giovedì 29 ottobre 2015
mercoledì 14 ottobre 2015
Cefalonia. Le Operazioni. 15-22 settembre
Il presidio tedesco nell’isola alla data dell’8 settembre era costituito, come sappiamo, da due battaglioni di fanteria da fortezza con molte armi pesanti ed una batteria di semoventi su nove pezzi.
Di quale entità furono i rinforzi da
esso ricevuti sia durante la settimana delle trattative che subito all’inizio
delle ostilità.
A questa domanda risponde il capitano
Bronzini. “il 15 settembre – egli dice – iniziandosi le ostilità, noi del
comando di divisione giudicammo che i tedeschi fossero saliti a tremila uomini.
Ma il grosso dei rinforzi fu inviato ad ostilità aperte, dopo il 15. sbarcarono
allora tre battaglioni della 1ª divisione alpina, nota per la sua feroce
aggressività, e due battaglioni di cacciatori di montagna della divisione
“Brandemburgo”. La direzione delle operazioni fu assunta da un colonnello
alpino. Il ten. col. Barge fu “silurato” e, tra il 15 ed il 20, richiamato sul
continente greco”.
Sicchè, subito dopo il 15, i tedeschi
vennero a disporre sull’isola di sette battaglioni di fanteria, di cui cinque
di truppe scelte, più la batteria di semoventi. Ma furono anche sbarcate – come
risulta da diversi indizi – numerose armi di rinforzo, mortai e piccole
artiglierie, col relativo personale.
In quanto a dislocazione, il presidio
tedesco godeva di una situazione favorevole. Le forze, quasi per intero,
presidiavano un settore topograficamente isolato qual’era quello di Luxori,
comprendente l’intera penisola di Paliki; ed il possesso della posizione di
Kardakata, unica via terrestre di accesso a detta penisola, accentuava il
vantaggio.
Sfavorevole invece era la posizione di
Argostoli dove era dislocata la sola batteria di semoventi, a sostegno della
quale però, come si è fatto cenno, erano state inviate, durante le trattative,
truppe di fanteria di entità imprecisabile.
Per quanto riguarda il presidio
italiano, occorre aggiungere a quanto s’è già detto che dei sei battaglioni di
fanteria disponibili solo tre – quelli del 17° fanteria – erano in piena efficienza
addestrativa; quelli del 317° fanteria erano invece composti di reclute non
ancora sufficientemente istruite e comunque non ancora provate dal fuoco.
Altre truppe utilizzabili,
all’occorrenza, come fanteria – ma con gli effetti che simili ripieghi
comportano – erano: la compagnia carabinieri, quella di finanza e due compagnie
di lavoratori del genio.
Tutto il resto degli uomini era
impegnato in servizi di specialità (genio, sanità sussistenza) o nei reparti di
artiglieria (circa sei gruppi, più una batteria da 120 della Marina).
È perciò ora possibile un rapido
confronto fra le forze contrapposte.
Superiorità, da parte tedesca, nella
qualità della fanteria e nell’armamento a questa relativo.
Superiorità, da parte italiana, di
artiglieria. Vantaggio che però venne frustrato dalla assoluta padronanza aerea
tedesca, a cui il presidio italiano non potè contrapporre che una assai scarsa
reazione contraerea.
Il rapporto delle forze, l’8 settembre
così favorevole a noi, si era dunque invertito appena iniziate le ostilità.
La lunghezza delle trattative non fu,
a questo riguardo, fattore determinante: l’invasione sarebbe ugualmente
avvenuta se le ostilità si fossero iniziate la stessa sera dell’8.
E neppure la conservazione delle
importanti posizioni di Kardakata, la cui cessione ebbe certo influenze
negative sullo sviluppo minuto delle operazioni, avrebbe potuto cambiare
l’esito finale della lotta.
Basta infatti tener presente che il
presidio italiano, quando anche avesse soppresso di colpo quello tedesco, non
avrebbe poi avuto forze e mezzi sufficienti su tutti i punti dell’isola per
opporsi con probabilità di successo ad azioni di sbarco sostenute da notevoli
forze aeree.
Le truppe italiane si presentavano
alla lotta, per effetto del generale sentimento antitedesco, in condizioni
morali buone, ma che tuttavia non si possono definire ottime. Elemento negativo
principale il fatto che dalla madrepatria, durante sette lunghi giorni, non era
giunto, neppure sotto forma di promessa, alcun aiuto, si aggiungevano gli
effetto della sfibrante settimana delle trattative, dalla quale, a cagione
delle gravi e comunque riprovevoli manifestazioni di indisciplina, la compagine
dei reparti ne era uscita assai scossa e decaduta.
Il morale delle truppe tedesche era principalmente sostenuto da tre
fattori: l’adeguatezza dei mezzi a disposizione e la certezza di sicuri e
rapidi rifornimenti dal continente greco; l’assoluta padronanza aerea in una
zona, nella quasi totalità, scoperta; l’episodio del 13 contro le motozattere,
ritenuto – con giudizio superficiale ma tuttavia, sul momento, di grande
effetto – atto di tradimento da parte italiana.domenica 4 ottobre 2015
Cefalonia: il nuovo schieramento delle forze italiane
15 SETTEMBRE
Il nuovo schieramento delle truppe
italiane, ordinato dal comando della divisione in vista delle operazioni, si
presentava, la mattina del 15, suddiviso in tre grossi blocchi.
Il primo – settore di Argostoli – era
costituito dai tre battaglioni del 17° fanteria.
Il secondo battaglione in primo
scaglione, occupava le posizioni che dalle ultime case a nord di Argostoli,
attraverso l’altura detta “Telegrafo”, giungevano al mare.
Gli altri due battaglioni, con altri
minori reparti, di riserva a sud ed a ovest della città.
L’abitato si Argostoli era stato
quindi sgombrato, a salvaguardia della popolazione civile, da obiettivi
militari.
Il secondo blocco – settore orientale
– era costituito da sue battaglioni del 317° fanteria, dei quali il terzo
occupava, fronte a nord, le posizioni ad ovest dell’abitato di Pharaklata fino
al mare.
Il terzo blocco era costituito dalle
artiglierie ritirate dalla penisola di Argostoli e schierate sul lato orientale
del golfo omonimo, da dove potevano sostenere l’azione di entrambi i settori.
Solo la batteria da 152 della Marina –
con il comando e tutto il personale della Marina – era rimasta in postazione a
Minies, da dove sorvegliava la baia di Busen e poteva sostenere l’azione delle
truppe del settore Argostoli.
Il comando della “Acqui”, come
sappiamo, era a Prokopata.
I servizi di sanità e commissariato
funzionavano in zona Valsamata, tranne due ospedali da campo lasciati in
Argostoli.
Tale schieramento svela il progetto
operativo del comandante della “Acqui”: liberare dai tedeschi, in un primo
tempo, la penisola di Argostoli; procedere in un secondo tempo per
riconquistare le posizioni di Kardakata e da qui accedere alla penisola di
Paliki.
Due fasi, come è evidente, in stretta
interdipendenza: la liberazione della penisola di Argostoli, eliminando ogni
pericolo alle spalle dello schieramento orientale, avrebbe consentito lo
sviluppo delle operazioni verso nord.
Su queste direttive, pertanto, il
comandante della “Acqui” aveva ordinato che l’attacco alle posizioni tedesche
nell’estrema punta della penisola di Argostoli avesse inizio alle 14, ora in
cui scadeva la proroga concessa dal gen. Gandin ai tedeschi per la risposta al
suo ultimatum.
Ma l’attacco non potè avere inizio
perché fra le ore 12 e le 13 aveva avuto inizio, come sappiamo, il
bombardamento da parte degli Stukas.
Quest’azione aerea era evidentemente
concordata con l’azione terrestre perché – testimonia il capitano Apollonio –
“alle ore 14,30, mentre i nostri, completamente allo scoperto, aggrappati alle
nude rocce, subivano il bombardamento ed il mitragliamento a bassa quota, i
tedeschi sferravano un attacco su due colonne parallele, l’una in direzione del
“Telegrafo”, l’altra lungo la direttrice stradale capo S. Teodoro - Lardigo”.
Lo stesso avveniva, contemporaneamente
o poco dopo, nel settore orientale. Anche qui gli Stukas bombardavano i
capisaldi del terzo battaglione del 317° fanteria nonché gli obiettivi militari
delle zone retrostanti, fra cui il comando della divisione.
I capisaldi del terzo battaglione
erano anche battuti dalla batteria semoventi tedesca postata a nord di
Argostoli.
“Sulla rotabile di Kardakata –
testimonia il capitano Bronzini - scorgiamo transitare, diretti a sud,
parecchie decine di autocarri carichi di truppe. È la fanteria tedesca che si è
mossa di Lixuri e viene ad attaccare lo schieramento del 317° fanteria. Il gen.
Gandin, in previsione di questo attacco, aveva fin dal mattino ordinato lo
spostamento del secondo battaglione del 317° fanteria da Razata a Pharaklata.
Ma il movimento, che si sta effettuando adesso, è ostacolato dall’azione aerea
avversaria. Sono le ore 16. Si inizia adesso l’assalto della fanteria tedesca
ai capisaldi del terzo battaglione del 317°. Si tratta per lo meno di un
battaglione che attacca, ma intanto continuano ad affluire altri rinforzi per
la rotabile costiera. I tedeschi attaccano il nostro settore orientale facendo
largo impiego di mortai”.
Sicchè, nel giro di tre ore
dall’apparizione degli Stukas nel cielo dell’isola, i tedeschi avevano preso
l’iniziativa delle operazioni su entrambi i settori italiani.
Immediata fu la reazione delle nostre
artiglierie.
Il primo gruppo del 33° artiglieria
intervenne contro i semoventi tedeschi riuscendo a neutralizzarne l’azione per
tutta la durata del combattimento. “Tale tiro, - dice il capitano Apollonio, -
eseguito ad intermittenza ancora durante la notte, proseguì fino a che l’intera
batteria fu catturata senza che mai essa avesse potuto essere efficacemente
impiegata”.
“Tutta la nostra artiglieria è in
azione; - dice il capitano Bronzini – parte agisce a difesa del secondo
battaglione del 17° fanteria nel settore di Argostoli e parte effettua il tiro
di interdizione sulla rotabile proveniente da Kardakata. Nel contempo, tiri di
sbarramento vengono effettuati davanti ai capisaldi del terzo battaglione del
317° fanteria. L’artiglieria contraerei, costituita da mezzi scarsi ed
antiquati, fa quello che può: un aereo viene abbattuto. Tutti i cuori si
consumano nella vana attesa che nel cielo compaia qualche velivolo italiano”.
Nel settore di Argostoli, la colonna
tedesca che agiva sulla direttrice capo S. Teodoro – Lardigo riuscì, con una
conversione, ad accerchiare e far prigionieri una compagnia ed un plotone
mitraglieri del 17° fanteria.
Ma l’azione principale era condotta
dalla colonna operante contro il “Telegrafo”, con il quale erano schierati i
resti del secondo battaglione già provato, con un numero di perdite pari circa
una compagnia, dall’improvviso bombardamento aereo.
L’attacco al “Telegrafo” era
sincronizzato con l’azione degli Stukas: gli attaccanti, facendo uso di razzi
bianchi, segnalavano le posizioni raggiunte in modo che l’azione dell’aviazione,
minuta ed ininterrotta, potesse progredire di zona in zona.
L’attacco si fece sempre più violento
“ma i progressi tedeschi – dice il capitano Bronzini – erano molto lenti.
“I resti del secondo battaglione di
difendevano con estrema decisione. Erano comandati dal valoroso maggiore
Altavilla ed erano costituiti da veterani di questa guerra”.
“Il maggiore Altavilla – testimonia
l’Apollonio – fu veramente superbo. Sempre esposto, sempre in mezzo ai suoi
uomini fanti e nei momenti più critici gregario egli stesso. Il tenete Cei, in
quel pomeriggio, sparò circa quattromila colpi di mortaio e sotto lo
spezzonamento ed il mitragliamento degli Stukas fu visto caricare
contemporaneamente e da solo i due mortai con sorprendente celerità. Ogni fante
del secondo battaglione manifestava uno spirito di sacrificio che nessuna
parola potrà mai definire”.
Gli avvenimenti proseguono invece in
maniera preoccupante nel settore orientale.
“Verso le ore 16,30 – testimonia il
capitano Bronzini – ripiega il primo caposaldo del terzo battaglione del 317°
fanteria. Dopo circa un’ora è un altro caposaldo che minaccia di non reggere.
Il gen. Gandin ordina allora che il secondo battaglione dello stesso
reggimento, già nei pressi di Pharaklata, avanzi in direzione di Davgata. Il battaglione,
in altri termini, deve contrattaccare sul fianco sinistro le truppe tedesche e
giungere al mare per tagliare ad esse la ritirata. In attesa che si compia
questa manovra, il capitano Saettone con la sua compagnia di carabinieri viene
inviato in questo settore per arginare il ripiegamento, che si accentua sempre
più, del terzo battaglione”.
Contemporaneamente, il gen. Gandin
ordinò che tutte le artiglierie del presidio aprissero il fuoco a protezione
del fronte orientale, provvedimento che conseguì il suo scopo. Dopo circa
mezz’ora di violentissimo fuoco, i tedeschi dapprima si arrestarono e poi
ripiegarono su Parsa.
Mentre però si ristabiliva in qualche
modo la situazione nel settore orientale, in quello di Argostoli, verso le 18,
i tedeschi conquistavano le alture del “Telegrafo”, posizione di dominio
sull’intero settore.
L’azione degli Stukas continuava
intanto a non concedere respiro paralizzando ogni movimento con lancio di
spezzoni e col mitragliamento a bassissima quota.
“Verso le ore 18 – dice il capitano
Bronzini – l’aviazione tedesca, vista scendere la sera, ed orami convinta di
averci massacrati, si ritirò dalla battaglia”.
Col ritirarsi dell’aviazione e col
sopraggiungere della notte, cessò anche il combattimento terrestre in entrambi
i settori: i reparti si dettero a ricostituire la loro compagine ed a
constatare le gravissime perdite subite in uomini e materiali.
Ma alle 19, a tramonto avvenuto da
un’ora, avvenne quello che tutti i reduci di Cefalonia chiamano “il miracolo”:
i resti del secondo battaglione ed il terzo battaglione del 17° fanteria
contrattaccarono i tedeschi sulle alture del “Telegrafo”.
“Le magnifiche compagnie dei due
migliori battaglioni della “Acqui” – testimonia il capitano Apollonio –
scattavano all’assalto al grido di “Savoia!”. La commozione pervadeva anche i
cuori più duri. Non ci sono parole per lodare il senso del dovere del ten col.
Maltesi, comandante del terzo battaglione. Pur essendo uscito appena il giorno
prima dall’ospedale, volle accorrere egualmente in linea col suo magnifico
battaglione dislocando il suo posto di comando vicino a quello di Altavilla.
Tutta questa seconda fase della battaglia venne così diretta sul posto dal ten.
col. Maltesi, coadiuvato, con estremo spirito di sacrifizio, dal capitano Pietro
Bianchi”.
I tedeschi, presi di fronte e sui
fianchi, per sfuggire all’azione violenta ed avvolgente della fanteria
italiana, cominciarono lentamente a ripiegare.
“Le alture del “Telegrafo” – dice il
capitano Bronzini – vengono finalmente, a notte fatta, da noi riconquistate, ma
i tedeschi continuano a combattere decisi di non abbandonare, fino all’estremo,
quelle posizioni. Intanto reparti del terzo battaglione entrano in Argostoli ed
attaccano gli elementi tedeschi ivi esistenti disperdendoli e catturandoli”.
“Mentre erano in corso accaniti
combattimenti sulle pendici settentrionali del “Telegrafo” – testimonia
l’Apollonio – furono avvistate dalle forze costiere di sicurezza quindici
barconi tedeschi che tentavano di approdare nella baia di Lardingo, cioè alle
spalle del nostro schieramento. Una motozattera puntava invece direttamente su
capo S. Teodoro. Dette imbarcazioni trasportavano circa quattrocento uomini.
Non appena dato l’allarme, esse venivano subito individuate e poste sotto i
fasci dei nostri riflettori”.
“La nostra artiglieria e tutte le armi
dislocate a difesa della costa – dice il capitano Bronzini – si scatenano su di
esse. La penisola di Argostoli pare un inferno: nella oscurità della notte
divampano le esplosioni ed i bagliori della battaglia. Nessuna delle
imbarcazioni si salva: tutte vengono distrutte ed i tedeschi, che per il
momento non possedevano in Cefalonia altri mezzi da sbarco, rimangono
ingabbiati nella estrema punta di Argostoli”.
“Solo una trentina di soldati
tedeschi, - dice il capitano Apollonio, - quasi tutti i feriti, potevano essere
tratti in salvo per il generoso intervento dei nostri marinai della batteria di
Lardingo.
“Presi sotto il fuoco incalzante dei
nostri mortai e delle nostre mitragliatrici, i tedeschi ormai costretti
all’estremo lembo della penisola, verso le 23 inviarono parlamentari a chiedere
la resa che veniva concessa e stipulata alle ore 2 della notte sul 16. cadevano
così nelle nostre mani oltre 500 prigionieri, l’intera batteria semoventi, gran
numero di armi automatiche”.
Anche nel settore orientale, verso le
19, alcuni nostri reparti passavano al contrattacco. Una compagnia ed un
plotone mortai del secondo battaglione del 317° fanteria al comando del
capitano Pantano, partirono all’assalto, in direzione di Davgata riuscendo a
riconquistare alcune posizioni che i tedeschi abbandonarono in rotta.
“E così – conclude il capitano
Bronzini – il bilancio della prima giornata di battaglia si chiudeva in questo
modo: eliminazione dei tedeschi dalla penisola di Argostoli e riduzione dei
settori di lotta ad un unico fronte terrestre, quello orientale. Perdite
inflitte al nemico: molti morti, molti feriti, 500 prigionieri, la cattura di
tutti i semoventi, quindici mezzi da sbarco distrutti, una ventina di autocarri
catturati. Perdite nostre: molti morti e molti feriti in tutti i reparti, due
compagnie del secondo battaglione del 17° fanteria distrutte, una sezione da
70/15 sul “Telegrafo” distrutta,
“Nella notte stessa il gen. Gandin
trasmise al Comando Supremo il bollettino del primo giorno di lotta ed i
successi ottenuti dalle nostre armi. Contemporaneamente indirizzò un messaggio
di elogio al presidio di Corfù per aver tutelato contro i tedeschi l’onore
delle armi italiane”.
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