domenica 21 dicembre 2014
martedì 21 ottobre 2014
Bologna 18 ottobre 2014. Convegno: 1944: La Lotta Armata Relazione
Cartolina commemorativa polacca |
LA RINASCITA DELL’ESERCITO ITALIANO
ALL’INDOMANI DELLA CRISI ARMISTIZIALE DEL SETTEMBRE 1943. LE FORZE ARMATE ITALIANE, IN ITALIA, A NORD DELLA LINEA DI CONTATTO TRA ALLEATI E TEDESCHI E NEI TERRITORI OCCUPATI DALLA GERMANIA E SUOI ALLEATI, ERANO STATE TUTTE DISARMATE E GLI UOMINI INTERNATI IN GERMANIA.
RIMANEVANO CIRCA 450.000 UOMINI NEL SUD DELL’ITALIA E NELLE ISOLE, PIU’ I PRIGIONIERI ITALIANI IN MANO ALLEATA, CHE RAPPRESENTAVANO UNA RISORSA DI UOMINI ECCELLENTE.IL GOVERNO ITALIANO CREDEVA, CON BADOGLIO IN TESTA, CHE GLI ALLEATI ACCETTASSERO SUPINAMENTE, NEL QUADRO DEL ROVESCIAMENTO DELLE ALLEANZE, LA COLLABORAZIONE MILITARE ITALIANA. SI PENSAVA CHE LA VII ARMATA ITALIANA, STANZIATA NEL SUD, POTESSE BEN PRESTO ENTRARE IN LINEA , SOTTO COMANDO ITALIANO, A FIANCO DEGLI EX-NEMICI ORA ALLEATI ANGLO-AMERICANI.
L’ILLUSIONE DURO’ POCO.
BEN PRESTO, TRAMITE VARI ORGANI E CON CONTATTI DIRETTI, SI COMPRESE CHE GLI ALLEATI, IN LINEA DI PRINCIPIO, NON VOLEVANO ALCUNA COLLABORAZIONE MILITARE ITALIA: L’ITALIA ERA UN PAESE VINTO, ERA STATA SCONFITTA E QUESTO SUO RUOLO RIMASE INALTERATO FINO AL TRATTATO DI PACE DEL 10 FEBBRAIO 1947
L’ESERCITO ITALIANO, COSI’ COME LE ALTRE FORZE ARMATE, DAL SETTEMBRE 1943 IN AVANTI ESISTEVA IN FUNZIONE DEGLI INTERESSI PRECIPUI DI STATUINITENSI E BRITANNICI.
GLI ALLEATI, SOPRATTUTTO I BRITANNICI, TEMEVANO IL FATTO CHE, ACCETTATO IL CONTRIBUTO MILITARE ITALIANO, AL TAVOLO DELLA PACE L’ITALIA POTESSE AVANZARE PRETESE O RICHIESTE DI QUALUNQUE TIPO.
ERA UN PERICOLO DA SCONGIURARE E FU SCONGIURATO.
L’ESERCITO ITALIANO SARA’ CONDIZIONATO, IN TUTTE LE SUE COMPONENTI, DA QUESTO APPROCCIO PER TUTTO IL RESTO DELLA GUERRA.
GLI INTERESSI ANGLO-ANERICANI, DOPO IL 29 SETTEMBRE GIORNO IN CUI A MALTA BADOGLIO FIRMO’ IL COSIDETTO ARMISTIZIO LUNGO, SI INCENTRARONO SULLA RICHIESTA COSTANTE DI MANO D’OPERA PER LA LORO ORGANIZZAZIONE LOGISTICA.
IL PRIMO ATTO DI UNA CERTA RILEVANZA FU, QUINDI, LA TRASFORMAZIONE DELLE DIVISIONI E BRIGATE COSTIERE CHE ANDARONO A FORMARE LE POCO NOTE DIVISIONI AUSILIARIE. QUESTE DIVISIONI, CHE SI COSTITUIRONO UNA DIETRO L’ALTRA, ALLA FINA DELLA GUERRA INQUADRAVANO OLTRE 200.000 UOMINI, COPRESE QUELLE SALMERIE DA COMBATTIMENTO, COMPOSTE DA UNITA’ DI CAVALLERIA, CHE ARRIVARONO A RIFORNIRE LE UNITA’ ALLEATE FINO ALLA PRIMA LINEA.
LE DIVISIONI AUSILIAIRE AVEVANO COMPITI DI MANOVALANZA, GUADIANIA, STOCCAGGIO, MOVIMENTO E TRASPORTI, TANTO DA DOVER CREARE UN ISPETTORATO DELLA MANOVALANZA PER LE CONTINUE RICHIESTE ALLEATE DI UOMINI DA IMPIEGARE.
IL 13 OTTOBRE 1943 L’ITALIA DICHIARA GUERRA ALLA GERMAIA. E’ UN ATTO, QUESTO, CONSEGUNTE ALLA RICHISTA ITALIANA AGLI ALLEATI DI PARTECIPARE ALLA LOTTA CONTRO LA COALIZIONE HITLERIANA. . E’ UN ATTO DOVUTO E CONSEQUENZIALE PER AVERE FORZE COMBATTENTI E NON SOLO LOGISTICHE.
INFATTI, CONTRO IL PARERE DEI BRITANNICI, CHE LI AVREMO SEMPRE OSTILI E CONTRO OGNI INIZIATIVA ITALIANA DI ALLARGARE LA CONSISTENZA DELLE FORZE COMBATTENTI ITALIANE, IL COMANDO DEL MEDITERRANEO, A CASERTA, AUTORIZZA LA COSTITUZIONE, GIA’ INIZIATA IL 27 SETTEMBRE, DI UNA FORZA DEFINITIVA DA COMBATTIMENTO DI NON PIU’ DI 5000 UOMINI. QUESTA FORZA SI ORGANIZZA IN PUGLIA, E RICEVE IL NOME DI I RAGGRUPPAMENTO MOTORIZZATO.
CON QUESTA FORMAZIONE INIZIA LA PRIMA FASE DELLA RICOSTRUZIONE, NON RINASCITA, DELL’ESERCITO ITALIANO DOPO LA CRISI DEL SETEMBRE 1943, FASE CHE EBBE IL SUO EPILOGO NEL DICMEBRE 1943, DOPO LA BATTAGLIA DI MONTELUNGO.
E’ UNA FASE SPECCHIO DEI TEMPI: LE TRUPPE SONO RACCOLTE ED ORDINATE LI DOVE SI TROVANO, IN MODO DEL TUTTO OCCASIONALE, SENZA UN PROGRAMMA O UNA POLITICA ORDINATIVA. SI PRENDE DOVE C’E’, IN MEZZO AD UNA SELVA DI OSTACOLI, SOPRATTUTTO ALLEATI, CHE Già AVEVANO INIZIATO AD INVIATE MATERIALI, ARMI ED EQUIPAGGIAMENTI ITALIANI AI PATRIOTI TITINI IN JUGOSLAVIA.
IL I RAGGRUPPAMENTO MOTORIZZATO HA COME FANTERIA I REPARTI CHE ALLA DATA DELL’ARMISTIZIO ERANO IN PUGLIA: LI BATTAGLIONE BERSAGLIERI, QUEL BATTAGLIONE CHE AVEVA, CON ALLA TESTA IL GEN. BELLOMO, DIFESO IL PORTO DI BARI IL 9 SETTEMBRE, E IL 67° E 68° REGGIMENTO DELLA DIVISIONE LEGNANO. VI è INOLTRE L’11 REGGIMENTO ARTIGLIERIA, PIU’ UNITA DEL GENIO, DELLE TRASMISSIONI, DEI SERVIZI, PER LO Più Già APPARTENENTI ALLA CITATA DIVISIONE LEGNANO.
IN TOTALE 5 BATTAGLIONI DI FANTERIA E 6 GRUPPI DI ARTIGLIERIA, NIENTE CAVALLERIA, ELEMENTI, CON SCARSE DOTAZIONI, DELLE TRASMISSONI E DEL GENIO, SERVIZI, ANCH’ESSI MOLTO CARENTI, PER UN TOTALE DI 5000 UOMINI.
IL COMANDO FU DATO AD UN GENERALE DEGLI ALPINI, IL GEN. DAPINO.
L’ADDESTRAMENTO E’ INTENSO, FATTO, PER0,, CON UOMINI CHE HANNO PER LO PIU’ VARI ANNI DI GUERRA SULLE SPALLE, ANCHE SE IL VERO PROBLEMA E’ L’AMALGAMA.
CARENTE IL VESTIARIO E L’EQUIPAGGIAMENTO, SCARSO IL VITTO, SPESSO CONFEZIONATO IN MODO APPROSSIATIVO.
CI SI ARRANCIA COME SI PUO’.
QUESTO E’ L’ESERCITO ITALIANO DEL 1943, OTTOBRE.
IL VERTICE MILITARE E’ ANCORA QUELLO CHE HA GESTITO L’ARMISTIZIO, CON IL GEN. AMBROSIO IN TESTA. MA A FINE OTTOBRE GLI ALLETATI PRETENDONO CAMBIAMENTI. SOLO ALLONTANATI IL GEN. AMBROSIO E TUTTI QUELLI CHE HANNO AVUTO UNA QUALCHE PARTE NELLA CRISI ARMISTIZIALE, NONOSTANTE CHE BADOGLIO CERCASSE DI PROTEGGERLI E TERNERLI ANCORA ACCANTO A SE.
VENGONO SOTITUITI DA UOMINI CHE HANNO CONQUISTATO SUL CAMPO IL RISPETTO DEGLI ALLEATI.
SONO GIOVANNI MESSE, ORLANDO, BERARDI MANCINELLI, UTILI, GIACCONE VALFRE DI BONZO, FUCCI, ECC.
I PIU’ RIENTRANO DALLA PRIGIONIA IN INGHILTERRA, OVE ERANO STATI TRATTATI CON RIGUARDO E RISPETTO, E OVE HANNO MANTENUTO UN CONTEGNO INTEGRO, NEL SOLCO DELLA TRADIZIONE MILITARE ITALIANA.
ORLANDO DIVIENE MINISTRO DELLA GUERRA, BERARDI CAPO DI STATO MAGGIORE DELL’ESERCITO E GIOVANNI MESSE, COMANDATE SUPREMO, SEMPRE MALVISTI DA BADOGLIO, CAPO DEL GOVERNO.
CON GIOVANNI MESSE INIZIA QUEL PROCESSO DI RINNOVAMENTO CHE DURA ANCOR OGGI. L’IMPOSTAZIONE CHE MESSE DARA’ HA RIVERBERI ANCORA OGGI NELLE FILA DLL’ESERCITO ITALIANO NEL CAMPO DELL’ETICA, DELLA MORALE, DELLA DEDIZIONE AL SERVIZIO, AL SENSO DI APPARTENENZA. E’ UNA AZIONE IN PROFONDITA’, CHE, PERALTRO, NON PUO’ DARE I FRUTTI NELL’IMMEDIATTO.
PRIMA OCCORRE PASSARE ATTRAVERSO LA DOLOROSA ESPERIENZA DI MOMNTELUNGO.
L’ESIGENZA, TUTTA POLITICA, DI DIMOSTRARE AGLI ALLEATI ED AL MONDO CHE L’ITALIA DESIDERAVA ARDENTEMENTE PARTECIPARE ALLA LOTTA CONTRO LA GERMANIA, DOPO IL RIBALTONE DEL SETTEMBRE 1943 FA PREMIO SU TUTTO.
IN PIU’ QUESTA ESIGENZA E’ AVVALORATA DAL FATTO CHE NEL NORD ITALIA, DIETRO LE LINE TEDESCHE NEL NOVEMBRE 1943 ERA DEL TUTTO CESSATA LA RESISTENZA DEI MILITARI ED ANCORA NON SI ERANO ORGANIZZATE LE FORMAZIONI “RIBELLISTICHE”, COME LONGO ATTESTA NEL SUO “POPOLO ALLA MACCHIA”. SI CHIEDE AI MILITARE DI DARE UN SOSTEGNO ALLA POLITICA, COSTI QUELLO CHE COSTI. ANCORA UNA VOLTA L’ESIGENZA POLITICA FA PREMIO SULLE ESIGENZE MILITARI, NEL SOLCO DI QUESTO PESSIMO APPROCCIO TIPICO DELLA CLASSE POLITICA DI ALLORA.
NONOSTANTE UNA ESERCITAZIONE A FUOCO MOLTO DURA IL 26 NOVEMBRE 1943, IL I RAGGRUPPAMENTO MOTORIZZATO VIENE INVIATO IN LINEA. MOLTI SONO CONVINTI, IN MODO AFFRETTATO.
IL SETTORE DI IMPIEGO E’ MIGNANO, NELL’AMBITO DELLA DIVISIONE TEXAS. IL 6 DICEMBRE 1943 IL RAGGRUPPAMENTO ENTRA IN LINEA E SOTITUISCE IL 143° REGGIMENTO DI FANTERIA STATUNITENSE, L’8 DICEMBRE, DOPO RICOGNIZIONI SUPERFICIALI E IN MEZZO AD ERRORI TATTICI NON SOLO ITALIANI MA ANCHE STATUNITENSI, L’8 DICEMBRE 1943 IL RAGGRUPPAMENTO ATTACCA LE POSIZIONI TEDESCHE SULLA DORSALE MERIDIONALE DI MONTELUNGO. L’OBIETTIVO E’ CONQUISTARE MONTELUNGO E RENDERSI PADRONI DI QUELLO CHE GLI AMERICANI CHIAMANO “IL MIGNANO GAP”
L’ATTACCO, INIZIATO ALL’ALBA SI SVILUPPA PER TUTTA LA GIORNATA, E FALLISCE.
MOLTE LE CAUSE CHE QUI NON SI HA IL TEMPO DI ANALIZZARE, MA LA SCONFITTA RIMANE BRUCIANTE.
I GEN. CLARK COMPRENDE IL DRAMMA DEGLI ITALIANI E, METRE I BRITANNICI INSISTONO PER RITIRARE DALLA LINEA DI COMBATTIMENTO IL RAGGRUPPAMENTO, CLARK CONCEDE UN'ALTRA OPPORTUNITA’.
IL 16 DICEMBRE, QUESTA VOLTA MEGLIO ORGANIZZATA E CON UN SENSO TATTICO PIU’ ADRENTE ALLA REALTA’, L’AZIONE RIESCE ED IL RAGGRUPPAMENTO CONQUISTA MONTELUNGO.
QUESTA VITTORIA NON PORTA SERENITA’ IL RAGGRUPPAMENTO E’ PROVATO, HA PERSO IN PRATICA LA SUA CAPACITA’ OPERATIVA E VIENE, QUINDI RITIRATO E MANDATO A RIORDINARSI A SANT’ANNA DEI GOTI.
E’ LA CRISI NEI COMANDI E NELLA TRUPPA PIU’ ACUTA ALL’IMDOMANI DELL’ARMISTIZIO. E’ COS’ GRAVE CHE ESITE LA CONCRETA POSSIBILITA’ DI PERDERE OGNI FORZA COMBATTENTE ITALIANA PER LA DURATA DELLA GUERRA, CON CONSEGUENZE, SE ATTUATA, VERAMENTE GRAVI.
MONTELUNGO NON è LA RINASCITA DELL’ESERCITO ITALIANO COME SPESSO SI SENTE DIRE; E’ IL PUNTO TERMINALE, IL PIU’ BASSO RAGGIUNTO, DELL’IMPIEGO IRRAZIONALE E SCRITERIATO DELLA FORZA MILITARE IN FUNZIONE SUBORIDINATA ALLA POLITICA. NEL 1940 ENTRAMMO IN GUERRA CONVINTI CHE LA GUERRA FOSSE TERMINATA, PER SEDERSI AL TAVOLO DELLA PACE. E’ FU UN DISASTRO: 39 MESI DI SCONFITTE UNA DIETRO LA’LTRA, CHE AMMANTIAMO CON ESALTARE IL VALORE E LA ABNEGAZIONE DEL SOLDATO ITALIA (MANCO LA FORTUNA, NON IL VALORE SI LEGGE IN UN MONUMENTO AD EL ALAMEIN: IN REALA’ MACARONO TANTE ALTRE COSE, PRIMA FRA TUTTI IL DISCERNIMENTO ED IL SENSO DELLA CAPACITA’ TATTICA.)
LA PRESENZA DEL PRINCIPE EREDITARIO CHE A MONTELUNGO SI COMPORTO’ COME SE FOSSE ANDATO AD UNO SPETTACOLO CON LA SUA BRAVATA DI SORVOLARE LE LINEE TEDESCHE A BORDO DI UN AEREO D’OSSERVAZIONE D’ARTIGLIERIA NE E’ UN ESEMPIO CHIARO.
QUESTA CONCEZIONE HA, QUINDI, IL SUO EPILOGO A MONTELUNGO NEL DCIEMBRE 1943.
1944. LA RINASCITA: MONTE MARRONE
MESSE DIMOSTRA TUTTA LA SUA CAPACITA’ ED AUTOREVOLEZZA. SOSTIUISCE IL GEN. DAPINO, QUASI UNA VITTIMA SACRIFICALE NELLE MANI DI BADOGLIO E DEI SUOI, CON IL GEN. UMBERTO UTILI, Già SUO CAPO DI STATO MAGGIORE IN RUSSIA. QUINDI INTRAPRENDE UNA AZIONE IN PROFONDITA’ DI SOSTEGNO MORALE NEI CONFRONTI DI TRUPPA E QUADRI. RIESCE ANCHE A FRONTEGGIARE FORME DI RIBELLIONI PALESI, DISERZIONI, TUTTO QUELL’INSIEME DI COMPORTAMENTI CHE SI RIASSUME NEL NOTO APPROCCIO “CHI TO FA FA”.
RIESCE AD ORDINARE E INDIRIZZARE SUI BINARI CORRETTI I REPARTI E NE MIGLIORA, OLTRE ALL’ADDESTRAMENTO, ANCHE GLI ASPETTI MATERIALI, COME IL VITTO, IL VESTIARIO, L’EQUIPAGGIAMENTO.
QUESTO OTTIMO LAVORO CONVINCE IL COMANDO ALLEATO A DESISTERE DAL PROPOSITO DI RITIRARE IL RAGGRUPPAMENTO DALLA LINEA E SCIOGLIERLO. SI PRENDE LA DECISONE CONTRARIA. VIENE MANDATO AD INTEGRARE IL CORPO DI SPEDIZIONE FRANCESE, AL COMANDO DEL GEN.JOUIN, NEL SETTORE DELLE MAINARDE.
SONO GIORNI ANCORA DIFFICILI ED UTILI, DATO L’ATEGGIAMENTO DI JOUIN, PALESEMENTE CONTRARIO AD AVERE ITALIANI FRA I SUOI, MINACCIA PER BEN DUE VOLTE LE DIMISSIONI. OGNI INZIATIVA TATTATICA PROPOSTA DAGLI ITALIANI VIENE BOCCIATA, PALESE EVIDENZA DELLA SFIDUCIA CHE SI NUTRIVA NEI CONFRONTI DELLE TRUPPE ITALIANE.
QUELLO CHE NON RIESCE CON I FRANCESI RIESCE CON I POLACCHI. IL 25 MARZO 1944, IL RAGGUPPAMENTO PASSA ALLE DIPENDENZE DEL CORPO POLACCO AL COMANDO DEL GEN. ANDERS. UITILI PROMONE AI POLACCHI LA CONQUISTA DI MONTE MARRONE, UNO SPERONE DI ROCCIA NON PRESIDIATO D’INVERNO CHE DOMINA TUTTO IL SETTORE DI CASTELUNUOVO E SCAPOLI.
L’AZIONE E’ AFFIDATA AL BATTAGLIONE PIEMONTE, DA POCO GIUNTO DALLA SARDEGA, UNA UNITA’ INTEGRA
L’AZINE SI SVOLGE NELLA NOTTE TRA IL 31 MARZO ED IL 1 APRILE.. SU TRE COLONNE GLI ALPINI IN TRE ORE E MEZZA GIUNGONO IN VETTA, LAMENTANDO SOLO UN FERITO PER UN INCIDENTE. E’ UNA OCCUPAZIONE, CHE NEI GIORNI SUCCESSIVI VIENE SEMPRE PIU’ RAFFORZATA IN PREVISONE DI UN RITORNO TEDESCO. CHE PUNTUALMENTE AVVIENE IL 10 APRILE 1944, CON REITERATI ATTACCHI DI TRUPPE SCELTE DA MONTAGNA.
GLI ALPINI SU MONTE MARRONE RESISTONO E LA POSIZIONE VIENE TENUTA.
E’ QUI, A MONTE MARRONE, CHE RINASCE L’ESERCITO ITALIANO. E QUESTO SI PUO’ AFERMARE PER LE CONSEGUENZE CHE SI EBBERO PER TALE AZIONE.
MONTE MARRONE DIMOSTRA AGLI ALLEATI ED ALLA OPINIONE PUBBLICA CHE GLI ITALIANI SANNO COMPIERE IMPRESE, E SOPRATTUTTO SANNO FARE LA GUERRA IN MONTAGNA, Lì DOVE LORO, AMERICANI IN TESTA, NON LA SANNO FARE.
CON MONTE MARRONE SI RISTABILISCE CON GLI ALLEATI L’EQUILIBRIO DEGLI INTERESSI.: UNO HA BISOGNO DELL’ALTRO: GLI ITALIANI PER DIMOSTRAE LA LORO VOLONTà DI COMBATTERE, GLI STATUINTENSI HANNO TRUPPE CHE POSSONO FARE ED INSEGNACRE LA GUERRA IN MONTAGNA.
CON MONTE MARRONE SI CONQUISTA IL RISPETTO STATUNITENSE E, CONSEGUENTEMENTE, SI APRONO I CORDONI DELLA BORSA. QUESTO HA UN ULTERIORE PARADIGMA: AIUTARE GLI ITALIANI DEL REGIO ESERCITO SIGNIFICA AIUTARE ANCHE GLI ITALIANI CHE COMBATTO I TEDESCHI IN MONTAGNA DIETRO LE LINEE. INIZIA A PIU’ LARGO RAGGIO, IL SOSTEGNO ALLE FORMAZIONI “RIBELLISTICHE” CHE SI ERANO FORMATE AL NORD, ANCHE LORO IN CERCA DI AFFERMAZIONE E CRDIBILITA’ PRESSO GLI ALLEATI.
MONTE MARRONE SIGNIFICA ANCHE L’AMPLIAMENTO DEGLI ORGANICI, UN PROCESSO CHE SI EBBE FINO ALLA FINE DELLA GUERRA. DAI 5000 UOMINI SI PASSO AI 14.000 UOMINI IN POCO TEMPO.
GLI UOMINI NON FURONO TROVATI PIU ALLA SPICCILATA, Lì DOVESI SI INCOTRAVANO, MA SI MISE LE MANI SU REPARTI ORGANICI, OVVERO CADDE IL DIVIETO DI TRASFERIRE TRUPPE ITALIANE DALLA SARDEGNA ALLA PUGLIA. ARRIVARONO COSì, OLTRE AL CITATO BATTAGLIONE PIEMONTE, ANCHE REPARTI DELLA DIVISONE CREMONA E DELLA DIVISIONE FRIULI CHE SIERANO BATTUTE IN CORSICA E SARDEGNA CONTRO I TEDESCHI E REPARTI MINORI TRA CUI IL IX REPARTO D’ASSALTO E UNITA DEL GENIO, TRAMISSIONI E SERVIZI.
IL I RAGGRUPPAMENTO CAMBIO’ DENOMINAZINE: DIVENNE IL CORPO ITALIANO DI LIBERAZIOE (18APRILE 1944)CHE OPERO’ DOPO MONTE MARRONE NELLE MAINARDE, FINO ALLA FINE DI MAGGIO.
CON LA CADUTA DI CASSINO E LA LIBERAZIONE DI ROMA. GLI ITALIANI FURONO ASSEGNATI AL SETTORE ADRIATICO ALLE
DIPENDENZE DEL XIII CORPO D’ARMATA BRITANNICO, NELLA ZONA FRA CHIETI E PESCARA..
IL 17 GIUGNO 1944 IL CORPO ITALIANO DI LIBERAZIONE FU ASSEGNATO AL 2° CORPO POLACCO.
IL CORPO ITALIANO DI LIBERAZIONE SI ORDINO’ SU DUE BRIGATE DI FANTERIA, LA I E LA II LA DIVISIONE NEMBO, L’11° REGGIMENTO DI ARTIGLIERIA REPERTI A LIVELLO BATTAGLIONE DEL GENIO DELLE TRASMISSIONI E DEI SERVIZI. NON AVEVA UNITA’ DI CAVALLERIA O ESPLORANTI, NE TANTOMENO UNITA’ CORAZZATE.L’ORGANICO DEL GIUGNO 1944 ARRIVO’ A COMPRENDERE 25.000 UOMINI ORDINATI SU 15 BATTAGLIONI DI FANTERIA E 10 GRUPPI DI ARTIGLIERIA.
L’AZIONE DEL CORPO POLACCO NEL SETTORE ADRIATICO ERA, NELLA STRATEGIA ALLEATA SUSSIDIARIA. LO SFORZO PRINCIPALE ERA ESERCITATO SULLA DORSALE TIRRENICA, IN QUELLA MIOPE STRATEGIA VOLUTA DA ALEXANDER CHE PORTO, NELL’OTTOBRE DEL 1944 GLI ALLEATI AI PIEDI DEGLI APPENNINI, ALLA VIGILIA DELL’INVERNO, CON LA DIFESA GOTICA GIA’ APPRESTATA E DA ATTACCARE.
I POLACCHI AVEVANO COME OBIETTIVO ANCONA LA CUI CONQUISTA AVREBBE SIGNIFICATO ACCORCIARE LE LINEE LOGISTICHE CHE SI APPOGGIAVANO ANCORA AI PORTI DI BARI, TARANTO E BRINDISI.
LA LORO AVANZATA ERA SU LINEE DI FILA: LA 3 DIVISONE KRESCOWA PROCEDEVA LUNGO LA LITORANEA, MENTRE LA 5 ED I SUPPORTI ERANO DI RINCALZO.
IL CORPO ITALIANO DI LIBERAZIONE DOVEVA SEGUIRE LA VIA PEDEMONTANA INTERNA E DARE PROTEZIONE AL FIANCO SINISTRO DEL CORPO POLACCO. UN COMPITO ONEROSO, PESANTE E POCO RETRIBUTIVO.
I TEDESCHI ADOTTAVANO LA TECNICA DELL’ARRESTO MOMENTANEO, CON ALTERNATE ALCUNE REAZIONI DINAMICHE E RIPIEGAMENTO SU POSIZIONI ARRETRATE GIA’ PREDISPOSTE ED ORGANIZZATE, MOVIMENTO FATTO SOPRATTUTTO DI NOTTE.
IL CORPO ITALIANO DI LIBERAZIONE INSEGUIVA, MA PER VIA ORDINARIA, CIOE’ A PIEDI IN QUANTO LA PENUIRA DI AUTOMEZZI ERA VERAMENTE GRANDE.
ALLA FINE DI GIUGNO I POLACCHI, SUPERATA LA LINEA DEL POTENZA SONO A RIDOSSO DEL FIUME MUSONE. INIZIA LA BATTAGLIA PER ANCONA, CHE SI PROTRARRA’ DAL 1 AL 20 LUGLIO. LA BATTAGLIA DI ANCONA SI SVOLGE IN 5 FASI, DURANTE LE QUALI IL RUOLO DEL C.I.L. CAMBIA TOTALEMNTE: DA UN INIZIALE DISINTERESSE AD UNA RICHIESTA URGENTE DI INTERVENTO MISTA POI A GRANDE CONSIDERAZIONE.
NELLA PRIMA, DAL 1 AL 6 LUGLIO I POLACCHI ATTRAVERSO LA DIRETRICE LORETO-CASTELFIDARDO OSIMO SONO CONVINTI DI GIUNGERE AD ANCONA FACILEMTE A BOTTA DRITTA.
IL C.I.L. NON E’ CONSIDERATO RAN CHE’ E NON VIENE IMPIEGATO. HA LE SUE UNITA’ DILUITE DAL POTENZA ALLA REGIONE DI CHIETI, UNA LINEA PROFONDA OLTRE 250 KM. CON SCARSI MEZZI PER IL MOVIMENTO.
I POLACCHI RESPINTI AD OSIMO TEMONO UN RITORNO OFFENSIVO TEDESCO E SI CONVINCONO CHE ANCONA DEVE ESSERE PRESA CON LA CLASSICA MANOVRA DI CORPO D’ARMATA: UNA DIVISIONE FA IL FISSAGGIO ED IL PIANO D’INGANNO, UNA FA L’AZIONE DI ROTTURA PER AGGIRAMENTO E SFRUTTAMENTO DEL SUCCESSO, LA TERZA GARANTISCE I FIANCHI, OVVERO DA LA SICUREZZA.
IN QUESTO QUADRO IL C.I.L. DIVIENE INDISEPNSABLE. IFATTI LA 5 DIVISIONE POLACCA FA IL FISSAGGIO ED IL PIANO DI INGNNO, LA 3 L’AGGIRAMENTO E LA ROTTURA LUNGO LALINEA CASENUOVE, POLVERIGI, AGUGLIANO, CASTELFERRETTI CONQUISTANDO E SUPERNADO IL MONTE DELLA CRESCIA, PERNO DELLA DIFESA TEDESCA. IL C.I.L. ATTACCA RUSTICO SANTA MARIA NUOVA PROTEGGIENDO IL FIANCO INISTRO.
PER FAR QUESTO OCCORRE OCCUPARE FILOTTRANO, PUNTO NODALE DI TUTTE LE VIE DI FACILITAZIONE PER ANCONA
IL COMPITO VIENE AFFIDATO AL CORPO ITALIANO DI LIBERAZIONE. QUESTI, PORTATO IN LINEA (GLI AUTOCARRI SALTANO FUORI DAL NULLA, MESSI A DISPOSIZIONE DAGLI ALLEATI) IL 6 LUGLIO.
IL PIANO DI ATTACCO A FILOTTRANO E’ CONDOTTO DA PARTE ITALIANA ALL’AMERICANA”: 5 BATTAGLIONI APPOGGIATI DA 10 GRUPPI DI ARTIGLIERIA CONTRO 2 BATTAGLIONI TEDESCHI DI CUI UNO PORTATO IN LINEA LA SERA PRECEDENTE.L’AZIONE SI SVOLGE DALL’8 LUGLIO ED SISTEMATICA: FANTERIE CONTRO FANTERIE. A SERA LA SITUAZIONE E’ IN BILICO, MA UN BATTAGLIONE TEDESCO è STATO DISTRUTTO (SI AVRA’ UN SOLO SUPERSTITE).NELLA NOTTE I TEDESCHI, PER NON ESSERE ANNIENTATI, ABBANDONANO LE POSIZIONI ED IL 9 MATTINA FILOTTRANO E’ OCCUPATA
DOPO MONTE MARRONE FILOTTRANO RAPPRESENTA L’AFFERMAZIONE DELL’ESERCITO ITALIANO COME FORZA COMBATTENTE CREDIBILE.
IL 17 LUGLIO I POLACCHI ATTACCANO ANCONA: IL CORPO ITALIANO DI LIBERAZIONE A QUESTA AZIONE VI APRTECIPA ED IL 20 LUGLIO OCCUPA JESI, COSTRINGENDO LA LINEA TEDESCA AD OLTREPASSARE IL MISA EDAD ARRETRARE.
NELLE SETTIMANE SUCCESSIVE L’AZIONE PROSEGUE IN UN CLIMA DI APERTA FIDUCIA E STIMA. SONO CONQUISTATE LE MARCHE SETTENTRIONALI.
QUI INTERVNIENE LA DECISONE ALLEATA DI RITIRARE IL CORPO ITALIANO DI LIBERAZIONE PER TRASFORMARLO, POTENZIANDOLO, NEI GRUPPI DI COMBATTIMENTO. LA FORZA COMBATTENTE ITALIANA, PASSA DA 25.000 A 60.000 UOMINI, NEGANDO PERO’ LA POSSIBILITA’ DI IMPIEGARLA IN UNA UNITA COMPLESSA UNICA, CIOE’ LA CREAZIONE DI UN CORPO D’ARMATA ITALIANO. SONO CREATE SOLO SEI DIVISIONI, DI CUI UNA ADDESTRATIVA E SEMPRE NEGANDO LE UNITA CORAZZATE PER EVITARE UN IMPIEGO TROPPO REMUNERATIVO PER GLI ITALIANI.
IL RESTO DEL 1944 è SPESO NELLA COSTITUZIONE ED ADDESTRAMENTO DEI GRUPPI DI COMBATTIMENTO, CHE NON SI VUOLE CHIAMARE DIVISIONE, CHE DURERA’ FINO AL GENNAIO 1945, QUANDO I PRIMI GRUPPI ENTRERANNO IN LINEA
IN UN ANNO, PARTENDO DALLA TRAGEDIA ARMISTIZIALE, CON L’ESPERIENZA INFELICE E TRAGICA DI MONTELUNGO, L’ESERCITO ITALIANO, RIVITALIZZATO NEL MORALE E NEI PROCEDIMTENTI D’IMPIEGO GRAZIE ALL’AZIONE DEL GEN. MESSE, ATTRAVERSO LE BELLE VITTORIE DI MONTE MARRONE E FILOTTRANO SI CONQUISTA LA FIDUCIA E LA STIMA ALLEATA, CHE LO PORTA ALLA CREAZIONE DEI GRUPPI DI COMBATTIMENTO, ARCHITETTURA QUESTA CON CUI SI FINIRA’ LA GUERRA E CHE SERVIRA ALLA FORMAZIONE DELL’ESERCITO DELLA REPUBBLICA.
lunedì 22 settembre 2014
Nota Introduttiva ad alcune foto
Personaggi, Protagonisti, Comandanti.
Il passaggio del fronte ha visto alcuni personaggi, vari
protagonisti e tanti Comandanti. Non si possono non citare coloro che avevano,
in campo alleato, la suprema direzione della Guerra, Roosewelt e Churchill, che
risolvevano ogni diatriba politica e strategica, conducendo la guerra secondo
le loro idee e i loro valori. Ai loro ordini vi erano i capi militari, che
operavano a livello strategico-operativo, Eisenhower, Alexander, Clark, Leese.
Poi vi erano i Comandanti, quelli che operavano sul campo, primo fra tutti
Anders e tutti i suoi collaboratori, quei generali polacchi dai nomi
complicati. Gli Italiani avevano alcune figure, le poche positive dopo il
disastro dell’8 settembre. Il Maresciallo Messe, che aveva come collaboratori
generali da un ottimo passato, con il suo pupillo, il gen. Utili, che mise a
capo del Corpo Italiano di Liberazione, dopo averlo avuto come Capo di Stato
Maggiore del CSIR in Russia. Una nota anche per gli esponenti della Resistenza
anconetana, in cui emerge in tutto il suo valore la figura di “Annibale”,
l’ing. Tommasi che fu il capo delle forze resistenziali fino alla sua cattura.
Di seguito le foto dei Comandanti Britannici, Statunitensi, Polacchi e tedeschi
(info: ricerca23@libero.it)
martedì 16 settembre 2014
1944. I Comandanti Germanici. 278 Divisione di Fanteria e 71a Divisione di fanteria
Maresciallo Albert Kesserling, Comandante di tutte le forze tedesche in Italia
Gen di divisione Harry Hoppe, comandante della 278a divisione di fanteria
che difendeva Ancona e lo schieramento litoraneo tedesco
Gen. Wilheim Raapke, Comandante la 71a divisione di fanteria
schierata sulla destra della 278a divisione
1944. I Comandanti polacchi. 2° Corpo d'Armata Polacco
I Italia, inquadrato nell' VIII Armata britannica, vi era il 2 Corpo d'Armata Polacco, forte di 43,000 uomini, ordinato su due divisioni, la 3a Kresova e la 5a Leopoli
Il Corpo d'Armata Polacco inquadra come terza divisione, il Corpo Italiano di Liberazione, al comando del gen. Utili
Gen. Sikorski, Comandante delle forze polacche in esilio,
deceduto in un incidente aereo nel dicembre 1943
ùcome comandate in capo delle forze polacche
Gen. Wladimir Aders, Comandante del II Corpo Polacco
Gen. Bronislaw Duck, Comandante della 3a Divisione Kresowa
del II Corpo D'Armata Polacco
Gen. Nikodem Sulik, Comandante della 5 Divisione Leopoli
del II Corpo d'Armata Polacco
Re Giorgio VI, Re di Gran Bretagna e capo di tutte le forze dell'Impero, si congratula con il gen. Anders, comandante del II Corpo d'Armata Polacco, nell'agosto 1944
Zona di Pesaro
1944. I Comandanti Alleati. XV Gruppo di Armate
Il fronte italiano nel 1944 vedeva schierate due Armate, la V sul versante tirreni, americaba, e la VIII, britannica, sul versante adriatico.
Questi erano i Comandanti
IKe Eisenhower, Comandate alleato in capo fino al 31 Dicembre 1943
Maresciallo Harold Alexander, comandate del XV Gruppo di Armate
Gen. Oliver Leese, Comandate l'VIII Armata
Gen. Clark, Comandante la V Armata USA
Leese, Alexander e Clark, i capi militari in Italia nel 1944
Stadio Dorico di Ancona 31 luglio 1944, i Comandanti Alleati passano in rassegna le truppe polacche che hanno conquistato Ancona
Con la bustina il Comandante in Capo delle forze polacche gen. Sosnkowski.
martedì 9 settembre 2014
Documentazione sul Corpo Italiano di Liberazione. I Comandanti
mercoledì 3 settembre 2014
Buona lettura
Riprende, dopo la pausa estiva, l'inserimento dei post relativi alle ricerche sul Corpo Italiano di Liberazione. A tutti i nostri lettori un augurio di un felice rientro dalle vacanze. MC
martedì 1 luglio 2014
Le carte sopra riprodotte sono tratte dal volume di
Massimo
Coltrinari,
IL CORPO
ITALIANO DI LIBERAZIONE E ANCONA.
Il tempo delle oche verdi e e del lardo rosso.
Il passaggio del fronte: giugno-luglio 1944,
Roma, Università La Sapienza,
Casa Editrice Nuova Cultura,
2014, pag. 350, Euro 25, ISBN 9788868123222
martedì 3 giugno 2014
Corpo Italiano di Liberazione: Il Battaglione Piemomte
La
frontiera della libertà
CON GLI ALPINI
NELLA GUERRA DI LIBERAZIONE (1943-1945)
Giorgio Donati
(Combattente nel Battaglione Piemonte)
(scritto nel 2004)
Sono ormai trascorsi sessanta anni dall’inizio della
guerra di liberazione dell’Italia dopo l’8 settembre del 1943, ma i ricordi restano
tenacemente scolpiti nella memoria e non manca occasione per farli riaffiorare
con prepotenza.
Nel corso di una recente grande adunata di “penne
nere” un robusto montanaro dai capelli brizzolati esce dal compatto sfilamento
e mi abbraccia commosso: ”sur tenent, ero puntatore del terzo pezzo…..”e,
correndo per riguadagnare il suo posto, si volta gridando “Monte Marrone”. Per
lui mi sono deciso a scrivere questi appunti.
>per lui e per quelli che c’erano; per i tenti
che sono tornati ed in memoria di quelli che sono rimasti nei cimiteri di
guerra della Penisola, per ricordare che anche gli alpini e gli artiglieri da
montagna hanno concorso con altre Armi e Specialità dell’Esercito (così come la
Marina e l’Aeronautica) alla liberazione dell’Italia.
E’ noto che nel 1943 gli Alleati, prima scettici
sulle capacità delle truppe italiane di combattere al loro fianco, si
“scongelarono” di fronte all’evidenza dei fatti giungendo infine ad una totale
rivalutazione, ricca di apprezzamenti.
A questa rivalutazione gli alpini diedero valido
contributo, ponendo in luce, come nel passato, le lo ro caratteristiche di
fondo: fora di carattere ed umiltà, umanità e buon senso, semplicità e tenacia.
Le unità alpine impegnate furono tre: inizialmente
il battaglione “Piemonte”, seguito, dopo pochi mesi, dal battaglione “Monte
Granero”, proveniente dalla Corsica; dopo la liberazione dell’Abruzzo, il
battaglione “L’Aquila”. Altri elementi alpini operarono in reparti salmerie,
che svolsero un ruolo tanto importante, quanto oscuro, per il successo delle
operazioni alleate sulla barra appenninica.
NASCE IL “PIEMONTE”
Il battaglione Piemonte si costituì nel Salento,
raccogliendo gli alpini, artiglieri e genieri alpini presenti a Bari in attesa
di raggiungere la Divisione “Taurinense” in Montenegro o provenienti dalla
stessa, alcuni dopo tormentata odissea,
a seguito delle vicende dell’8 settembre. Tutti veterani, anche se di classi
giovani , avevano subito dato prova di dinamismo:l’8 settembre pomeriggio, alla
voce che i genieri germanici avevano iniziato la demolizione delle attrezzature
del porto di Bari, un gruppo di volontari (la maggioranza col cappello alpino)
era intervenuto: una brevissima scaramuccia seguita dal precipitoso
ripiegamento del drappello nemico.
Nei confronti dei nuovi alleati, giunti subito dopo,
nessun complesso di inferiorità; una sera alcuni alpini molestati per la foggia
insolita del copricapo da un gruppo di
marinai inglesi in un locale pubblico, avevano impartito agli imprudenti una severa lezione. Circolata la voce, nessun
altro incidente fu lamentato..
Dopo un
periodo di amalgama, il battaglione “Piemonte” (o meglio il “gruppo
tattico Piemonte”, essendovi inclusa una batteria da 75/13), il 18 marzo 1944
passa alle dipendenze del I Raggruppamento Motorizzato (poi Corpo Italiano di
Liberazione), il 19 marzo entra in linea nell’alta valle del Volturno e dopo
solo undici giorni, il 31 marzo, con l’occupazione di Monte Marrone, si impone
di colpo all’attenzione degli Alleati.
Ma torniamo in Puglia. Il periodo di addestramento
era stato duro e penoso; inutile rammentare il crollo morale del Paese dopo l’8
settembre e la situazione di quegli uomini, sotto le armi da anni, impegnati in snervanti operazioni
antiguerriglia in Balcania, tagliati fuori dalle loro famiglie, rimaste al nord
in territorio occupato, e giustamente preoccupati per la loro sorte.
“Sur tenent, son stufi ad fè la guera” si sentiva
spesso ripetere. Ma un giorno ecco giungere un generale inglese per un
ispezione al battaglione; osserva attentamente una ardita esercitazione a fuoco
e, quindi assiste ad un esercizio di carico e scarico dai muli, trasporto a
spalla e puntamento di una pezzo da 75/13; i pesanti carichi volano come
fuscelli sotto gli sforzi dei serventi, animati dalla determinazione di
“fargliela vedere, cosa sono gli alpini!”. Quando il caporal maggiore capo
pezzo urla, ansimando, “pezzo pronto”, il flemmatico britanno si affretta, di
slancio, verso il soldato italiano per stringergli la mano, commosso.
“Sur tenent, nui partuma nen per’l frunt”; ma quando
la lunga autocolonna che ha caricato il battaglione in Puglia, dopo una notte
di viaggio, giunge nell’alta valle del Volturno, ove già si sente tuonare il
cannone, il Comandante di battaglione, un alpino con la grinta dura ma con il cuore grande, risponde
con un tremito nella voce, quando riceve dai suoi capitani il solito, ma in
quel momento così significativo: “Nessuna novità. Tutti presenti”. Egli ha
ottenuto una prima vittoria: i suoi alpini hanno capito che la loro opera
collettiva, uniti nel battaglione, può essere di grande utilità morale e
materiale per l’Italia martoriata e distrutta; l’innato sentimento del dovere
ed il buon senso hanno avuto il sopravvento sull’avvilimento che domina il
paese.
MONTE MARRONE
Il “Piemonte” occupò di sorpresa Monte Marrone, lo
sistemò a difesa (problema non semplice, data l’asperità delle forme e la fitta
vegetazione), lavorando sodo, notte e giorno, nell’attesa di una reazione
violenta, che non si fece attendere a lungo, tendente a riguadagnare quel
magnifico osservatorio sulla valle del Volturno, che in mano agli alpini,
costituiva una spina nel fianco dello schieramento germanico.
Nell’occupazione di Monte Marrone giocò un ruolo
decisivo la sorpresa, fattore primo del successo in montagna: I reparti erano pronti da giorni; la batteria aveva già
preso posizione sull’aerea cresta
del Monte Castelnuovo (pezzi e munizioni vi erano
stati portati di notte a spalla); i mortai da 81 erano anch’essi in postazione
a ridosso del colossale bastione; le artiglierie del CIL ed alleate erano
pronte ad intervenire.
Il 30 marzo all’imbrunire scatta l’operazione;
all’alba del 31, la 1° compagnia preceduta dagli esploratori, è sulla quota già
in via di consolidamento immediatamente fiancheggiata dalla 2° e poi dalla 3°
compagnia.
Una notte, una interminabile notte durante la quale
400 uomini avevano compiuto un balzo verticale di 800 metri, lungo vie di
salita aspre, con tratti in roccia viva, affondando nella neve sotto carichi
enormi, nel più assoluto silenzio.
Il balcone del Volturno quella notte era sguarnito
anche se erano evidenti le recenti tracce di passaggio e sosta di pattuglie
tedesche. Il nemico non attendeva sorprese da quel selvaggio strapiombo; gli
alpini salirono e si affermarono sulla posizione; alle loro spalle l’abisso
orrido e immenso.
Il nemico tentò due volte di dare loro la spinta
mortale. Una prima volta il 3 aprile con una ricognizione notturna in forze,
respinta con perdite. Una seconda volta la notte di Pasqua, il 10 aprile gli
alpini hanno cantato fino a tardi sommessamente, il pensiero alle famiglie
lontane; l’eco del coro non si è ancora spento che inizia ben altro concerto: poche ma centrate salve
di artiglieria e mortai, seguite immediatamente dal ben noto crepitio di armi
automatiche tedesche; una compagnia rinforzata ha attaccato con decisione;
supera il campo minato, penetra in alcuni camminamenti, raffiche di mitra,
bombe a mano, urla, traccianti e razzi in tutte le direzioni, colpi di
artiglieria e mortai sugli sbarramenti bel al di sotto dei limiti di sicurezza;
afflusso frettoloso di rincalzi e corpo a corpo nelle postazioni; il
combattimento accesosi con violenza si spegne altrettanto rapidamente. Sul
Marrone ci sono ancora gli alpini.
Durante il combattimento ha fatto sentire la sua
voce anche il “pezzo ardito” della
batteria, in prima linea con gli alpini secondo la tradizione dell’artiglieria
alpina.
Un ufficiale distaccato a Monte Marrone con il
“pezzo ardito” parteciperà volontariamente come gregario nel mese di maggio, ad
un colpo di mano dei bersaglieri sull’osservatorio tedesco fdi Monte Mare
dominante le posizioni di Monte Marrone. Non tornerà indietro il tenente Enrico
Guerriera, medaglia d’oro alla memoria caduto eroicamente per proteggere,
benchè ferito, il ripiegamento della pattuglia di fronte ad un preponderante
contrassalto nemico (M.Mare, 11 maggio 1944).
Nel corso delle operazioni sul Monte Marrone, gli
alpini rivelarono le qualità di sempre: senso del dovere e umanità profonda;
verso i nemici caduti tanta pietà; nei confronti dei prigionieri, non sprezzo
ma i generi di conforto della razione; nei riguardi dei feriti, generosità e
fatiche enormi per sgomberarli tempestivamente a valle. L’alpino è fatto così:
sotto una dura scorza batte un cuore più grande delle sue montagne.
L’OFFENSIVA
DI PRIMAVERA
Monte Marrone si trasformò da caposaldo, in base di
partenza del “Piemonte” per l’offensiva di primavera. Costruita un aerea
mulattiera, accantonati sui rovesci della quota poderosi rifornimenti, la molla
compressa è pronta allo scatto che avviene il 27 maggio. Il battaglione deve
raggiungere Balzo della Cicogna, penetrare in Val di Canneto risalendola fino
alla testata per ridiscendere sull'opposto versante ed intercettare la rotabile
Opi-Barrea. Un compito da far tremare: una penetrazione di circa 20km
attraverso il cuore del parco nazionale degli Abruzzi lungo uno stretto fondo
valle percorso da un unico sentiero, con i fianchi coperti di vegetazione
vergine e solcati da forre, calanchi, dirupi ancora innevati: un ambiente
primitivo di selvaggia bellezza.
Il “Piemonte” affronta il non facile compito; muove
per successive occupazioni di punti dominanti vincendo il contrasto di elementi
ritardatori come i tenacissimi “alpenjager”
bavaresi, penetra in profondità ma con prudenza per evitare sorprese.
Il Comandante di battaglione si è ripromesso di riportare
a casa i suoi alpini e non si lascia trascinare da facili entusiasmi: gli
alpini lo hanno capito ed hanno in lui piena fiducia.
E’ proprio questa fiducia che il “capo penna bianca”
Maggiore Briatore non vuole tradire a nessun costo. Gli “alpenjager” ritirandosi lentamente verso la testata della valle
moltiplicano le successive resistenze sfruttando abilmente le posizioni
dominanti, protetti da dosati tiri di sbarramento e d’interdizione.
Si procede faticosamente; uomini e quadrupedi sono provati dalla fatica; si
opera ormai a 20 ore di mulattiera dalle teste di scarico dei trasporti
motorizzati; lo sgombero di un ferito (e ve ne sono numerosi) impegna una
organizzazione imponente. Ma il “Piemonte” continua la sua tenace avanzata.
Quand’ecco giungere un ordine: “operazione sospesa; rientro immediato a
Castelnuovo; tutto il CIL si trasferisce sul fronte adriatico”.
LA MARCIA VERSO IL NORD. IL BATTAGLIONE MONTE
GRANERO
I primi di giugno 1944 gli alpini del “Piemonte”
sempre inquadrati nel CIL, sono sul fronte adriatico: si attende anche in
questo settore la spallata decisiva.
Dopo pochi giorni di combattimento il nemico rompe
il contatto e ripiega verso nord protetto da
mobilissime retroguardie e da tante interruzioni provocate con la
disseminazione di mine. Si parte: S.Eusanio del Sangro, Rapino, Manoppello, un
difficilissimo guado del Pescara in piena, Rosciano e poi Torre di Passeri,
l’Aquila (13 giugno), Amatrice, Amendola, Sarnano, Tolentino. Ovunque le
popolazioni stupite di veder giungere dal sud soldati italiani, e per di più
alpini, li accolgono con entusiasmo; queste manifestazioni danno una forte
carica ai reparti che procedono di giorno e di notte, con i piedi fiaccati ma
con ferma determinazione.
Il 25 giugno altri alpini entrano in combattimento.
Sono i “veci” del battaglione “Monte Granero” che l’8 settembre hanno lavorato
sodo per la liberazione della Corsica; i “papalòtu” (così quelli del “Piemonte”
chiamano questi territoriali di classi anziane, quasi tutti padri di famiglia)
si comporteranno egregiamente combattendo con tenacia e fermezza.
Contemporaneamente si ricostituisce il 3° reggimento
alpini che inquadra i due battaglioni ora alimentati da ex alpini abruzzesi che hanno operato nelle
brigate partigiane della “Maiella”. Le due batterie alpine a loro volta
costituiscono un gruppo di formazione da 75/13.
I germanici avvicinandosi alla gotica accentuano
l’azione di contrasto; le loro retroguardie, poche unità mobilissime,
aggressive, composte di veterani, combattono con impegno: gli alpini ,lo sanno,
stanno sempre sul chi vive, non si faranno mai sorprendere. ”Motorizzati a
piedi” muovendo sui fianchi appenninici proteggono il fianco sinistro prima del
V° Corpo Britannico, successivamente del Corpo d’Armata polacco tenendo il
passo dei corazzati e suscitando incondizionata ammirazione.
Si sfila sotto Filottrano mentre ancora i
paracadutisti del “Nembo” vi combattono vittoriosamente.
Si forza il Musone, si occupano S.Maria Nuova e Jesi
(20 luglio) e avanti ancora: Barbara, Castelleone di Suasa, Casa Honorati, Casa
Girolimini; ogni località un fatto d’arme, una dimostrazione di volontà
combattiva. La fine di agosto vede gli alpini ancora impegnati in scontri a
Pantana, Pergola, Monte Borea: si è in vista di Urbino. Ma qui la “marcia
longa” si arresta.
Dopo aver percorso circa 500 chilometri in tre mesi,
il CIL e con esso gli alpini ritornano verso il sud: hanno fatto il loro
dovere: Per merito del CIL gli Alleati hanno autorizzato e disposto la
costituzione di 5 Gruppi di Combattimento italiani per l’ultima fase della
lotta.
A Piedimonte d’Alife vengono riequipaggiati ed
addestrati con armamento alleato. Una nota patetica: si salutano i fedelissimi
muli (qualche conducente non sa frenare una lacrima), si lascia il 75/13; agli
artiglieri alpini viene offerto di entrare nei gruppi di campagna, ma cosa
faranno le “panse longhe” senza i loro “pais”?. Non uno si fa avanti e le
batterie si trasformano in compagnie armi di accompagnamento dei battaglioni
alpini “Piemonte e Aquila”.
Combattere insieme per arrivare insieme a casa!
GLI ALPINI DEL GRUPPO DI COMBATTIMENTO LEGNANO
Addestrati all’ombra del Matese, dopo due brevi
soste a Bracciano e nel Chianti, gli alpini con uniformi, armi e munizioni
inglesi, ma con cuore , cappello e penna italiani, rientrano in linea il 18
marzo 1945 sul fronte di Bologna in Valle Idice.
Sono inquadrati nel gruppo di combattimento
“Legnano” ed in particolare in un reggimento speciale costituito da due
battaglioni alpini: il “Piemonte” e “L’Aquila”; un battaglione bersaglieri, il
“Goito”; una compagnia mortai da 76, ed una compagnia cannoni. Una sana emulazione ed un razionale
impiego renderà eccezionale il rendimento del reggimento. Il battaglione
“L’Aquila” e la compagnia mortai sono stati costituiti con alpini del “Monte
Granero” e con richiamati e volontari reclutati in Abruzzo.
Subito in prima linea, gli alpini sono duramente
impegnati da un nemico che, se è in atteggiamento strategico difensivo, sta
operando in campo tattico con concetti altamente dinamici: il logorante
pattugliamento offensivo dei tedeschi viene tenacemente contrastato dagli
alpini, e col trascorrere dei giorni perde mordente sino a lasciare alle “penne
nere” la piena iniziativa in terra di nessuno.
Nel corso di una di queste ricognizioni cade il
comandante del battaglione “l’Aquila”, maggiore Augusto De Cobelli, MOVM alla memoria. Scriverà il generale
Utili, comandante del “Legnano”: “lo ringrazio di avere col suo proprio sangue
suggellato il tradizionale posto d’onore dell’Ufficiale Italiano”. Si giunge
all’offensiva primaverile del 1945 e nel quadro complessivo dell’azione il
reggimento speciale riceve il compito di conquistare la famigerata “quota 363”,
una sommità dominante le valli Idice e Zena trasformata dai germanici in
temibile fortilizio, cerniera tra la 14° e la 10° Armata tedesca.
Per la conquista di
quota 363 viene designato il battaglione bersaglieri “Goito”, ma il 19
aprile il gioco di imprevisti che sempre domina la battaglia affida
all’improvviso il difficile compito agli alpini del “Piemonte” che da un mese
fronteggiano le dominanti posizioni della 363 subendone le nutrite raffiche di
armi automatiche.
La 2° compagnia del “Piemonte” parte, attacca, penetra,
si ferma in una tempesta di fuoco. Tutti gli animi sono sospesi: che sta
succedendo?
D’un tratto il comandante chiede altri 10 minuti di
fuoco celere e poi l’immediato allungamento del tiro. Dopo altrettanti minuti
che sembrano anni, giunge una laconica notizia: caposaldo conquistato!
L’azione sulla 363 è stata un esempio da manuale di
tempestività e sincronismo. Mentre le schegge delle ultime salve ancora stavano
ronzando nell’aria, gli alpini
irrompevano a bombe a mano nella posizione sorprendendo la massa dei difensori
nei ricoveri con brevi ma violenti corpo a corpo condotti con veemenza tale da
indurre il nemico pur deciso, alla resa;
una fulminea penetrazione in profondità nella posizione che stroncava
sul nascere un tentativo di contrassalto. Catturati 70 prigionieri con il
comandante del caposaldo. Aperta la via verso la pianura.
Nel frattempo “l’Aquila” si insinua coraggiosamente
nella valle Idice verso le munite posizioni di S.Chierico e Monte Armato
ottenendo nuovi successi non senza dolorose perdite.
Ormai il fronte tedesco in Italia sta crollando
sotto i colpi degli Alleati. Il 20 aprile il nemico rompe il contatto ed ha
inizio l’inseguimento verso le
frontiere. Il 21 aprile preceduti dai bersaglieri del “Goito” eredi delle
tradizioni degli eroici ragazzi di Monte Lungo, gli alpini del reggimento
speciale entrano in una indimenticabile e delirante Bologna.
Nei giorni successivi distaccamenti alpini dilagano
con altre unità italiane e alleate, nella Pianura Padana e verso i confini:
Milano, Bergamo, Pavia, Como, Torino, Valtellina ed un audacissima puntata su
Bolzano, dalla Val Camonica, di una compagnia del battaglione “L’Aquila”.
La guerra in Italia è finita!
CONCLUSIONE
2 maggio 1945: le “cingolette” degli alpini del
“Piemonte” si arrestano in Piazza Castello a Torino appena liberata
dall’incubo. Volti stupiti, occhi lucidi: chi siete? Da dove venite? Ciao
“pais”!
Alpini della Guerra di Liberazione siete tornati a
casa dopo anni di sacrifici. Avete dovuto stringere i denti, avete rischiato
duramente ma sentite l’intima fierezza di aver fatto il vostro dovere e di aver
tenuto alto, di fronte agli occhi del mondo, il prestigio della “penna”.
Tornate alle vostre case a testa alta, riabbracciate
madri e spose trepidanti e dite ai vostri “veci” che vi raccontavano della loro
grande guerra sui ghiacciai e sulle crode dell’Adamello e dell’Ortigara, che
possono essere ben fieri dei loro “bocia”.
Ricordatevi di raccontare ai vostri figli ciò che
avete fatto per l’Italia in momenti di avvilimento e di miseria. Leggete loro le motivazioni
delle decorazioni al Valore Militare concesse alle bandiere dei vostri
reggimenti, per la Guerra di Liberazione (medaglia d’argento ai battaglioni
“Piemonte” e “L’Aquila”, medaglia di bronzo al battaglione “Monte Granero”) .
Dite loro che il sangue degli alpini caduti ed i vostri sacrifici hanno dato un
sostanzioso contributo alla liberazione della patria dal nazifascismo. Saranno
parole salutari per voi, per loro, per tutti affinchè ciò che voi avete
sopportato non avvenga più. E rivolgiamo un solidale abbraccio ai tanti alpini
che diedero il loro generoso contributo alla liberazione dell’Italia operando
in territorio occupato dai nazifascisti nelle formazioni partigiane durante il
periodo della resistenza, sulle montagne e nelle città, sia in Italia, sia nei
Balcani. E lo stesso abbraccio vada agli alpini che rinchiusi nei lager nazisti
respinsero l’offerta di libertà per non collaborare con la Repubblica di Salò.
Come i loro padri del Montenero, dell’Adamello e dell’Ortigara,
anche gli alpini della generazione della seconda guerra mondiale nelle più
diverse e difficili circostanze, hanno saputo fare le loro scelte ed il loro
dovere sulla frontiera della libertà e
della democrazia.
CENNO BIBLIOGRAFICO
SME – Ufficio Storico: Il corpo Italiano di Liberazione, Roma 1950
CASTREN: Penna Temprata, Ed. Amodio, Napoli 1944
A.MURERO: Il gruppo di Combattimento Legnano, Ed. Arti Grafiche,
Bergamo 1946
sabato 31 maggio 2014
Filottrano: War Memorial. 1944
FILOTTRANO VICOLO BELTRAMI CENTRO STORICO
ORARIO DI APERTURA
SABATO 10,00 -12,30
FUORI ORARIO SU PRENOTAZIONE
CONTATTI
071 72278411 UFFICIO CULTURA
071 7220800 BIBLIOTECA COMUNALE
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