il Gen.Taylor per discutere la
fattibilità del piano americano di difesa della capitale, l’idea della difesa di
Roma era già stata abbandonata dal governo sin dal giorno prima.
All’annuncio
dell’armistizio le forze italiane si ritirano a Tivoli e dopo una trattativa
con i tedeschi si arrendono nel quadro di un accordo che considererà Roma
“città aperta”.
Inizia
questo punto la storia ancora più drammatica della guerra sul territorio del
nostro Paese dove fino alla fine della conflitto si affronteranno Alleati,
Tedeschi ed Italiani contro italiani.
Si è
dissolto il regime fascista quel regime che gli scritti di Coltrinari-prizzi
hanno identificato come l’ultimo, estremo, tentativo di fermare l’evoluzione
dei tempi, di restaurazione delle antiche forme in cui il progresso tecnologico
che ha fatto il suo ingresso nel corso della I guerra mondiale viene vissuto
come sfida verso il futuro ma contemporaneamente come fattore di sovversione da
tenere sotto controllo per la possibilità di accesso che lo stesso promuove nei
confronti di vasti strati sociali che fanno della conoscenza uno strumento di
promozione sociale. Lo stesso Aldo valori nel 1923 affermava che “L’ultima guerra ha avuto carattere
democratico, nel senso che per combatterla si è dovuto fare appello alla
collaborazione di tutte le forze e di tutti gli starti sociali…..si vuole
accentuare nel futuro questa tendenza? Oppure si vuole, e volendo di può,
ricondurre quei rapporti verso antiche forme…”[1].
Si
chiude a questo punto un anno che porta con se una epoca e probabilmente un
tentativo di imporre alla storia un corso diverso. Un tentativo che si è svolto
in Europa da parte di due regimi che fecero del progresso un arma contro il
progredire dei tempi credendo di poter imporre una direzione al corso degli
eventi che si sviluppano sull’onda della Storia e che l’uomo può solo tentare
di interpretare con l’illusione di guidare la storia ma più spesso guidato dalla
Storia che in certi uomini, in determinate epoche, trova unicamente i suoi
interpreti, anche tragici.
Bibliografia
- “Storia militare della seconda guerra
mondiale”, B.H. Liddle Hart, Mondadori 2009;
- “La seconda guerra mondiale”, Arrigo
Petacco, Armando Curcio editore 1979;
- “L’Italia dell’Armistizio”,
Coltrinari, Prinzi
[1] Aldo Valori “Problemi
militare della nuova Italia” Casa Editrice PNF, Milano 1923 citato da
Coltrinari-Prizzi “L’Italia dell’Armistizio”.
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